In questi giorni girava uno screenshot del sito di Lucca Comics and Games che vedeva tra gli sponsor il patrocinio dell’ambasciata di Israele in Italia. Un patrocinio non oneroso, cioè senza soldi, dovuta alla presenza degli israeliani Asaf e Tomer Hanuka come autori del manifesto di quest’anno. Cosa sta succedendo nella striscia di Gaza lo sappiamo e quando uscirà questo pezzo molto probabilmente la situazione sarà peggiorata.

Con un post e a pochi giorni dall’inizio del festival, Zerocalcare ha annunciato che quel patrocinio è per lui “un problema” e ha quindi deciso di non esserci. Il messaggio è ovviamente molto più lungo e articolato e riesce a tenere insieme politica, emozioni e lavoro (di chi fa fumetti).

Dopo poche ore la risposta dell’organizzazione, che non poteva che essere un tentativo maldestro di tenere insieme una risposta, una presa di posizione, una difesa.

C’è stato troppo lavoro, ci sono in ballo troppi investimenti per poter tornare sui propri passi, con una dichiarazione più netta che avrebbe conseguenze sul lungo termine sicuramente difficili da gestire, in un contesto culturale mainstream (cioè dove ci sono grandi numeri, soldi, copie, ingressi) che si è visto chiaramente non molto favorevole a sostenere la Palestina.

Posso immaginare che quanto riportato dagli organizzatori non sia del tutto falso ma suona terribilmente falso o quantomeno inautentico e forse addirittura inappropriato in questo momento. Posso provare imbarazzo per questa risposta (non avrebbe senso non parlare in prima persona) ma percepisco anche il panico che serpeggia dietro ogni parola.

ll comunicato parla di valori che guidano da sempre la manifestazione: “rispetto, comunità, inclusione e partecipazione”, di rispetto di scelte personali e delle opinioni di tutti, e puntualizza che il patrocinio in questione non è oneroso.

È l’ultimo paragrafo però ad essere letteralmente una pietra tombale, non solo sul fumetto come strumento per raccontare la realtà ma anche sulle responsabilità dell'industria culturale riguardo le storie che il fumetto stesso racconta o che potrebbe raccontare.

Non che tutto l’intrattenimento dei comics e dei games debba essere per forza impegnato, sociale, politico ma se il confine tra geopolitica e cosplayer viene meno potrebbe essere una buona occasione non tanto per riflettere, enunciare, dire cose ma per agire (da parte mia il compenso per questo articolo sarà devoluto, per quanto infinitesimale, agli aiuti che prima o poi si spera arriveranno a Gaza).

Non sempre l’immediatezza e i commenti a caldo sono funzionali (come questo stesso commento, per cui se posso aver commesso qualche errore, almeno il precipitato economico rimane inalterato).

Magari è solo una pezza verbale e il mio un accanimento di interpretazione formale ma qui si legge proprio tutta l’incapacità di immaginare una posizione diversa dal proteggere le proprie terga, strumentalizzando addirittura il covid (comunque meglio di Godzilla) e deresponsabilizzando prima di tutto chi ha pagato il biglietto per questa manifestazione. Perché invece si parla di atto di poca responsabilità verso “tutti i partecipanti” nel caso si fosse voluto rinunciare a un patrocinio che non prevede peraltro un finanziamento?

Senza voler fare di Zerocalcare un eroe della radicalità (e nemmeno ci tiene) rimane quello che ha fatto abbia un valore di sottrazione importante. Chiaro che adesso ha le spalle abbastanza larghe per poter affrontare un posizionamento critico verso Israele, che forse un esordiente non potrebbe reggere nei rapporti con la propria casa editrice e con il mercato, ma è proprio grazie all’enorme successo che ha a mettere in evidenza la possibilità di un posizionamento critico.

C’è chi esulta, c’è chi rimarrà deluso, c’è chi sarà totalmente indifferente, chi pretende che una posizione di condanna super partes possa essere sensata. Intanto è partita una petizione per rendere chiaro il posizionamento di “autorə, lavoratorə culturali, critichə, volontariə, coinvoltə nella convention lucchese” e chissà cos’altro succederà ancora.

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