Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per circa una settimana questa nuova serie sarà dedicata al Festival di Trame 2025


In un momento storico così complesso e difficile come quello che stiamo vivendo, con la crisi della rappresentanza, l’aumento delle disuguaglianze e il prevalere di spinte antidemocratiche a ogni latitudine del pianeta, gli spazi politici di prossimità assumono un ruolo fondamentale perché rappresentano forse ormai gli unici baluardi di democrazia e di partecipazione. Cosa fare allora? Da dove partire? Dal linguaggio, con cui ridefinire il mondo. Dalle parole, con cui riassegnare il nome giusto alle cose.

Nasce con questo obiettivo il libro L’antimafia parola per parola. Conoscere per resistere, un dizionario ragionato, volutamente ed espressamente militante, per comprendere le mafie contemporanee. Scritto a più mani dal sindacato dei pensionati della Cgil, dalla Rete degli studenti medi e dall’Unione degli universitari, il dizionario è un testo realmente intergenerazionale realizzato da generazioni diverse e pensato soprattutto per essere letto da tante ragazze e ragazzi del nostro paese che hanno sete di conoscere e voglia di lottare.

Con un progetto grafico ritmato e vivace a cura di FF3300 – una delle più vivaci e interessanti realtà in Italia che si occupa di grafica e comunicazione politica – e con le illustrazioni incisive ed evocative di una giovanissima Miriam Balli, studentessa all’Università di Trento, il dizionario è stato pensato come strumento a disposizione di tutti, per raccontare in maniera semplice e divulgativa le mafie in tutte le loro sfaccettature e con tutti i loro addentellati sul piano sociale, culturale, politico.

Tra le pagine – tra cui si sviluppano interventi esterni come quello di Luisa Impastato, Maurizio Landini, Daniele Piervincenzi – si concretizza così un dialogo tra generazioni fondato sulla cultura del rispetto e dell’inclusione e non su pericolose logiche punitive che “maltrattano” i giovani del nostro paese e non riconoscono loro il giusto valore né, tanto meno, garantiscono loro un futuro dignitoso.

Quando i volontari del sindacato dei pensionati della Cgil parteciparono per la prima volta alle esperienze dei campi antimafia di Libera e Arci ormai più di quindici anni fa, ci si chiese se una convivenza tra generazioni così diverse, tra anziani e giovanissimi, potesse davvero funzionare. Quell’alchimia, a partire dal 2011, si è ripetuta anno dopo anno, dando vita a un ponte tra generazioni che si rinnova ogni estate e che caratterizza ormai da anni l’azione politica dello Spi Cgil su molti fronti: quello della legalità come giustizia sociale, in primis, ma anche quello del pieno sostegno all’azione delle associazioni studentesche come Rete e Udu su temi cruciali come quello del diritto allo studio o della salute mentale.

Uniti, dunque, in nome di battaglie comuni. Generazioni diverse che si mettono in ascolto l’una dell’altra dialogando in una fase storica in tutti in molti invece sono coloro che vorrebbero farci credere che siamo nel pieno di un conflitto senza esclusione di colpi.

L’obiettivo del dizionario è quindi è proprio quello di fare cultura antimafia in maniera trasversale, con l’ambizione di parlare alle giovani generazioni e a chi – come gli iscritti e gli attivisti dello Spi Cgil – ha contribuito in maniera significativa, anche in prima persona, a conquistare importanti diritti civili e sociali nel nostro paese. L’auspicio è che, dopo aver capito e compreso, tutti possano fare la sola cosa davvero importante e fondamentale per questa nostra epoca così complessa: agire. E dalla parola passare ai fatti.

Erano gli anni Novanta quando per la prima volta in Italia nasceva un movimento antimafia dal basso come reazione alle efferate stragi di Capaci e via D’Amelio. Sorgeva soprattutto tra tanti giovani che per la prima volta capivano quanto la lotta alle mafie dovesse necessariamente passare anche per una presa di coscienza collettiva e per una mobilitazione sociale in grado di reagire agli eventi che avevano sconquassato di fatto l’anima del nostro paese. Sono passati decenni da quella dura e difficile stagione. Ma oggi, come allora, la richiesta che viene avanzata alla politica e alla società arriva di nuovo dal basso. Arriva da tante ragazze e ragazzi che frequentano le scuole superiori e le università, da tante giovani lavoratrici e tanti giovani lavoratori, dalle associazioni del terzo settore che si battono quotidianamente per la legalità come giustizia sociale. Arriva dalle cooperative che operano sui beni confiscati alle mafie, dal sindacato, dalla Cgil in particolare, che si è battuta contro le mafie sin dalle proprie origini, pagando anche con la vita di tanti sindacalisti uccisi. Arriva da quelle forze sociali che si adoperano per un nuovo modello di società, equo, sostenibile, democratico, e che si battono quotidianamente perché vengano rispettati i princìpi del nostro dettato costituzionale.

In questa stagione di neoliberismo sfrenato, di capitalismo senza limiti, quando la democrazia vacilla sotto i colpi delle tecno-destre, è più importante che mai superare gli steccati tra chi quei valori fondamentali li condivide. E, in nome di quei valori, insieme, continuare a scegliere da che parte stare.

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