Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per circa una settimana questa nuova serie sarà dedicata al Festival di Trame 2025


All’ingresso del cimitero di Vallerano, piccolo comune in provincia di Viterbo, si legge: «La disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile». Una citazione appartenente allo scrittore calabrese Corrado Alvaro, morto a giugno del 1956 e la cui tomba si trova proprio in quel cimitero.

All’interno del suo Ultimo Diario (1948-1956), pubblicato postumo nel 1959, Alvaro descrive la vita onesta come inutile. Rettitudine e disperazione sono infatti le parole chiave di una condizione che lo Stato italiano si ritrovava a vivere tra la Prima guerra mondiale, l’ascesa e la caduta del fascismo. Eppure, lo è ancora oggi.

Se il vincitore del premio Strega del 1951 affermava come la società fosse preda, quasi ostaggio, della disonestà e come il sentirsi inermi portasse alla rassegnazione, allora quali possibilità ha quella stessa società di potersi sentire veramente libera, anche nel 2025? Alvaro nacque 130 anni fa a San Luca (Rc) e visse l’alternanza di pensiero, la rotta impervia, violenta e sommessa dell’Italia che si trascinava a passi lenti. Verso un futuro che tutto aveva, fuorché certo e sicuro. Non è stato lui al sicuro. Lui che, 100 anni fa nel maggio 1925, firmò il Manifesto degli intellettuali non fascisti, chiamato anche Antimanifesto, di Benedetto Croce.

Tutto quello che l’autore e giornalista mostrava, in romanzi e articoli, era la mancanza prepotente della libertà. La libertà di vivere in una società senza paura di agire, di essere, di diventare onesti. Un’onestà che Alvaro riconduce alla disperazione. Si è onesti sì, ma disperati. Si è disperati perché rassegnati, schiacciati dall’illegalità. Ciò che nella nostra epoca ricomincia a sentirsi forte e chiara.

Con in mano quelle taglienti parole di Corrado Alvaro, il Festival dei libri sulle mafie Trame, che si tiene a Lamezia Terme dal 17 al 22 giugno e giunto alla sua 14esima edizione, porta sul palco e tra la gente la tematica “Liberi Liberi” caratterizzata dal tributo alla memoria di due figure simbolo dell’antimafia: Giancarlo Siani, giovane giornalista ucciso dalla camorra 40 anni fa, e Francesco Ferlaino, primo magistrato assassinato dalla ’ndrangheta in Calabria 50 anni fa.

La nuova edizione di Trame verte su quei concetti di memoria e libertà, di onestà e società che dovrebbero camminare insieme senza mai separarsi. E, proprio in memoria anche di Alvaro, tentare di rendere giustizia alle parole e ai gesti di chi non ha mai smesso di lottare. Lottare per una società, come quella italiana, che deve ancora avere un forte bisogno di credere nella rettitudine e non nella sua inutilità.

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