L’approfondimento della conseguenze dell’esplosione è affrontato per la prima volta nel corso dell’istruzione formale condotta dal giudice Chinnici il 19 ed il 21 dicembre 1978 in occasione degli esami testimoniali del maresciallo Alfonso Travali, comandante della stazione di Cinisi, e del brigadiere Antonio Sardo, artificiere del reparto operativo dei carabinieri del gruppo di Palermo
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per un mese pubblichiamo ampi stralci della “Relazione sul Caso Impastato”, elaborata dal Comitato della Commissione Parlamentare Antimafia della XIII° Legislatura, sull’uccisione di Peppino Impastato
La descrizione dell’auto «parcheggiata».
Il verbale dato atto che «a ridosso di detto tratto della strada ferrata» a «circa 5 metri dalla interruzione sopra descritta nei pressi di un cespuglio di agave viene rinvenuta una chiave di tipo Yale [...] unita ai reperti precedenti ...», prosegue evidenziando che «nello spiazzale antistante una casa rurale abbandonata ... si rinviene parcheggiata un’autovettura targata PA 142453 Fiat 850, color bianco, non chiusa a chiave con deflettore aperto lato sinistro e vetro leggermente abbassato... Dal cofano fuoriesce un filo della lunghezza di circa un metro ... tipo telefonico. Nel lunotto posteriore si trova un rotolo di detto filo. Per precauzione l’interno dell’autovettura non viene ispezionato in attesa dell’arrivo degli artificieri tempestivamente avvertiti».
Alle ore 12,15 nella stazione dei carabinieri di Cinisi, il pretore Trizzino, assistito dal cancelliere della pretura di Carini, redige un processo verbale di descrizione e ricognizione dei «brandelli degli indumenti indossati dalla vittima a momento dell’esplosione».
Alle 13,50 «su delega dl P.M. di Palermo, stante l’assoluta urgenza, il Pretore dispone procedersi all’autopsia sui resti del cadavere rinvenuto in contrada Feudo di Cinisi» ed identificato da Impastato Giuseppe e da Impastato Simone.
Viene richiesto in qualità di perito il dr. Antonino Caruso dell’Istituto di Medicina legale dell’Università di Palermo, cui vengono posti i rituali quesiti in ordine alla causa della morte e ai mezzi che l’avevano prodotta.
Nel corso dell’esame autoptico il perito preleva frammenti di encefalo, di intestino e di cute affumicata per poter espletare i necessari esami chimico tossicologici e di ricerca delle polveri da sparo. Per questi accertamenti gli viene associato il dr. Paolo Procaccianti dell’Istituto di medicina legale dell’Università di Palermo.
Le caratteristiche del «cratere» e le tracce dell’esplosione
Non si apprezzano negli atti della polizia giudiziaria molti particolari sulle caratteristiche del «cratere» formatosi nel punto dello scoppio.
Il maresciallo Travali così sinteticamente lo descrive: «Al km. 30+180 della ... linea ferrata si nota la mancanza di circa 30-40 cm. di rotaia, lato sinistro rispetto alla direzione Palermo–Cinisi nonché un fosso sottostante da cui manca la traversa di legno». Delle tracce dello scoppio e delle misure del cratere non vi è alcuna menzione nei verbali redatti dai carabinieri, che si limitano a menzionare il reperimento di tre pezzi di binario. E ciò malgrado la palese importanza di questo elemento per la individuazione delle caratteristiche dell’esplosivo e delle modalità della sua collocazione.
Fa eccezione il rapporto giudiziario del Reparto operativo dei carabinieri di Palermo, datato 10 maggio, in cui, alla prima pagina, testualmente si legge che «in sede di sopralluogo si constatava che: la rotaia del binario (unico) lato monte per un tratto di circa 40 centimetri era tranciato e divelto e sotto di essa si sera formata una grossa buca con spostamento delle traverse ...».
L’approfondimento della conseguenze dell’esplosione è affrontato per la prima volta nel corso dell’istruzione formale condotta dal giudice Chinnici il 19 ed il 21 dicembre 1978 in occasione degli esami testimoniali del maresciallo Alfonso Travali, comandante della stazione di Cinisi, e del brigadiere Antonio Sardo, artificiere del reparto operativo dei carabinieri del gruppo di Palermo.
Ne parla per primo al giudice istruttore il maresciallo Travali, che ricorda la circostanza: «sul punto indicato dal ferroviere notai che effettivamente sul binario di sinistra, in direzione di Cinisi, e, quindi, di Trapani, per un tratto di circa 30-40 centimetri mancava la rotaia. In corrispondenza del punto in cui mancava la rotaia c’era un piccolo buco, del diametro di 30–40 centimetri, profondo circa 10–15 centimetri».
Il 20 dicembre 1978 il brigadiere dei Carabinieri Carmelo Canale, allora in servizio a Partinico, esaminato dal giudice istruttore Chinnici circa le tracce lasciate dall’esplosione, parla di un cratere del diametro di circa mezzo metro e della profondità di 30-40 centimetri.
Infine il brigadiere dei carabinieri del reparto operativo del gruppo di Palermo Antonio Sardo, esaminato il 21 dicembre del 1978 da Rocco Chinnici, precisa che essendo sopraggiunto sul luogo dell’esplosione solo alle ore 10 del mattino, trovò la linea ferrata «ripristinata perfettamente». Sardo ricorda invece che «fu il comandante della stazione, assieme ad altri, che ci descrissero come fu trovato il tratto di strada ferrata»... in particolare ci dissero che al momento del loro arrivo mancava uno spezzone di binario di circa 70 centimetri e nel punto in cui mancava il binario c’era una buca [...] Non ricordo se mi fu precisata la dimensione di detta buca».
Il teste Antonio Sardo dichiara che sostanzialmente si limitò «solo ad esaminare gli spezzoni del binario che [gli] furono mostrati e ad aprire il cofano della vettura Fiat 850». Questa precisazione comporta una «rilettura» della relazione di servizio redatta da lui alle ore dieci del giorno 9 maggio, in cui si legge: «si suppone che la carica esplosiva fosse composta da esplosivo ad elevato potere dirompente, verosimilmente esplosivo da mina comunemente impiegato nelle cave di pietra e per sbancamento di terreno quantitativamente rappresentato da Kg. 4–6 circa».
Di tenore sostanzialmente analogo la relazione di servizio del sergente maggiore Longhitano dell’11 direzione di artiglieria. Il militare, «richiesto di intervenire da parte del comando di gruppo carabinieri di Palermo», a sua volta, dopo aver precisato che al momento del suo arrivo il tratto di strada ferrata era stato ripristinato, «stante quanto riferito dai carabinieri», quindi de relato «presume che l’esplosivo fosse ad elevato potere dirompente, verosimilmente esplosivo da mina comunemente impiegato nelle cave di pietra e per sbancamento terreni». «La carica esplosiva, considerati gli effetti dirompenti, poteva essere di kg. 4-6 circa». La relazione del brigadiere Sardo risulta redatta in Palermo, presso il Reparto operativo dei Carabinieri, in data 9.5.1978, cioè lo stesso giorno del sopralluogo.
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