Nino Rotolo non ha mai dichiarato redditi. I figli, la moglie, i genitori di Rotolo non dichiarano redditi. All’anagrafe tributaria, la Squadra Mobile di Palermo non trova alcuna traccia di attività imprenditoriale riconducibile a quel nucleo familiare. Ma, intercettato, Rotolo parla di milioni di euro conferiti all’imprenditore edile Francesco Pecora; sottolinea «Attenzione, no soldi suoi, soldi miei»
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per una ventina di giorni pubblichiamo ampi stralci della sentenza in rito abbreviato dell’inchiesta Gotha del 2006, quando a Palermo finiscono in carcere vecchi boss e nuove leve due mesi dopo l’arresto di Provenzano Bernardo.
Il capo del mandamento di Pagliarelli dispone di ingenti somme di denaro, frutto della ultraventennale attività illecita, di cui l’estorsione rappresenta solo una delle sue manifestazioni. Eppure Nino Rotolo non ha mai dichiarato redditi. I figli, la moglie, i genitori di Rotolo non dichiarano redditi. All’anagrafe tributaria, la Squadra Mobile di Palermo non trova alcuna traccia di attività imprenditoriale riconducibile a quel nucleo familiare.
Dai dialoghi nel box in lamiera, captati dalla polizia, si capisce che gli interessi mafiosi non si limitano al commercio dei gioielli.
Emergono contatti quotidiani con imprenditori che realizzano lauti guadagni nell’edilizia pubblica e privata. In realtà sono solo “uomini di fiducia”, “prestanome”.
Conversando con Rosario Inzerillo, Rotolo parla di milioni di euro conferiti all’imprenditore edile Francesco Pecora, che amministra la Edilizia Pecora s.n.c. nonché la Francesco Pecora Costruzioni s.n.c.. È esplicito quando, riferendosi ai mezzi finanziari alla base della attività del Pecora, sottolinea “attenzione, no soldi suoi, soldi miei”.
E una confidenza simile Rotolo la fa anche ad un altro imprenditore legato a Cosa Nostra, ossia Carmelo Cancemi. A lui, ricordando le iniziative di Francesco Pecora, dice: “oltre a fargli prendere tutti i lavori gli ho dato pure un miliardo in mano…però un miliardo in mano quando un miliardo erano dieci miliardi di ora”.
L’Edilizia Pecora s.n.c. risulterà essere proprietaria di appartamenti, villette, fabbricati, terreni, capannoni, palazzi per un valore nell’ordine di alcune decine di milioni di euro. Sono tutti beni riconducibili alla sfera patrimoniale di Nino Rotolo.
Altre intercettazioni dimostrano come il boss abbia investito anche nella Immobiliare M.P. s.r.l. e nella Immobiliare CI.PEL. s.r.l., piazzando come “prestanome” Giuseppe Perrone, Salvatore
Fiumefreddo, un ragioniere, e Vincenzo Marchese, un sottoufficiale in quiescenza dei vigili del fuoco. Rotolo nutriva talmente grande ammirazione nel Marchese al punto da affidargli la somma di 500.000,00 euro da investire in borsa per suo conto.
Dai dialoghi si ricava, pure, che lo stesso Rotolo impartisce precise direttive al ragioniere Fiumefreddo per la vendita di immobili, tra cui una area di quarantaquattromila metri quadrati.
In termini molto espliciti, Rotolo rivela al Cancemi anche la comunanza di interessi esistente con i fratelli Parisi, Angelo Rosario e Pietro. Precisa di aver verificato che “la costruzione non è cosa loro” e che, quando saranno ultimati i lavori che ancora ha “in piedi con loro”, riserverà agli stessi “il lavoro a cottimo, a misura”.
Ma nel ramo dell’edilizia Rotolo non si limita a gestire in proprio imprese mafiose, ancorché con l’ausilio di fedeli prestanome. Grazie alla forza intimidatoria di Cosa Nostra, il boss decide anche le sorti di altre aziende palermitane operanti nel settore, attraverso forme di “consenso preventivo” rispetto all’esecuzione di determinati lavori.
In altri termini, aiuta l’espansione di imprese satellite la cui titolarità è nelle mani di “uomini d’onore” di assoluta affidabilità. Carmelo e Giovanni Cancemi sono tra questi. Oltre alla gestione dell’attività imprenditoriale, costoro si adoperano per consentire a Rotolo di comunicare con altri mafiosi latitanti, tra i quali Bernardo Provenzano, e mettendo a disposizione immobili di loro pertinenza per l’occultamento e la corretta conservazione delle armi della cosca o per riunioni tra affiliati.
I Cancemi, per tutto questo, vengono lautamente compensati. Sono talmente privilegiati nell’esercizio dell’impresa che Francesco Bonura si sente in dovere di mettere in guardia proprio Rotolo per l’eccessiva esposizione dei due imprenditori, avvantaggiati troppo frequentemente nella assegnazione dei lavori edili controllati da Cosa Nostra: “dovunque c’è Cancemi, dovunque c’è Cancemi, dico, state attenti perché lo bruciate secondo me”.
In realtà si tratta di imprenditori dipendenti. Ossia di soggetti che intrattengono con il capo di Pagliarelli un rapporto stabile e continuativo che coinvolge interamente la loro attività e spesso la loro stessa persona, secondo modalità ricorrenti, per lo più indefinite nel tempo e nei contenuti.
Dunque, Antonino Rotolo, conosciuto come uomo d’“ordine”, narcotrafficante e killer, da tempo è un uomo d’affari. Come Franco Bonura, Giovanni e Carmelo Cancemi, Angelo Rosario Parisi, assume funzioni di intrapresa economica e di conduzione di aziende impegnate nell’edilizia pubblica e privata. Ma controlla anche le imprese di altri operatori economici. Sono tutti associati mafiosi e sono tutti imprenditori che usano la forza intimidatoria e le risorse di Cosa Nostra per espandere la loro attività.
L’essere inserito tra gli imprenditori che operano nei mercati legali non fa diventare il mafioso meno criminale e meno efferato sul piano della violenza fisica. Rotolo continua a svolgere la sua tradizionale funzione di “imprenditore” della protezione privata violenta e a condurre direttamente tutti gli altri traffici illeciti, tra cui quello degli stupefacenti.
A questi impegni più tradizionali aggiunge e sovrappone l’esercizio di una attività economica lecita sul piano produttivo, con la creazione di propri strumenti.
La funzione di queste imprese è, nel contempo, produttiva e finalizzata al riciclaggio dei profitti illeciti. L’impresa mafiosa ha un forte potere di mercato che deriva dal poter contare su vantaggi competitivi, tra i quali figura anche la notevole disponibilità di risorse finanziarie.
Al di là di tale profilo, Rotolo, Bonura e Cinà esercitano un forte potere economico locale, figurando tra i maggiori datori di lavoro nelle aree su cui operano. La capacità occupazionale si manifesta o in maniera diretta con l’assunzione di personale nelle proprie aziende o indirettamente tramite imprese satellite o imprese sottoposte ad estorsione, come visto per il Gruppo Migliore.
A ciò si aggiunga l’altrettanto forte potere politico dei boss, dato dalla loro propensione dell’imprenditore a godere di appoggi istituzionali, costruiti nel tempo e con la mobilitazione del “popolo” di Cosa Nostra nelle campagne elettorali, di cui si dirà nel capitolo sui rapporti con esponenti del mondo politico.
Nell’ultimo quarto di secolo, la presa d’atto delle potenzialità criminali dell’impresa mafiosa ha indotto il parlamento italiano ad intervenire per costruire una più adeguata strategia di contrasto giudiziario. Il quadro normativo è andato progressivamente aggiornandosi, fornendo alla magistratura strumenti più incisivi di azione per aggredire i patrimoni mafiosi.
Nel procedimento “gotha” sono stati sequestrati alle imprese mafiose gestite da Antonino Rotolo, Angelo Rosario Parisi e Pietro Parisi beni per un valore che si aggira attorno ai 50 milioni di euro. Si tratta di immobili intestati alla società Edilizia Pecora s.n.c., di appartamenti la cui titolarità spetta a Giuseppe Rotolo, dell’intero capitale sociale e del complesso dei beni aziendali della Immobiliare M.P. s.r.l., della Immobiliare CI.Pel s.r.l. e della Edilizia 93 s.r.l., nonché del complesso dei beni aziendali della Ra’ Gioielli.
Quella misura inizialmente applicata per evitare la commissione di altri reati espressione della dimensione imprenditoriale di Cosa Nostra è sfociata, dopo le condanne di Antonino Rotolo e Angelo Rosario Parisi, per il reato di partecipazione in associazione mafiosa, in un provvedimento ablativo a favore dello Stato, ossia nella confisca.
© Riproduzione riservata



