Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza d'appello, presidente del tribunale Raimondo Loforti, giudici Daniela Troja e Mario Conte


La Corte ha ritenuto che il coinvolgimento di un personaggio di rilievo come Bontade non poteva che essere avvenuto con l'intervento di Cinà, amico di Dell 'Utri, al quale quest'ultimo si era rivolto per risolvere il problema della sicurezza di Silvio Berlusconi, consapevole delle parentele mafiose che Cinà e la sorella Caterina avevano acquisito.

E difatti Caterina Cinà aveva sposato Benedetto Citarda, uomo d'onore della famiglia di Malaspina, una loro figlia aveva sposato Girolamo Teresi, sottocapo deila famiglia di Santa Maria di Gesù, a capo della quale vi era Stefano Bontade che Teresi aveva accompagnato all'incontro a Milano.

La presenza di Cinà all'incontro, secondo la Corte, aveva confermato il fatto che era stato proprio Cinà ad informare Bontade del problema della sicurezza di Silvio Berlusconi in tal modo organizzando l'incontro a Milano. In relazione a detto incontro, la Corte ha confermato il giudizio di piena attendibilità di Di Carlo che aveva formulato il Tribunale, rilevando che il collaborante aveva parlato di tale incontro, al quale era stato invitato da Cinà, da Bontade e da Teresi, fin dall'inizio della sua collaborazione.

La difesa aveva rilevato che le dichiarazioni di Di Carlo erano state l'unica fonte rappresentativa diretta dell'incontro e che il collaboratore non aveva alcun interesse a partecipare all'incontro caratterizzato da un profilo di particolare riservatezza.

La Corte ha reputato plausibili le giustificazioni date dallo stesso Di Carlo in ordine alla sua presenza all'incontro: il collaboratore aveva riferito che lui e Bontade erano legati da rapporti di stretta amicizia e che quest'ultimo era consapevole che Di Carlo sapeva comportarsi ed era abituato a trattare con industriali e persone di rilievo.

Del resto Cinà che, secondo il Di Carlo, aveva " portato quest'amicizia di Dell'Utri e Berlusconi a Bontade e a Teresi" non era un uomo d'onore e tuttavia era presente all'incontro. La difesa dell'imputato aveva rilevato che non era emersa alcuna certezza sulla collocazione temporale dell'incontro, atteso che Di Carlo era stato estremamente incerto sia in relazione all'anno ( 1974 o 1975 ) che alla stagione (autunno o primavera).

La Corte ha condiviso le conclusioni alle quali era pervenuto il Tribunale ritenendo che l'incontro a Milano era avvenuto tra il 16 maggio 1974 ( arresto di Liggio) ed il 29 maggio 1974 (arresto del Bontade ).

Tale data era compatibile con le dichiarazioni di Dell 'Utri che aveva riferito che il Mangano era stato assunto ad Arcore tra maggio e giugno del 1974 ed anche con le risultanze anagrafiche che avevano registrato il trasferimento della residenza di Mangano ad Arcore l' 1 luglio 1975.

La Corte ha evidenziato che l'incontro non poteva essere spostato in un tempo compreso tra la fine del 1974 e la primavera del 1975 - come aveva prospettato il P.G. - atteso che nel gennaio del 1975 Mangano si era allontanato definitivamente da Arcore. L'incontro dunque veniva collocato tra il 16 maggio 1974 ed il 29 maggio 1974.

La difesa aveva contestato detta collocazione temporale, depositando documenti che dovevano provare impegni ed obblighi processuali di Bontade e di Teresi in quel periodo: la Corte, valutando le date delle udienze e gli obblighi del Teresi e del Bontade, ha concluso rilevando che gli obblighi e le prescrizioni dei due boss non erano tali da escludere la presenza di entrambi a Milano per partecipare all'incontro.

La Corte ha poi osservato che l'oggetto della discussione svoltasi nel corso dell'incontro era stato la garanzia di protezione che Berlusconi aveva inteso ricercare tramite Dell'Utri e che, all'esito di detto incontro, Bontade si era impegnato ad assicurargli. Era stato lo stesso Bontade ad indicare Marcello Dell 'Utri a Berlusconi, quale soggetto al quale rivolgersi per qualsiasi esigenza; gli aveva garantito inoltre che gli avrebbe mandato qualcuno che gli sarebbe stato vicino, facendo il nome di Mangano, soggetto che dopo poco dicembre 1975) era stato affiliato alla famiglia mafiosa di Porta Nuova all'epoca formalmente aggregata al mandamento di Santa Maria di Gesù, comandato da Stefano Bontade.

La Corte ha ritenuto che non era importante che Mangano fosse stato individuato o contattato da Cinà o da Dell 'Utri prima o dopo l'incontro, o se la sua designazione fosse stata successiva a detto incontro; ciò che era certo era l'assunzione di Mangano e la sua permanenza in servizio ad Arcore con un" incarico specifico deciso da Stefano Bontade uno dei capi più potenti della mafia siciliana dell'epoca", capo della famiglia mafiosa di Santa Maria di Gesù e che da quel momento doveva essere chiaro che il Berlusconi era divenuto "intoccabile". […].

Nell'ultimo capitolo della sentenza, la Corte d'Appello ha sintetizzato le conclusioni alle quali era pervenuta e che erano consistite nella conferma della condanna dell'imputato in ordine all'unico reato di concorso esterno in associazione di tipo mafioso limitatamente alle condotte poste in essere fino al 1992. Era stato provato - secondo la Corte - che Dell'Utri, ricorrendo all'amico Gaetano Cinà ed alle sue autorevoli conoscenze e parentele, aveva svolto un 'opera di mediazione tra "cosa nostra" in persona del suo più autorevole esponente del tempo, Stefano Bontade, e Silvio Berlusconi.

In tal modo aveva apportato un consapevole e rilevante contributo al rafforzamento del sodalizio criminoso al quale aveva procurato una cospicua fonte di guadagno illecito rappresentata dalle ingenti somme di denaro sborsate per quasi due decenni dall'imprenditore milanese.

Dell 'Utri, dunque, non aveva cercato di soltanto di risolvere 1 problemi dell'amico Silvio Berlusconi, ma aveva mantenuto nel tempo con coloro che erano gli " aguzzini" dell'amico rapporti amichevoli, incontrando e frequentando sia Mangano che Cinà ed "a loro ricorrendo ogni qualvolta sorgevano problemi derivanti da attività criminali rispetto ai quali i suoi amici ed interlocutori avevano una sperimentata ed efficace capacità di intervento ".

Detta condotta - riconducibile secondo la Corte nel delitto contestato all'imputato - si era protratta oltre la morte di Stefano Bontade ( 1981 ), fino al 1992, data fino alla quale era rimasto provato il pagamento di somme di denaro da parte di Berlusconi all'associazione mafiosa.

Dopo il 1992 non era stato possibile ravvisare - a parere della Corte - ''prove in equivoche e certe di concrete e consapevoli condotte di contributo materiale ascrivibili a Marcello Dell'Utri aventi rilevanza causale in ordine al rafforzamento dell'organizzazione mafiosa ". Non era, poi, emerso alcun elemento concreto, ancorchè indiziario, in ordine ai pretesi rapporti intercorsi tra Dell'Utri ed i fratelli Graviano, essendo stato reputato inconsistente il contributo che aveva offerto il collaborante Gaspare Spatuzza nel giudizio di appello.

La Corte ha infine ribadito che erano mancate prove sufficienti a supportare l'accusa rivolta a Dell'Utri di avere stipulato nel 1994 un patto politico -mafioso con " cosa nostra", nei termini rilevanti per l'ipotesi delittuosa di cui agli artt. 110,416 bis c.p.

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