Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie del Blog Mafie è dedicata al maxi processo in occasione del trentunesimo anniversario della strage di Capaci


Queste dichiarazioni del Contorno sono il frutto di conoscenze acquisite nell'ambito di "Cosa nostra", per avere egli personalmente partecipato, come del resto ha esplicitamente ammesso, al traffico di stupefacenti. Si tratta di affermazioni che completano e confermano le dichiarazioni di Buscetta e che trovano riscontro sia in precedenti indagini giudiziarie, sia, del resto, in quelle svolte nel presente procedimento.

Basti ricordare, al riguardo, quanto segue:

Il 25.8.1980, in località Rovetto del Comune di Trabia (Palermo), in un appartamento di proprietà di Vitale Anna, è stato individuato un laboratorio di eroina, collegato ad un deposito sito in contrada Giummarra del Comune di Carini, appartenente a Buccola Matteo. Nella complessa operazione è stato coinvolto Gerlando Alberti, elemento di spicco della "famiglia" di Giuseppe Calò (Porta Nuova); fra gli arrestati vi erano diversi francesi, che sicuramente avevano il ruolo di "chimici" (Bousquet Andrè, Ranem Jean Claude, Champion Jean Claude).

Dopo pochissimi giorni da tale operazione, l'albergatore Jannì, che aveva collaborato con gli inquirenti, era stato spietatamente ucciso nell'hotel "Riva Esmeralda". Per il traffico di stupefacenti e per l'omicidio dello Jannì, Gerlando Alberti ha riportato severe sentenze di condanna davanti al Tribunale ed alla Corte di Assise di Palermo. Recentemente, è stato condannato anche dal Tribunale di Venezia per i suoi collegamenti coi fornitori della morfina base.

Il 15.9.1980, nella via Villagrazia di Palermo, a seguito di un incendio, è stato scoperto un laboratorio di eroina; per tale episodio, sono già stati rinviati a giudizio Mondino Michele e la sorella Mondino Gaetana, ma le indagini sono ancora in corso. Della scoperta del laboratorio di via Messina Marine, avvenuta 1'11.2.1982, e della sua appartenenza ai Vernengo si tratterà ampiamente in seguito.

Il 30.4.1985, è stato scoperto, in contrada "Virgini" di Alcamo, un laboratorio e, fra gli altri, è stato arrestato Milazzo Vincenzo, indicato da Salvatore Contorno come "uomo d'onore" della "famiglia" di Alcamo.

Nel procedimento penale contro Mafara Francesco ed altri, instauratosi a seguito dell'arresto, a Roma, del belga Albert Gillet, il quale portava con sè quasi dieci chilogrammi di eroina, sono emersi chiarissimi collegamenti fra Francesco Mafara, "uomo d'onore" della "famiglia" di Brancaccio, e Mariano Agate, "rappresentante" di quella di Mazara del Vallo.

Il Gillet, che ha ampiamente collaborato con la Giustizia, ha dichiarato di aver conosciuto l'Agate a casa del Mafara, sostenendo che anche il primo era coinvolto nel traffico di stupefacenti; fra l'altro, sono stati acquisiti riscontri documentali delle dichiarazioni del Gillet (una lettera inviata a quest'ultimo da Mariano Agate).

Il Gillet, inoltre, ha fornito indicazioni sulla provenienza dell'eroina che, pur non consentendo la localizzazione del laboratorio, già allora inducevano a ritenere che fosse ubicato in territorio di Mazara del Vallo. Deve soggiungersi che, sia in primo grado, sia in grado di appello, è stata riconosciuta la colpevolezza dell'Agate.

Del ruolo di Spadaro Tommaso, Savoca Giuseppe e La Mattina Nunzio nel traffico di stupefacenti si è già ampiamente trattato e si è detto, del pari, che gli stessi non gestivano propri laboratori.

Per quanto riguarda Salvatore Inzerillo, nel procedimento penale contro Spatola Rosario ed altri, è emerso, appunto, che quest'ultimo si occupava soprattutto dell'esportazione dell'eroina negli Usa., in stretto collegamento coi suoi potenti cugini, abitanti a New York, John, Rosario e Gambino Giuseppe.

Anche Mafara Francesco, del resto, come è emerso dal procedimento penale a suo carico, non disponeva di propri laboratori ed era addetto all'esportazione negli Usa. dell'eroina; ciò, conferma ancora di più l'attendibilità dell'accusa del Contorno circa i collegamenti fra il Mafara e Mariano Agate, produttore di droga, per la fornitura e le spedizioni dell'eroina in Usa.

Inoltre, nell'ambito delle indagini svolte in collaborazione con tale paese, inerenti al traffico di stupefacenti, i rapporti tra il Tognoli e Greco Leonardo risultano confermati dal fatto che entrambi sono stati controllati, il 10.7.1981, al valico di Ponte Chiasso, diretti in Svizzera.

Quanto si è detto finora è la rapidissima sintesi di anni di indagini e di investigazioni istruttorie e dibattimentali. Dovrebbe, comunque, essere ormai chiarissimo che singoli episodi e distinti procedimenti penali, alcuni dei quali ormai definiti, concernenti il traffico internazionale di stupefacenti, sono tante tessere di un unico mosaico e rappresentano, sotto angolature volta a volta diverse, ma sempre parziali, un'unica realtà: che è quella della gestione del traffico da parte di "Cosa nostra" palermitana.

Il che, a prima vista, sembrerebbe in contrasto con la premessa da cui si era partiti, e, cioè, della inapplicabilità del delitto di cui all'art. 75 Legge stupefacenti a tutti gli appartenenti a "Cosa nostra" in quanto tali. Ma non è così.

Proprio dalle dichiarazioni di Buscetta e di Contorno è emerso, infatti, che, sotto il controllo della "Commissione", le aggregazioni per il traffico di stupefacenti si realizzano fra uomini d'onore appartenenti a "famiglie" diverse, ed anche con soggetti che non sono mafiosi e che prestano la loro opera unicamente per il traffico stesso.

Inoltre, i vari capi-famiglia, nello stabilire la partecipazione al traffico dei propri "soldati", determinano le modalità, anche finanziarie, di partecipazione di ciascuno di essi, potendo perfino escluderli. Infatti, i più anziani e meno validi "uomini d'onore" generalmente non vengono coinvolti nel traffico, e non è nemmeno da escludere che alcuni, per libera scelta, come nel caso di Bontate Stefano e Panno Giuseppe, preferiscano non parteciparvi.

Infine, è emerso che alcune "famiglie" dell'entroterra siciliano risultano estranee a queste attività, come accertato attraverso le dichiarazioni di Marsala Vincenzo. Costui ha fornito un interessante elemento di ulteriore riscontro circa la gestione del traffico a livello di organi direttivi e la compartecipazione "a caratura" al contrabbando di tabacchi.

Racconta il Marsala, che il capo-mandamento Gigino Pizzuto aveva offerto a suo padre la possibilità di guadagnare qualcosa nell'ambito appunto, del contrabbando di tabacchi e lo aveva invitato ad avvertire tutti gli affiliati e ad incassare le somme che costoro volevano· investire, promettendone la restituzione nel giro di tre mesi con un interesse del 40 per cento.

Poichè nessuno volle aderire, soltanto il padre del Marsala consegnò al Pizzuto L.5.000.000, ricevendone dopo qualche mese 5.800.000, con un guadagno inferiore al previsto.

Aggiunge il Marsala che il padre avrebbe voluto reinvestire tutta la somma, ma il Pizzuto gli rispose che in quel momento non c'era possibilità di ulteriori affari. Successivamente, il Marsala, nel confermare l'episodio dinanzi al giudice, accomunava il traffico di stupefacenti al contrabbando di tabacchi, precisando che l'organizzazione "Cosa nostra" consentiva di investire danaro in tali affari illeciti, che, però, venivano gestiti direttamente soltanto da un determinato gruppo di "famiglie".

A questo punto, si deve convenire che - ferma la conclusione che "Cosa nostra" controlla il traffico dell'eroina - occorre stabilire, volta per volta, se ogni singolo "uomo d'onore" vi sia coinvolto.

Indubbiamente, sarebbe molto più agevole ritenere l'equazione "mafioso uguale trafficante di stupefacenti"; ma la realtà non è in questi termini e bisogna, ovviamente, tenerne conto, in rigoroso ossequio al principio della personalità della responsabilità penale.

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