Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della sentenza d'appello, presidente del tribunale Raimondo Loforti, giudici Daniela Troja e Mario Conte


Subito dopo l'inizio dell'attività lavorativa di Dell'Utri, Vittorio Mangano era arrivato ad Arcore. Dell'Utri in sede di spontanee dichiarazioni aveva collocato temporalmente l'arrivo di Mangano ad Arcore nell'aprile del 1974, data è stata ritenuta corretta dal Tribunale in quanto Mangano aveva trasferito la propria residenza anagrafica a Milano dall' 1 luglio 1974 e Fedele Confalonieri aveva indicato detto arrivo nell'estate del 1974.

Mangano era stato assunto proprio grazie all'intermediazione dell'imputato così come era stato dichiarato da Dell'Utri nel corso dell'interrogatorio dinanzi al P.M. del 26 giugno 1996 ed anche in sede di spontanee dichiarazioni rese il 29 novembre 2004 e dallo stesso Silvio Berlusconi al Giudice Istruttore di Milano il 26 giugno 1987.

Il Tribunale ha ritenuto che il motivo dell'assunzione di Mangano ad Arcore era da ravvisarsi nella funzione di "garanzia" e di "protezione" di Silvio Berlusconi e dei suoi familiari; detta considerazione era stata confermata dal fatto che, dopo l'allontanamento di Vittorio Mangano da Arcore, l'imprenditore si era munito di un servizio di sicurezza privata e che, come aveva dichiarato lo stesso Dell'Utri (v. verb. spontanee dichiarazioni in data 29 novembre 2004), a Mangano era stato affidato il compito di accompagnare i figli di Berlusconi a scuola.

La sentenza di primo grado ha poi delineato i rapporti esistenti tra Gaetano Cinà, soggetto con il quale Dell'Utri ha svolto il ruolo di intermediazione tra "cosa nostra" e Berlusconi, con esponenti mafiosi del calibro di Benedetto Citarda ( suo cognato avendo sposato la sorella Caterina Cinà), Girolamo Teresi, sottocapo della famiglia mafiosa di Santa Maria di Gesù ( che aveva sposato una delle figlie di Caterina Cinà Citarda), Giovanni Bontade ( fratello di Stefano Bontade, che aveva sposato un'altra figlia dei Citarda), Giuseppe Albanese, uomo d'onore della famiglia mafiosa di Malaspina e Giuseppe Contorno uomo d'onore della famiglia di Santa Maria di Gesù ( anche loro mariti delle figlie del Citarda).

La sentenza di primo grado ha anche esaminato le dichiarazioni del collaborante Francesco Di Carlo, uomo d'onore della famiglia di Altofonte, ( v. dich. rese da Di Carlo il 16 febbraio e 2 marzo 1998) della quale aveva fatto parte fin dagli anni '60 divenedone in seguito il consigliere e poi il sottocapo. Fin dall'inizio della sua collaborazione aveva riferito di avere conosciuto Dell'Utri nei primi anni '70 in un bar vicino alla lavanderia di Gaetano Cinà: era stato proprio quest'ultimo a presentargli l'imputato.

Aveva inoltre immediatamente raccontato di avere visto Dell 'Utri anche nell'incontro avvenuto a Milano nella primavera o nell'autunno del 1974 ed in seguito al matrimonio di Girolamo Fauci a Londra. Il collaboratore aveva dunque ricordato che poco dopo la presentazione di Dell'Utri da parte di Cinà aveva incontrato quest'ultimo a Palermo con Stefano Bontade e Mimmo Teresi che gli avevano proposto un incontro a Milano, dove dovevano recarsi, fissandogli un appuntamento negli uffici di Ugo Martello (latitante appartenente alla famiglia mafiosa di Bolognetta) siti in via Larga.

Si erano pertanto ritrovati tutti a Milano ed era stato m quell'occasione che Cina, Teresi e Bontade gli avevano proposto di accompagnarli ad un appuntamento con un industriale di nome Silvio Berlusconi, il cui nome in quel momento non gli aveva detto nulla, e con Marcello Dell'Utri che invece aveva conosciuto a Palermo.

L'incontro, organizzato da Cinà e da Dell'Utri (Di Carlo: "Dell 'Utri parla con Tanino ( Gaetano Cinà) e fanno questo incontro"), era avvenuto, secondo Di Carlo, nella primavera o nell'autunno del 1974. A detto incontro avevano partecipato Berlusconi, Dell'Utri, Cinà - che seppur non essendo ritualmente affiliato era presente in quanto era stato lui a "portare questa amicizia di Dell' Utri e Berlusconi a Bontade e Teresi" ed ovviamente Teresi, Bontade ed il collaboratore.

Secondo il racconto, arrivati nel luogo dell'appuntamento (un ufficio che aveva sede in un palazzo), era stato proprio Dell'Utri ad accoglierli ed a condurli in una sala, dove avevano atteso l'arrivo di Berlusconi. L'imputato aveva baciato Cinà ed aveva scambiato delle battute scherzose con Nino Grado, che dunque conosceva ed al quale infatti dava del tu. Poco dopo era arrivato Silvio Berlusconi. Durante l'incontro, dopo avere parlato di edilizia ( Di Carlo ha ricordato che Berlusconi aveva in corso la realizzazione di "Milano 2"), avevano affrontato il problema della garanzia. Stefano Bontade aveva rassicurato l'imprenditore valorizzando la presenza a suo fianco di Marcello Dell'Utri e garantendogli l'invio di "qualcuno".

Appena aveva lasciato l'ufficio Cinà, rivolgendosi a Teresi e Bontade aveva indicato Vittorio Mangano, che Di Carlo conosceva come uomo d'onore della famiglia di Porta Nuova ( all' epoca aggregata alla famiglia di Stefano Bontade) e che gli era stato presentato " ritualmente ... come "cosa nostra", nel 1972/1973. Mangano dunque era stato mandato ad Arcore per attestare la presenza di" cosa nostra": il collaboratore aveva escluso che la funzione svolta da quest'ultimo fosse stata quella di stalliere (''perché cosa nostra non ne pulisce stalle a nessuno '') Cinà gli aveva confidato di essere imbarazzato perché gli era stato detto di chiedere a Berlusconi la somma di 100.000.000, somma che, in effetti, gli era stata poi consegnata.

Di Carlo non aveva saputo riferire se oltre a quella somma ne erano state consegnate delle altre ed aveva soggiunto che il denaro, non solo garantiva di non essere sequestrati, ma tutelava da tutto ciò che poteva accadere ad un industriale. Il Tribunale ha ritenuto attendibili le dichiarazioni del Di Carlo, mettendo in evidenza come le stesse avessero ricevuto rilevanti riscontri esterni. In particolare è stata evidenziata la corrispondenza tra la descrizione dell'edificio in cui era avvenuto l'incontro appena evocato e le foto dei locali della Edilnord, società di Berlusconi che aveva da poco trasferito la propria sede in via Foro Bonaparte n. 24. Lo stesso giudice ha rilevato che Di Carlo era stato il primo a parlare, non solo dell'incontro tra Berlusconi e Bontade, incontro nel quale Dell'Utri e Cinà avevano svolto il ruolo di intermediari, ma anche della partecipazione di Dell'Utri al matrimonio di Girolamo Fauci tenutosi a Londra nel 1980, partecipazione che era stato confermata dallo stesso Dell 'Utri.

[…] In conclusione il Tribunale ha ritenuto che fosse stata raggiunta la prova della "posizione assunta da Marcello Dell' Utri nei confronti di esponenti di "cosa nostra"; dei contatti diretti e personali con taluni di essi ( Bontade, Teresi Mangano e Cinà); del ruolo svolto dall'imputato quale mediatore con il "coordinamento di Gaetano Cinà, tra il sodalizio mafioso e gli ambienti imprenditoriali e finanziari milanesi ed in particolare con il gruppo Fininvest; della ''funzione dì "garanzia" assunta da Dell 'Utri nei confronti di Berlusconi che temeva il sequestro dei suoi familiari, "adoperandosi per l'assunzione di Mangano presso la villa di Arcore quale "responsabile" e non già come stalliere, seppur consapevole dello spessore criminale di quest'ultimo, ottenendo l'avallo di Stefano Bontate e Girolano Teresì che "all'epoca erano già due degli uomini d'onore più importanti di "cosa nostra" a Palermo"; della protrazione dei rapporti dello stesso imputato con il sodalizio mafioso , per circa un trentennio, rapporti che, in alcuni casi, erano stati favoriti anche dall'intermediazione di Cinà; del rapporto di Dell 'Utri con Cinà con Vittorio Mangano, che nel tempo aveva assunto un ruolo di vertice nel mandamento di Porta Nuova ed al quale Dell 'Utri ha mostrato costante disponibilità, incontrandolo più volte; dell'avere, l'imputato, consentito, anche grazie al Cinà, che "cosa nostra percepisse lauti guadagni a titolo estorsivo dall'azienda milanese facente capo a Silvio Berlusconi , intervenendo per mediare i rapporti tra l'associazione mafiosa e la Fininvest in momento in cui il rapporto aveva palesato una crisi ( è stata citata come esempio la vicenda degli attentati ai magazzini Standa a Catania) e chiedendo ed ottenendo da Mangano favori (come nella vicenda Garraffa), promettendo appoggio in campo politico e giudiziario.

L'attività posta in essere da Dell'Utri - in conclusione - aveva costituito "un concreto, volontario, consapevole, specifico e prezioso contributo al mantenimento, consolidamento e rafforzamento di " cosa nostra" alla quale è stata, tra l'altro, offerta l 'opporunità di entrare in contatto con importanti ambienti dell'economia e della finanza, e di perseguire in modo più agevole i " suoi fini illeciti, sia meramente economici che latu sensu, politici".

© Riproduzione riservata