Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie del Blog Mafie è dedicata al maxi processo in occasione del trentunesimo anniversario della strage di Capaci


Alla stregua delle risultanze processuali si può affermare che oltre al canale di approvvigionamento di morfina-base dalla Turchia per il rifornimento dei laboratori siciliani di produzione dell'eroina, contemporaneamente, l'organizzazione mafiosa siciliana importava ingenti quantitativi di eroina purissima di origine thailandese anch'essa diretta al mercato statunitense.

Il fornitore asiatico delle sostanze stupefacenti era il cinese di Singapore Koh Bak Kin, il quale, inizialmente tramite una rete di corrieri che trasportavano solo quantità limitate a pochi chilogrammi, riforniva con continuità sia le "famiglie" mafiose siciliane, ed, in particolare, quella di Partanna Mondello, capeggiata da Riccobono Rosario e quella catanese di Santapaola Benedetto, trapiantata e rappresentata a Roma dai cugini Ferrera e Cannizzaro, sia taluni malavitosi romani (Masciarelli, Grazioli, Proietti ed altri), che incrementavano il mercato locale della capitale.

In un secondo momento il canale thailandese è stato messo a disposizione dei livelli direttivi centrali dell'organizzazione mafiosa siciliana (i centri operativi sono rimasti però in mano agli stessi elementi palermitani e catanesi che già avevano collaudato tale via di rifornimento) per un traffico molto più vasto, esteso ad ingenti quantitativi di stupefacenti da trasportare via mare e consegnare a navi di pertinenza dell'organizzazione acquirente al largo delle coste siciliane.

Le altre nazioni interessate a tale traffico erano la Grecia, che forniva navi ed equipaggi ed organizzava i trasporti, la Svizzera, luogo ove avvenivano tutti i movimenti finanziari e di passaggio obbligato dell'enorme massa di capitali, provento della vendita degli stupefacenti, e gli Stati Uniti d'America, luogo finale di destinazione per lo smercio di tutte le sostanze.

Il 10 novembre 1981, all'Aeroporto Orly di Parigi, veniva arrestato tale Gasparini Francesco, perchè trovato in possesso di Kg. 4,500 circa di eroina purissima; il predetto, proveniente da Bangkok, era in procinto di imbarcarsi sull'aereo diretto a Roma, sua città di residenza; fra i documenti sequestratigli vi erano una carta di identità falsa, intestata a Pavoni Pier Luigi, ed un passaporto, parimenti falso, intestato a Ciceroni Ernesto, dal quale risultava effettuato un altro viaggio a Bangkok dal 15 al 30.9.1981.

Da tale arresto prendevano avvio complesse e laboriose indagini che hanno consentito l'acquisizione di prove molto importanti sul traffico internazionale di eroina e sulle organizzazioni che lo gestiscono. Il Gasparini rendeva inizialmente alla Polizia francese dichiarazioni completamente mendaci sull'origine e la destinazione dell'eroina, dalle quali, comunque, emergeva che la stessa gli era stata affidata a Bangkok.

Veniva accertato attraverso le dichiarazioni di Zannini Mirella, un'amica del Gasparini che lo aveva aiutato a procurarsi documenti falsi per l'espatrio, che quest'ultimo, in libertà provvisoria in relazione ad un procedimento penale per truffa aggravata pendente davanti alla Autorità Giudiziaria di Palermo, aveva fatto conoscenza, durante la detenzione nel carcere dell'Ucciardone, con appartenenti a cosche mafiose con cui aveva mantenuto i contatti anche dopo la sua scarcerazione; il Gasparini, in particolare, le aveva detto di essere un corriere di valuta e di conoscere personalmente Buscetta Tommaso, il quale si era fatto "rifare" il viso da un esperto di chirurgia plastica. Anche Chionne Otello - che aveva corrotto alcuni agenti di Polizia perchè falsificassero la firma del Gasparini, obbligato alla presentazione periodica al Commissariato di Polizia di Porta Maggiore, durante la sua assenza dall'Italia - confermava di avere appreso dallo stesso Gasparini che era collegato coi siciliani.

Dall'esame, poi, degli appunti e delle fotografie rinvenute nel posto di lavoro del Gasparini (Automobile Club di Roma), emergeva che quest'ultimo era sicuramente in contatto con Mutolo Gaspare, noto pregiudicato palermitano indiziato di appartenenza alla mafia.

Inoltre, veniva rinvenuta fra gli appunti del Gasparini una cartolina postale, a lui diretta, di un non meglio identificato "Kin", inviatagli dalla Thailandia.

Si accertava, quindi, che, durante la sua permanenza nel carcere di Teramo, in regime di semilibertà, il Mutolo aveva preso in affitto stabilmente una stanza del lussuoso hotel Michelangelo di quella città, il cui numero di telefono era stato trovato addosso a Gasparini Francesco all'atto del suo arresto in Francia; all'hotel Michelangelo avevano alloggiato anche il nipote del Mutolo, De Caro Carlo, appositamente venuto da Palermo, ed il catanese Liotta Salvatore.

Dalla camera di albergo del Mutolo, inoltre, risultavano effettuate numerose telefonate internazionali, in Australia, in Brasile, in Venezuela ed in Canada. Si accertava, altresì, che, il 2 febbraio 1982, Gaspare Mutolo, durante un permesso concessogli dal magistrato di sorveglianza per recarsi a Palermo, era stato fermato a Catania, dalla Polizia, mentre era in compagnia del catanese Condorelli Domenico, indiziato di appartenenza al clan di Santapaola Benedetto, e dei pregiudicati palermitani, indiziati di appartenenza alla mafia, Cusimano Giovanni e Pedone Michelangelo.

I tre palermitani, che erano andati a Catania a bordo di una Ferrari e di una BMW, dichiaravano di avere incontrato casualmente e di non conoscere Condorelli Domenico, ma nell'abitazione di quest'ultimo veniva trovato il nipote del Mutolo, De Caro Carlo, che non sapeva giustificare la sua presenza in quel luogo.

Inoltre, nel corso di una perquisizione effettuata nella sala biliardi gestita dal Condorelli, i cani antidroga manifestavano chiari segni di impazienza, pur non consentendo di trovare stupefacenti.

Di notevole utilità si rivelavano, poi, una perquisizione domiciliare effettuata, a Palermo, il 22 aprile 1982 nella abitazione del Mutolo e le intercettazioni telefoniche effettuate sulle utenze palermitane in uso al predetto, rientrato a Palermo dopo avere interamente espiato la pena detentiva.

Quanto alla prima, venivano rinvenute nell'abitazione del Mutolo:

A) una cartolina di "Kin" del 27 febbraio 1982, proveniente dalla Cina, con cui quest'ultimo avvertiva il Mutolo che da lì a poco sarebbe andato a Bangkok;

B) una lettera di Castorani Jole, madre di Gasparini Francesco, con cui la stessa chiedeva aiuto finanziario al Mutolo in relazione alla situazione del figlio, detenuto in Francia;

C) numerose lettere di pregiudicati catanesi, fra cui Cristaldi Venerando ed il noto Faro Antonino, spietato "Killer" delle carceri, con le quali gli stessi professavano al Mutolo profondissimi rispetto ed amicizia.

Inoltre, all'atto della perquisizione, veniva identificato, nell'abitazione del Mutolo, tale Palestini Fioravante, di Giulianova (Teramo). Il 28 aprile 1982, iniziavano le intercettazioni telefoniche, autorizzate dalla procura della Repubblica di Palermo, sulla utenza 464991, in uso a Mutolo Gaspare, e le stesse subito confermavano i collegamenti di quest'ultimo con noti pregiudicati catanesi, appartenenti al clan Santapaola.

Venivano registrate, infatti, numerose telefonate fra il Mutolo e Condorelli Domenico (quello stesso che, alla Polizia di Catania, il Mutolo e gli altri palermitani avevano dichiarato di non conoscere), nel corso delle quali i due, che parlavano tra loro con grande familiarità ed amicizia, si esprimevano con un liguaggio criptico facendo sicuro riferimento a traffico di stupefacenti.

Dalle telefonate, poi, emergeva che il Condorelli si era incaricato di procurare un alloggio a Catania a Mutolo Giovanni, fratello di Gaspare, cui era stato imposta la misura di prevenzione del divieto di soggiorno a Palermo.

Particolare interesse rivestivano, infine, le telefonate tra Mutolo e Condorelli in cui il primo chiedeva al secondo di salutargli "Carletto" e quelle in cui si faceva riferimento ad un incontro tra vertici delle rispettive organizzazioni, poi non effettuato, e si parlava espressamente di "Nitto".

Per mezzo di queste intercettazioni, si apprendeva che due "amici" di Condorelli si sarebbero recati a Palermo per incontrarsi con Gaspare Mutolo, che avrebbe dovuto dare ad essi qualcosa: veniva eseguito, pertanto, un servizio di pedinamento e si accertava che i due venivano ricevuti al Motel Agip di Palermo dal Mutolo con grande circospezione e, quindi, da lui accompagnati nella sua abitazione.

Un successivo controllo dei due, effettuato lungo la strada di ritorno per Catania, consentiva di identificarli per Maugeri Nicolò e Cristaldi Salvatore, entrambi indiziati di appartenenza al clan Santapaola ed il secondo dei quali fratello di quel Cristaldi Venerando le cui lettere erano state trovate nell'abitazione di Mutolo Gaspare.

L'accertato collegamento del Mutolo con elementi della criminalità organizzata catanese induceva il P.M. ad autorizzare l'ascolto telefonico delle utenze in uso a Condorelli Domenico, a Cristaldi Salvatore e a Licciardello Giuseppe.

Tale ascolto forniva risultati di notevole interesse circa l'appartenenza degli stessi alla medesima organizzazione criminosa ed anche in ordine all'omicidio di Ferlito Alfio.

Fra l'altro, emergeva che nella abitazione del Cristaldi trovava sicuro rifugio Campanella Calogero inteso "Carlo" o "Carletto", braccio destro di Santapaola Benedetto; costretto a nascondersi a causa della faida sanguinosa tra i clan Santapaola e Ferlito, nel timore di essere individuato ed ucciso dai suoi avversari.

Le intercettazioni sull'utenza del Mutolo consentivano di accertare, inoltre, che il medesimo era in contatto con un individuo dall'accento straniero - e più precisamente orientale - per motivi sicuramente attinenti al traffico di stupefacenti e che il nipote del Mutolo, De Caro Carlo, si recava in Roma per incontrarsi con lo straniero.

Veniva eseguito un pedinamento del De Caro, il quale era anche fotografato all'Aeroporto di Roma, e si accertava che il predetto si recava a casa di Ianni Anna, moglie separata di Francesco Gasparini, e si incontrava con un individuo dagli aspetti somatici sicuramente orientali, facendo, però, ad un certo punto, perdere le sue tracce.

Essendo ormai chiaro che l'eroina sequestrata al Gasparini era di pertinenza delle organizzazioni mafiose palermitane, il procuratore della Repubblica di Roma, disponeva la trasmissione degli atti alla procura della Repubblica di Palermo.

© Riproduzione riservata