VIncenzo Sinacori: «Ricordo che in quel periodo si parlava della superprocura e Riina, in contrapposizione alla nuova istituzione, disse che era necessario che anche “cosa nostra” si riorganizzasse in una struttura che prevedeva la costituzione di gruppi molto ristretti la “supercosa” dipendeva esclusivamente da Totò Riina»
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per circa un mese pubblichiamo ampi stralci del decreto di archiviazione dell’inchiesta “Sistemi criminali”, della Procura della Repubblica di Palermo, del 21 marzo 2001.
In sintonia con le dichiarazioni dei collaboranti palermitani sono le rivelazioni di uno dei collaboratori di maggiore spessore del trapanese, Sinacori Vincenzo, già reggente del mandamento di Mazara del Vallo, uomo di fiducia di Agate Mariano (punto di riferimento “storico” dello schieramento corleonese nella provincia di Tra pani) e dello stesso Totò Riina, e proprio perciò uno dei protagonisti della stagione stragista del ‘92-’93.
In relazione allo specifico oggetto del presente procedimento, il Sinacori ha rivelato che nel 1993 Bagarella aveva manifestato interesse ad ottenere, tramite Cosa Nostra americana, appoggi ad un progetto separatista della Sicilia, con conseguente annessione agli Usa Si riporta quanto da lui dichiarato in proposito il 17 gennaio 1997:
Nel 1993, tra il gennaio ed il 1° aprile, venne a trovarmi Matteo Messina Denaro, il quale – a nome di Bagarella – mi chiese di rivolgermi a Naimo Rosario, allora latitante di Mazara del Vallo e uomo d’onore della famiglia di S. Lorenzo, nonché personaggio di Cosa Nostra americana, affinché sondassi la possibilità di un appoggio “americano” ad un pro getto separatista della Sicilia, con conseguente annessione agli Usa.
Così io feci, e Naimo però mi disse che il progetto era assolutamente “fuori tempo” perché, dopo la fine della guerra fredda, gli americani non avevano più interesse per la Sicilia. L’esito negativo del colloquio fu da me riferito al Messina Denaro Matteo e non ne ho saputo più nulla.
Con riferimento agli obiettivi perseguiti con le stragi del ’92 e del ‘93, il Sinacori, nell’interrogatorio del 14 febbraio 1997, ha dichiarato:
Adr: L’individuazione del patrimonio artistico come obiettivo della nostra strategia era motivata dal fatto che in tal modo si veniva a colpire una delle principali risorse dello Sta to italiano e pertanto Stato sarebbe venuto a patti con “cosa nostra”. D’altra parte tale strategia di attacco si rendeva necessaria per contrastare l’azione dello Stato che con il 41 bis, i pentiti e gli arresti, stava “massacrando cosa nostra”.
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Adr: Le strategie degli attentati del 1992 e segnatamente quelli da compiersi a Roma è diversa dalla strategia degli attentati del 1993. Devo precisare a questo proposito che dopo la sentenza del maxiprocesso Riina impazzisce: praticamente lui dà il via libera perchè ciascuno possa “togliersi i sassolini dalle scarpe”.
I primi veri obiettivi sono costituiti da Falcone e Martelli; mentre i giornalisti sono degli obiettivi secondari; a livello locale poi ciascuna famiglia poteva “togliersi i sassolini dalle scarpe”, noi per esempio a Mazara dovevamo occuparci di Germana’. A Palermo non so se anche Lima rientrava in questa strategia ma penso di sì; mentre sono certo che lo fosse Ignazio Salvo.
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Adr: La strategia degli attentati del 1993 era finalizzata a far scendere a patti lo Stato, ma non so dire se fossero state intavolate trattative di alcun genere. So soltanto che Matteo si rendeva perfettamente conto che non vi era futuro e che erano stati trascinati in una sorta di vicolo cieco da Riina.
Inoltre Sinacori, sempre nell’interrogatorio del 14 febbraio 1997, ha riferito di una nuova organizzazione interna di Cosa Nostra soprattutto di tipo operativo, la c.d. “supercosa”: Dette riunioni si tennero a Palermo verso la fine del 1991. In uno di questi incontri si par lò della “supercosa”.
Ricordo infatti che in quel periodo si parlava della superprocura e Riina, in contrapposizione alla nuova istituzione, disse che era necessario che anche “cosa nostra” si riorganizzasse in una struttura che prevedeva la costituzione di gruppi molto ristretti i cui componenti non avevano alcun obbligo di informare delle loro azioni i rispetti vi rappresentanti e capi mandamento: in sintesi, come preciso ora in sede di verbalizza zione riassuntiva, la “supercosa” dipendeva esclusivamente da Totò Riina.
In effetti per quello che mi consta furono costituiti questi gruppi ristretti: Matteo “si portò” Geraci Francesco, mentre i fratelli Graviano, Lorenzo Tinnirello e Fifetto Cannella. Questi gruppi erano talmente riservati che credo che gli stessi Geraci, Cannella e Tinnirello, non sapessero della loro stessa appartenenza alla “supercosa”.
Totò Riina, quindi, proprio alla fine del 1991, nel periodo cioè in cui maturò il progetto di “ristrutturazione violenta” dei rapporti con il mondo della politica, decise di avviare anche una “riorganizzazione” di Cosa Nostra in senso più spiccatamente verticistico e con l’adozione di nuove modalità operative ed accorgimenti per “blindare” più rigorosamente la circolazione delle notizie e delle informazioni all’interno dell’associazione mafiosa, specialmente su questioni di particolare delicatezza.
Il che può fornire un’ulteriore spiegazione dei motivi per i quali del piano eversivo, paradossalmente, si sia saputo meno nelle famiglie mafiose palermitane che in quelle di altre zone della Sicilia e nelle altre organizzazioni ed ambienti coinvolti nel progetto.
Benché i collaboranti palermitani abbiano riferito soltanto frammenti del c.d. “piano eversivo”, dal complesso delle loro dichiarazioni sono emerse – come si vede – varie conferme del quadro probatorio delineato in premessa. Fra questi, Tullio Cannella è stato il collaborante palermitano che ha fornito in formazioni più complete, soprattutto in virtù dei suoi stretti rapporti con Leoluca Bagarella, creatore del movimento Sicilia Libera, e della sua diretta esperienza all’interno della nuova formazione politica.
Cannella ha infatti inquadrato la vicenda di Sicilia Libera all’interno di una ben precisa strategia che mirava alla secessione della Sicilia, rivelando altresì di avere appreso in carcere da Vito Ciancimino12 che analogo progetto era già stato coltivato dall’ex Sindaco di Palermo, in sintonia con Bernardo Provenzano con un movimento denominato Lega Meridionale.
Ebbene, come si esporrà in seguito, dalle indagini espletate è emerso che la Lega Meridionale è stato effettivamente il movimento meridionalista più attivo proprio nel 1990-91 (e cioè nel periodo in cui nasceva il piano eversivo-secessionista), protagonista di un’intensa attività politica che lo portò ad entrare in contatto anche con Vito Ciancimino e con Licio Gelli.
Ciancimino, interrogato in merito ai suoi rapporti con la formazione politica denominata Lega Meridionale, ha ammesso di aver partecipato ad una manifestazione di quel movimento e che dopo qualche tempo gli era stato proposto di candidarsi all’interno del movimento per la Camera dei deputati o per il Senato, ma è apparso reticente circa la genesi di quel rapporto, dichiarando di non essere in grado di stabili re nemmeno chi lo avesse invitato a quel convegno.
Quanto all’interesse di Cosa Nostra verso progetti politici di tipo secessionista, si è limitato a riferire che negli ambienti mafiosi e in alcuni ambienti imprenditoriali aveva sempre sentito parlare dell’idea di trasformare la Sicilia in un stato indipendente.
E’ risultata confermata anche la ricostruzione della strategia dei rapporti fra movimenti meridionalisti e Lega Nord, fornita da Cannella sulla base delle notizie apprese alla riunione di Lamezia Terme, […]. Gli accertamenti a riscontro delle dichiarazioni di Cannella hanno avuto esito positivo: cfr. nota del Dap del 2.7.1997, allegata alla nota Dia del 30.7.1997, dalla quale si evince che Cannella e Ciancimino dal 25 luglio al 14 agosto 1995 erano detenuti nel carcere di Rebibbia nel reparto “G12 bis” in due celle poste l’una di fronte all’altra.
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