Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per un mese pubblichiamo ampi stralci della “Relazione sul Caso Impastato”, elaborata dal Comitato della Commissione Parlamentare Antimafia della XIII° Legislatura, sull’uccisione di Peppino Impastato


L’argomento «mafia», entra nel fascicolo processuale solo a seguito delle ricerche, delle pressioni, delle dichiarazioni degli amici e dei familiari di Impastato. Ma quelle dichiarazioni – che saranno premiate da riscontri oggettivi acquisiti dal sostituto Scozzari in data 13 maggio 1978– non sono affatto valutate dai carabinieri – e poi dal magistrato Signorino – nella loro oggettiva consistenza ma, piuttosto, considerate mere allegazioni difensive di chi aveva, al pari di Peppino, commesso un delitto.

Si preferisce esaltare talune divergenze, peraltro datate, all’interno del gruppo politico di Impastato per argomentare una scelta suicida che, con il ritrovamento del biglietto, consentiva di chiudere tempestivamente il caso.

Il rapporto del reparto operativo dei carabinieri di Palermo del 10 maggio 1978, infatti, conclude subito per «...l’attentato dinamitardo....perpetrato... in maniera da legare il ricordo della sua morte ad un fatto eclatante».

[…] Rispetto a questa ricostruzione, il Pubblico Ministero non procede ad alcuna valutazione critica delle dichiarazioni degli amici e dei familiari di Peppino Impastato e si adagia sulla ipotesi del rapporto di polizia giudiziaria, senza dare alcuna ulteriore direttiva di indagine o procedere autonomamente ad altre iniziative od accertamenti.

L’articolato esposto presentato l’11 maggio 1978, a due giorni dal fatto, a firma di Francesco Carlotta, Giuseppe Barbera e Paola Bonsangue, in rappresentanza di numerose associazioni, partiti e circoli e organi di stampa, non modifica più di tanto gli orientamenti del magistrato inquirente. Egli si limita a trasmetterne immediata- mente copia ai carabinieri già incaricati delle indagini, con la più classica delle richieste ...per indagini e rapporto ...con la sola ulteriore richiesta – peraltro rimasta inevasa – dell’accertamento della provenienza del materiale esplodente.

La personalità della vittima, l’analisi attenta e non pregiudiziale della sua storia, i nemici pericolosi che aveva combattuto, la ricostruzione degli ultimi giorni e delle ultime ore della vita di Impastato, le concrete modalità di svolgimento del fatto, a partire dall’esplosivo, costituivano aspetti della vicenda che avrebbero consigliato ad ogni magistrato una maggiore attenzione per ipotesi come quella mafiosa, che erano state escluse dal reparto operativo dei Carabinieri addirittura prima che, col ritrovamento del biglietto, prendesse corpo la pista del suicidio.

[...] Va peraltro segnalata la forte presa di posizione del quotidiano Lotta Continua che l’11 maggio 1978 pubblica un articolo dal titolo «V’ammazzaru u’capo, ora o’essirich’u’arrissittati canticchia», nel quale viene esplicitamente criticato sia l’indirizzo delle indagini sia la pubblicazione sui giornali del biglietto di Peppino, operazione volta ad accreditare la tesi del suicidio.

Quell’articolo indica le possibili ragioni della uccisione di Peppino e ripropone i nomi di Finazzo e Badalamenti, ma soprattutto adombra l’ipotesi che gli stessi Carabinieri del Reparto Operativo sapessero quale fosse la causa della morte di Peppino, come si comprende dalla frase asseritamente rivolta ai suoi amici da un carabiniere, durante una pausa degli interrogatori in Caserma: «Vi hanno ammazzato il capo, adesso speriamo che vi calmiate un po’».

I contenuti dell’articolo portano immediatamente il maggiore Subranni, ad una denuncia per vilipendio e calunnia che il Procuratore aggiunto Martorana assegna al dott. Signorino. Nonostante la riunione tra i due magistrati nessun processo seguì a quella denuncia. Essa confluì nel fascicolo relativo alla morte di Impastato, ma non fu espletato, neppure nell’ambito di quest’ultimo procedimento penale, alcun specifico accertamento.

Così il dott. Martorana, dinnanzi al Comitato, ha ricostruito quella fase delle indagini:

Russo Spena Coordinatore. Il giorno 11 maggio di quell’anno Lotta Continua pubblicò un articolo su Impastato nel quale si parlava esplicitamente dei mafiosi Badalamenti, Finazzo...

Martorana. In base a questo non ci furono querele o denunce dei carabinieri.

Russo Spena Coordinatore. Fu avanzata denuncia per calunnia e vilipendio dall’allora maggiore Subranni. Lei conferì con il dottor Signorino? Quali indicazioni ebbe da Signorino e quali indicazioni dette?

Martorana. In che senso?

Russo Spena Coordinatore. Vi fu un processo a seguito della denuncia dei carabinieri?

Martorana. Come ho già detto, invitai i carabinieri ad approfondire le indagini.

Russo Spena Coordinatore. Che cosa può dire in relazione alla denuncia per calunnia e vilipendio presentata dal maggiore Subranni?

Martorana. Non lo ricordo.

Russo Spena Coordinatore. Non vi fu un processo?

Martorana. Ricordo che ci fu questa denuncia dei carabinieri per vilipendio ma non ricordo altro.

Russo Spena Coordinatore. Non ricorda che cosa le disse il dottor Signorino a questo proposito e se lei dette indicazioni allo stesso dottor Signorino?

Martorana. Come ho già detto, incaricai i colleghi di operare in modo tale da venire a capo della situazione e soprattutto di approfondire la vicenda a seguito degli esposti e delle denunce presentate dai compagni, dai familiari di Impastato e anche da qualche quotidiano.

Inoltre, signor Presidente, lei ricorderà – presumo sia agli atti – che alcuni editoriali di stampa nazionale manifestarono subito la tesi dell’attentato dinamitardo e da questo derivarono – credo – querele e denunce avanzate da Lotta Continua e da altre organizzazioni di sinistra contro questi quotidiani, tra i quali ricordo il Corriere della Sera. Ricordo, comunque, che quattro o cinque quotidiani nazionali parlarono dell’attentato in maniera esplicita.

La cosa sembrò assurda, come dicevo, a Lotta Continua o a Democrazia Proletaria e venne presentata una querela contro questi giornali. Non ricordo, però, quale esito abbia avuto tale querela.

Figurelli. Dottor Martorana, non ho capito un passaggio. Lei ha detto che i carabinieri si risentirono. Vorrei sapere con chi e come.

Martorana. Fu presentata una denuncia dai carabinieri, dal maggiore Subranni, per vilipendio e calunnia in relazione ad articoli di stampa che erano stati pubblicati o a vari proclami – chiamiamoli così – che erano stati fatti, per i quali i carabinieri si risentirono. Ricordo che fu presentata questa denuncia o questo esposto-denuncia (non so come fu formulata tecnicamente).

Figurelli. E si procedette per calunnia?

Martorana. Non lo ricordo, senatore.

Figurelli. Ho qui un documento sul quale sono state apposte delle sigle che forse sarebbe utile che il dottor Martorana identificasse.

(Il dottor Martorana legge il documento consegnato dal senatore Figurelli).

Martorana. Fa riferimento al primo rapporto che presentarono i carabinieri, in cui si evidenziava la tesi del suicidio, sulla quale poi tra l’altro insistettero sempre.

Figurelli. Vorrei rimanesse agli atti che è stata mostrata al dottor Martorana la nota del maggiore Subranni (fascicolo numero 2596/4, Palermo 11 maggio 1978, diretta alla procura della Repubblica di Palermo, sostituto procuratore dottor Signorino).

Vorrei quindi sapere dal dottor Martorana se ricorda se si procedette per calunnia – come il maggiore Subranni chiedeva rispetto a quelle che egli riteneva insinuazioni o affermazioni calunniose – e se è in grado di identificare le sigle apposte a penna sul foglio che le abbiamo mostrato, sul quale è annotata anche la parola: « Conferire ».

Martorana. Secondo la prassi, quando vi era qualche fatto rilevante, il procuratore – in quel caso ero io – assegnava l’indagine al collega dopo avere apposto il visto. Questa lettera era diretta al dottor Signorino; forse la segreteria me l’ha sottoposta prima di consegnarla al dottor Signorino, oppure il dottor Signorino stesso è venuto da me per mostrarmi la nota. In questi casi, egli mi accennava il problema e allora stabilivo se era il caso di assegnare l’indagine a lui o al collega.

Poi sul documento scrivevo: «Visto, si assegna al collega Signorino, che ha i precedenti» (in questo caso quelli relativi alla vicenda Impastato). La nota in questione ci pervenne il 12 maggio 1978 (come dimostra, in alto a sinistra, il bollo della procura della Repubblica di Palermo) e lo stesso giorno, presone atto attraverso la segreteria (che provvede ad informare subito il procuratore) o il collega stesso, dopo aver discusso un po’ con lui, gli assegnai l’indagine.

Inoltre, se si riteneva che si trattasse di una questione di una certa rilevanza, si aggiungeva anche la parola: «Conferire». Qualche volta poteva capitare che si ritenesse opportuno assegnare il caso ad altri colleghi. In quell’occasione, invece, siccome il dottor Signorino aveva iniziato le indagini e quindi aveva seguito tutta la vicenda Impastato, assegnai il caso immediatamente a lui, dopo aver concordato non so più che cosa. Evidentemente gliel’ho detto io di fare degli accertamenti.

Russo Spena Coordinatore. Volevamo appunto sapere come mai non fu aperto un fascicolo.

Martorana. Doveva farlo Signorino. Io mi limitavo ad annotare «si assegna» e «conferire». Questo significava che poi il dottor Signorino doveva riferirmi quali erano le sue idee e cosa intendeva fare.

Figurelli. Ricorda cosa disse il dottor Signorino?

Presidente. Questo è un punto importante.

Martorana. Non lo ricordo. Vi prego di credermi sul mio onore, era una situazione difficile, eravamo pochi magistrati e le pratiche che arrivavano...

Figurelli. Sì, però questa era una cosa...

Martorana. Sì, ma questo, rispetto alla vicenda grossa, era un aspetto...

Figurelli. Non era un aspetto secondario, era connesso al grosso della vicenda, perché se era una calunnia...

Martorana. Io mi attivai immediatamente. La lettera arrivò il giorno 12, chiamai subito il dottor Signorino e discussi con lui, dicendogli di informarmi su quello che faceva, perché seguivo tutto, guardavo tutto e vedevo tutto. Purtroppo molto spesso non potevo arrivare a controllare tutto, lo dico sinceramente, anche se ero impegnato la mattina, il pomeriggio, la sera e a volte anche la notte.

Per la magistratura inquirente, la denuncia del maggiore Subranni avrebbe potuto rappresentare un’ulteriore, diversa occasione per avviare accertamenti in una chiave diversa da quella scelta in via esclusiva dai carabinieri di Palermo.

Tutto invece si risolve con una cosiddetta archiviazione di fatto all’interno del fascicolo processuale relativo alla morte di Giuseppe Impastato. Non vi fu alcuna attività istruttoria, e la stessa decisione di non trattare la denuncia non ebbe neppure il vaglio di un giudice nell’ambito di un autonomo procedimento penale.

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