Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per circa un mese pubblichiamo ampi stralci del decreto di archiviazione dell’inchiesta “Sistemi criminali”, della Procura della Repubblica di Palermo, del 21 marzo 2001.


Dalle dichiarazioni di Nucera è emersa altresì una specifica conferma delle dichiarazioni di Filippo Barreca, ma anche di alcuni collaboranti palermitani (in parti colare di Gioacchino Pennino): al più alto e ristretto livello della gerarchia della ‘ndrangheta appartengono anche elementi della massoneria deviata e – ha aggiunto Nucera – anche dei “servizi deviati”.

Una commistione, che – sempre secondo le dichiarazioni di Nucera – sarebbe conseguenza di una iniziativa di Licio Gelli che, per controllare i vertici della ‘ndrangheta, aveva fatto in modo che ogni componente della “santa”, ovvero la struttura di vertice dell’organizzazione criminale, venisse inserito automaticamente nella massoneria deviata.

In ordine all’identificazione del “colletto bianco”, che aveva esposto il piano politico-criminale alla riunione di Polsi, Nucera ha precisato che egli parlava in italiano con cadenze meridionali ma con accento anche anglo-americano, aveva interessi in Jugoslavia e si chiamava Giuseppe o Giovanni Di Stefano.

Successivamente, nell’interrogatorio del 23 agosto 1996 al pm di Palermo ha aggiunto ulteriori particolari su tale personaggio che ne ha consentito l’identificazione nell’indagato Giovanni De Stefano:

Adr. Nei miei precedenti interrogatori ho riferito di una riunione che si svolse tra l’agosto e il settembre 1991 nel Santuario di Polsi nel comune di San Luca. Ho già parlato dell’oggetto di questa riunione nel corso della quale si parlò di un progetto politico da me esposto. Il colletto bianco che aveva una parlata italiana con accenti inglesi o americani si chiama Giovanni Di Stefano. È un italiano, amico di Milosevic, leader militare della Serbia. È un personaggio molto importante che gestisce il traffico di scorie radioattive e la fornitura di armi militari a paesi sottoposti ad embargo, principalmente la Libia.

Di Stefano disse che bisognava appoggiare il nuovo “partito degli uomini” che doveva sostituire la Dc in quanto questo ultimo partito non garantiva gli appoggi e le protezioni del passato. Alla predetta riunione erano presenti tutti i vari esponenti dei locali della “’ndrangheta”. Tra gli altri erano presenti Pasquale e Giovanni Tegano, Santo Araniti, uno dei Mazzaferro di Taurianova e uno dei Mazzaferro di Gioiosa Ionica, che abitava vi cino il cimitero, Marcello Pesce, uno dei Versace di Polistena, uno dei Versace di Africo, parente di un certo Giulio Versace, Antonino Molè, il cui cugino fa lo spazzino, due dei Piromalli, Antonino Mammoliti ed altri. Era presente, seppure defilato, Matacena junior “il pelato”, appartato con Antonino Mammoliti di Castellace.

Le dichiarazioni di Nucera appaiono certamente di grande portata, visto che dalla stessa emergono numerosi elementi che confermano il quadro probatorio finora illustrato. Ed in particolare:

  • L’esistenza di un comune progetto politico-criminale fra Cosa Nostra, altre organizzazioni di tipo mafioso (in particolare la ‘ndrangheta) e ambienti della massoneria deviata;
  • La collocazione temporale della nascita di tale progetto: il 1991;
  • Il contenuto criminale di tale progetto: una strategia del terrore attraverso l’eliminazione di alti esponenti delle istituzioni ed altri attentati con finalità destabilizzanti;
  • L’obiettivo politico di tale strategia del terrore: eliminare i vecchi referenti politici, dimostratisi “inaffidabili” per le organizzazioni mafiose, e propizia re le condizioni per la nascita di un nuovo “soggetto politico” che fosse di retta emanazione degli interessi mafiosi;
  • L’esistenza di interessi non solo nazionali, ma anche internazionali per la realizzazione di tale progetto.

La rilevanza delle dichiarazioni di Barreca e Nucera nel presente procedimento è evidente, avendo confermato Leonardo Messina e tutti gli altri collaboranti che hanno fatto rivelazioni sul piano eversivo-criminale in oggetto. In proposito, va segnalato che nelle dichiarazioni di Barreca si evidenzia specificamente l’obiettivo secessionista perseguito e in quelle di Nucera vi è un più generico riferimento ad un “nuovo soggetto politico” che avrebbe dovuto prendere il posto dei vecchi referenti per la tutela degli interessi illeciti non soltanto di Cosa Nostra, ma di quello che si è definito in premessa come il “sistema criminale”.

In ordine all’attendibilità di tali dichiarazioni, va evidenziato – in primo luogo – il riscontro costituito dalla convergenza reciproca e con quelle degli altri collaboranti finora presi in considerazione: il medesimo periodo storico di riferimento (fra il 1990 ed il 1991), il piano stragista-destabilizzante, il duplice obiettivo politico criminale di eliminazione dei vecchi referenti politici per sostituirli con un nuovo soggetto politico, il ruolo dell’alleanza fra Cosa Nostra e i clan calabresi [Ne aveva riferito Gioacchino Pennino, mentre Tullio Cannella aveva fatto riferimento ad una riunione svoltasi in Calabria, a Lamezia Terme, per coordinare le iniziative politico-secessioniste siciliane e calabresi, riunione alla quale ave vano partecipato vari soggetti legati alla criminalità mafiosa.].

Quanto all’attendibilità intrinseca, va innanzitutto considerato l’indiscutibile spessore mafioso dei soggetti indicati dai collaboranti come loro fonti di conoscenza. Nel caso, poi, di Nucera va considerata l’elevata attendibilità intrinseca, derivante dal fatto che egli non ha riferito esclusivamente cose apprese da altri, avendo personalmente partecipato alla riunione di Polsi del 1991. Numerosi sono, poi, i riscontri obiettivi alle dichiarazioni di Barreca e Nucera, nelle parti in cui è stato possibile svolgere una concreta attività di verifica.

Appaiono, in particolare, significative le acquisizioni relative agli indagati Paolo Romeo, Giovanni Di Stefano e Licio Gelli. Dagli accertamenti svolti dalla Dia è emerso che Paolo Romeo è stato esponente dell'estrema destra sin dagli anni ’70 (allorché militava in Avanguardia Nazionale), anello di congiunzione tra la mafia reggina e la politica, massone, ritenuto anche legato a settori dei Servizi Segreti.

Nel 1980 venne arrestato su mandato di cattura del G.I. di Catanzaro in quanto imputato di favoreggiamento in favore di Franco Freda. Romeo era accusato di averlo aiutato nel 1979 quando Freda, imputato della strage di Piazza Fontana, fuggì dal carcere di Catanzaro. Romeo, infatti, gli procurò diversi nascondigli, fra i quali la casa dello stesso collaboratore Barreca Filippo, ove il Freda venne accompagnato dal Romeo e rimase per circa quattro mesi [Il procedimento confluì poi in una più ampia istruttoria, definita con sentenza della Corte di Assise di Roma del 22/4/1980, che dichiarò il reato ascritto al Romeo estinto per prescrizione.].

Da altre risultanze, comprese le dichiarazioni del collaboratore di giustizia calabrese Giacomo Lauro, è emerso:

  • che il Romeo, nell’ambito della sanguinosa guerra di mafia tra i De Stefano Tegano-Libri e gli Imerti-Condello-Serraino, restò saldamente schierato con i De Stefano, occupando all'interno della cosca ruoli sempre di maggior rilievo, sino a diventarne il numero uno, dopo l'arresto del suo leader, l’avvocato Giorgio De Stefano;
  • che il suo ruolo era di offrire alle cosche calabresi, dalle quali riceveva forti appoggi elettorali, protezione politica e giudiziaria, favorendo anche mafiosi latitanti, grazie alle sue “entrature”;
  • che egli entrò in contatto con i clan mafiosi catanesi allorquando si trasferì da Reggio Calabria a Catania, ove allacciò rapporti con i Ferrera e Santapaola;
  • che la sua opera di intermediazione fu decisiva per la pacificazione tra gli schieramenti contrapposti dei clan calabresi;
  • che egli, proveniente dalle file dell’eversione nera (da studente militò in Avanguardia Nazionale, prendendo parte attiva all'insurrezione di Reggio Calabria), nel 1970 si fece promotore dell'incontro tra il golpista Junio Valerio Borghese ed il gruppo mafioso dei De Stefano, facendo in tale contesto da tramite per le richieste di appoggio ai progetti eversivi, avanzate dalla destra extraparlamentare e proprio da Junio Valerio Borghese alle organizzazioni mafiose [Secondo il collaboratore Lauro, “Più volte la ndrangheta fu richiesta di aiutare disegni eversivi portati avanti da ambienti della destra extraparlamentare tra cui Junio Valerio Borghese; il tramite di queste proposte era sempre l'avv. Paolo Romeo sostenuto da Carmelo Dominici, da Natale Iannò e Domenico Martino, che appartenevano al clan oppo sto a quello destefaniano, e cioè a quello dei tripodiani.......”.].

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