Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della relazione della Commissione parlamentare Antimafia della XVII Legislatura, presieduta da Rosy Bindi per capire di più il ruolo delle logge massoniche negli eventi più sanguinari della storia repubblicana


Con riferimento all’ulteriore questione delle associazioni “vincolanti”, sebbene non segrete, cioè che presentino caratteristiche tali da generare comunque vincoli di particolare cogenza nei confronti dei loro aderenti sì da potere interferire negativamente con lo svolgimento di un’attività a carattere pubblicistico, sembra possibile, anche alla luce delle indicazioni della Corte Edu riportate nell’ultima parte di questa relazione, individuare situazioni diversificate.

Preliminarmente, però, va segnalata la necessità che le auspicate norme chiariscano espressamente in cosa debbano consistere le situazioni di incompatibilità.

Innanzitutto, il nostro ordinamento, se consente, all’art. 98 della Cost., la possibilità di vietare a talune categorie di soggetti (i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti di polizia, i rappresentanti consolari all'estero) il diritto all'iscrizione ai partiti politici, che sono formazioni tutelate dalla stessa Costituzione, a fortiori può estendere tale divieto ai medesimi soggetti con riguardo ad associazioni che richiedano, per l'adesione, la prestazione di un giuramento o di una promessa con contenuto contrastante con i doveri di ufficio ovvero impongano vincoli di subordinazione gerarchica in opposizione con il loro dovere di assoluta fedeltà alle Istituzioni repubblicane.

A maggior ragione, può ben prevedersi per le categorie di altri soggetti che instaurano un legame di natura diversa con la Nazione (incaricati di cariche pubbliche e pubblici dipendenti) il mero dovere di comunicare, a pena di decadenza, la propria adesione a tali associazioni, e ciò in virtù dell’obbligo di trasparenza nei confronti della collettività che rappresentano o al cui servizio esercitano le proprie funzioni.

Disposizioni con tale portata sarebbero, anch’esse, conformi ai principi della Convenzione europea.

Per la parte inerente il divieto di appartenenza, infatti, è lo stesso art. 11, comma 2 della Convenzione Edu, a prevedere, conformemente al nostro art. 98 della Costituzione, che l'esercizio del diritto di riunione e di associazione può essere sottoposto a legittime restrizioni in relazione ai membri delle forze armate, della polizia o dell'amministrazione dello Stato.

Per la parte inerente il dovere di comunicazione della propria appartenenza a talune associazioni si è visto, alla luce dei criteri evidenziati nella decisione Siveri e Chiellini c. Italia, del 3 giugno 2008, che un tale onere, poiché finalizzato a perseguire interessi superiori, non viola la libertà di associarsi né la privacy e, riguardando certe categorie di associazioni, e non solo quelle massoniche, non potrebbe essere discriminatorio.

Come già si è accennato, però, in assenza dell’effettività della verifica da parte dell’ente pubblico di appartenenza del soggetto (al quale è imposto il divieto di partecipazione ad associazioni segrete e/o vincolanti o il dovere di comunicazione della partecipazione), le norme, sia quelle prima ipotizzate ma già quelle esistenti, si risolverebbero/risolvono in mere enunciazioni prive di efficacia.

Non si vuole di certo auspicare il ripristino delle disposizioni fasciste sopra riportate, seppure, non va dimenticato che, accanto a coloro che perseguivano evidenti volontà illiberali, insigni giuristi apprezzavano tali normative che, per l’eterogenesi dei fini tipica delle leggi, garantivano comunque un sistema di conoscenza e di trasparenza.

Né, all’opposto, il sistema può fondarsi sull’affidamento alle dichiarazioni/autocertificazioni dell’appartenente all’ente pubblico e dell’associazione privata eventualmente richiesta di fornire informazioni, non potendo permettersi che le verifiche sul rispetto dei principi costituzionali possano essere affidate ad un mero postulato di lealtà.

Una soluzione intermedia potrebbe essere individuata nell’introduzione, innanzitutto, del dovere dell’ente pubblico di effettuare periodicamente tali verifiche, a cui deve corrispondere un dovere specifico di risposta, veritiera e tempestiva, dell’associazione, prevedendosi, per quest’ultima, in caso di inadempimento o di mendacio, la possibilità di un controllo da parte delle prefetture e, quindi, l’eventuale avvio della procedura di scioglimento dell’associazione qualora se ne constatino i caratteri della segretezza.

Un’ulteriore riflessione merita la legge 17/1982 che, come evidenziato, non ha offerto uno strumento adeguato per perseguire il delitto previsto nel suo art. 2 nonostante si tratti di fattispecie associativa con rilevante disvalore sociale (volta a sanzionare associazioni segrete che, per di più, svolgono un’attività diretta a interferire sull'esercizio delle funzioni di organi costituzionali e di amministrazioni pubbliche).

Da un lato, infatti, la pena edittale prevista (fino a 5 anni per il caso di promotori dell’organizzazione criminale, e fino a due anni nei casi di partecipazione), dà luogo sia a termini di prescrizione tali da non consentire indagini approfondite (che si rivelano invece di particolare complessità, anche per la difficoltà intrinseche nell’individuazione di un’associazione che è segreta per definizione), sia ad un sistema investigativo privo di strumenti fondamentali, come quello delle intercettazioni.

Del resto, una tale tipologia di fenomeno merita quantomeno di essere trattata in maniera non parcellizzata, poiché una singola risultanza probatoria, se non letta congiuntamente a quanto avviene nell’ambito di un più vasto territorio, non potrà mai rilevarsi idonea a dimostrare significative interferenze sull'esercizio delle funzioni di organi costituzionali e di amministrazioni pubbliche. Sarebbe pertanto opportuno modernizzare la legge 17/1982 trattando la fattispecie associativa in essa contemplata al pari di altre associazioni per delinquere previste nel nostro ordinamento e inserendola tra i reati di competenza delle Procure distrettuali.

La conclusione di questo lavoro della Commissione parlamentare antimafia, merita alcune riflessioni finali.

È stato evidenziato dallo stesso mondo massonico come in Italia, e in particolar modo nelle regioni del centro-sud, sia presente un florilegio di numerose piccole obbedienze, con dichiarate finalità lecite, considerate alla stregua di massonerie irregolari o di logge spurie.149 Così come è stato segnalato che esistono canali di dialogo tra queste entità associative e la massoneria regolare.

L’insieme di queste dichiarazioni, dunque, proprio perché provenienti dall’interno del circuito massonico, e peraltro da chi lo rappresenta, acquistano particolare valenza in quanto pongono le premesse, unitamente ad altri elementi raccolti da questa Commissione, sulla necessità che il lavoro d’inchiesta avviato in questa Legislatura debba proseguire. Non potrà, infatti, essere trascurato l’approfondimento del mondo magmatico delle massonerie irregolari, del loro potenziale relazionale, dell’atteggiarsi delle mafie nei loro confronti.

Appare infine auspicabile che nella prossima legislatura il Parlamento valuti quanto prima, da un lato, come e quando inserire nel proprio programma dei lavori l’argomento oggetto della presente relazione, ai fini delle opportune modifiche alla legislazione vigente. Dall’altro, appare altresì utile una contestuale riflessione su come proseguire il lavoro di inchiesta della XVII legislatura, mediante un mandato da conferire alla prossima Commissione Antimafia, anche attraverso ulteriori coordinate della ricerca.

In seno al dibattito sono state avanzate proposte, infatti, che i tempi e le risorse disponibili non hanno consentito di mettere in atto in questa legislatura. Tra queste, rivestono particolare interesse: l’estensione dell’analisi del rischio di infiltrazione mafiosa nella massoneria anche alle restanti regioni d’Italia, senza limitarla solo a Sicilia e Calabria; l’estensione della verifica sulle situazioni giudiziarie non solo ai reati di cui all’articolo 51, comma 3 bis, c.p.p., di mafia in senso strettamente tecnico, ovvero alle misure di prevenzione del “codice antimafia” , ma anche ad una serie ulteriore di “reati spia”; l’estensione delle verifiche sui fattori di rischio derivanti dall’appartenenza alla massoneria o ad altre associazioni similari, in concreto, anche alla dimensione del fenomeno dell’iscrizione a logge massoniche da parte di politici, funzionari pubblici, appartenenti alle forze di polizia, militari, e categorie simili.

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