Nel settembre del 1992 Gelli aveva rilasciato una intervista al settimanale “L’Europeo”(10.9.1992) nel corso della quale aveva, fra l’altro, dichiarato: «È da un pezzo che ci sarebbero tutte le condizioni per un colpo di Stato onde eliminare la teppaglia che ci sta rapinando. […]In realtà, sa chi rappresenta l’unica speranza, in questo paese alla deriva? Bossi...»
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per circa un mese pubblichiamo ampi stralci del decreto di archiviazione dell’inchiesta “Sistemi criminali”, della Procura della Repubblica di Palermo, del 21 marzo 2001.
Riguardo alla posizione di Licio Gelli, va rammentato che già nell’informativa D.I.A. del 4 marzo 1994, cui si è fatto cenno in premessa, si segnalavano alcune sue “singolari” interviste rilasciate proprio nel periodo in cui divampava la strategia della tensione del 1992-93. Nel settembre del 1992 Gelli aveva rilasciato una intervista al settimanale “L’Europeo”(10.9.1992) nel corso della quale aveva, fra l’altro, dichiarato: “E’ da un pezzo che ci sarebbero tutte le condizioni per un colpo di Stato onde eliminare la teppaglia che ci sta rapinando. ……… In realtà, sa chi rappresenta l’unica speranza, in questo paese alla deriva? Bossi. Bossi che se davvero darà il via allo sciopero fiscale.. Eh bè: sarò il primo ad aggregarmi. D’altronde perchè dovrei pagar le tasse ?....”
Su Paese Sera del 3 agosto 1993, in un’intervista intitolata “Prevedo una rivoluzione”, Gelli individuava negli attentati dell’estate di quell’anno come la logica conseguenza dello stato di esasperazione in cui versava la popolazione oppressa da una classe politica corrotta e da un governo iniquo, responsabile di ingiustizie fiscali e della crescente disoccupazione.
Secondo Gelli, infatti, si sarebbe trattato dei primi segnali di una ribellione montante provocata dal desiderio di accelerare il pro cesso di ricambio della classe politica ed ogni ulteriore ritardo, unitamente al progressivo aumento dei disoccupati, sarebbe stato suscettibile di far degenerare l'insofferenza della popolazione in una autentica rivoluzione.
Si noti che nei suoi interventi pubblici e nelle sue interviste Gelli esprime concetti quali “l’esasperazione in cui versa la popolazione oppressa” e indica come via d’uscita quella di “accelerare il ricambio della classe politica corrotta e iniqua...”, argomenti che riecheggiano quelli formulati da Riina nell’esporre, nel settembre del 1992, il piano eversivo e che così vengono riferiti dal collaboratore Avola: “il popolo esasperato sarebbe stato propenso ad appoggiare gli uomini che sarebbero scesi tempestivamente in campo, sbandierando a parole un programma di rinnovamento....”.
E sempre nella citata informativa D.I.A. del 4 marzo 1994 si coglievano certe “assonanze” fra la situazione verificatasi nel 1993 con altre situazioni degli anni passati: “sembra riproporsi un 'clichè' ben noto al Gran Maestro, già pianificato e posto in essere negli anni'70, quando, mediante i suoi contatti massonici - che gli consenti vano di poter essere presente all'interno dei Servizi Segreti, dell'Arma dei Carabinieri e dei principali organismi pubblici, nonchè in ambienti del 'sistema criminale', supportato da personaggi come l'Avv. Filippo De Iorio, i fratelli Alfredo e Fabio De Felice, Paolo Signorelli, Stefano Delle Chiaie e tanti altri, massoni e non, gravitanti di massima nell'area della destra eversiva - aveva ordito un organico piano di assalto alle Istituzioni democratiche, finalizzato comunque, al di là dell'apparente risultato politico, all'accrescimento del suo già notevole potere personale.”
E venivano pertanto richiamate, fra l’altro, le dichiarazioni degli estremisti di destra Aleandri Paolo e Calore Sergio, rese negli anni '80 innanzi a varie Autorità Giudiziarie ed alla Commissione Parlamentare sulla Loggia Massonica P2, relative ai progetti di golpe nei quali Gelli aveva già tentato di realizzare trasformazioni istituzionali nel paese in senso spiccatamente conservatore, anche avvalendosi della convergenza di interessi con altri ambienti, come quello della destra estrema, al fine ultimo di accrescere il proprio potere di ricatto e di controllo nei confronti di ambienti politico-economici coinvolti nel tentativo eversivo ovvero intimoriti da esso.
Sono stati inoltre acquisiti atti che confermano l’esistenza di rapporti, risalenti nel tempo, fra Licio Gelli e vari ambienti della criminalità organizzata.
Con riferimento a Cosa Nostra, un collaboratore “storico” come Marino Mannoia ha riferito di aver saputo da Stefano Bontate e da altri uomini d'onore della sua famiglia che uomini di spicco dello schieramento corleonese (in particolare Pippo Calò, Riina Salvatore e Madonia Francesco) si avvalevano di Licio Gelli per i loro investimenti a Roma.
Secondo Mannoia, Gelli era il "banchiere" di questo gruppo, così come Sindona lo era stato per quello di Bontate Stefano e di Inzerillo Salvatore.
L’esistenza di un rapporto fra Gelli e i corleonesi è stato sostanzialmente con fermato dalla ben più ampia ricostruzione fornita da Gioacchino Pennino, il quale ha riferito dei pregressi rapporti tra Gelli e Bontate e dalla frattura che si determinò nel 1979 quando Gelli non appoggiò il progetto di golpe separatista caldeggiato da Bontate, per l’organizzazione del quale Michele Sindona fece il noto viaggio in Sicilia in occasione della simulazione del suo rapimento [La circostanza è stata confermata anche da Angelo Siino che partecipò ad un pranzo con Licio Gelli in Sicilia nel corso del quale Gelli espresse tali opinioni contrarie al progetto di Sindona (cfr. deposizione di Siino al processo Andreotti in data 17/12/1997)].
Secondo Pennino, Gelli ebbe invece un ruolo nella riorganizzazione del progetto di ristrutturazione dei rapporti fra mafia e massoneria organizzato dai corleonesi (in particolare da Bernardo Provenzano) con la costituzione del Terzo Oriente, e cioè un’organizzazione massonica ancora più “coperta” nata per “riciclare” l’esperienza della P2 dopo la scoperta degli elenchi a Castiglion Fibocchi e dopo la morte di Bontate, fatti che - come è noto - si collocano a poco più di un mese di distanza tra loro (17/3/1981 e 23/4/1981 [In argomento cfr., in atti, la relazione di consulenza tecnica della dott.ssa Amendola, anche per una ricognizione de gli atti delle varie Commissioni parlamentari d’inchiesta che si sono occupate di Licio Gelli e dei suoi rapporti con ambienti siciliani e della criminalità organizzata.]).
Sono inoltre accertati rapporti (telefonate, incontri a Roma e ad Arezzo, appuntamenti annotati nell’agenda di Gelli e utenze telefoniche annotate nella sua rubrica personale) di Licio Gelli con Luigi Capuano, gioielliere romano strettamente legato fin dagli anni ’70 alla criminalità organizzata napoletana (Michele Zaza), romana (“Banda della Magliana”) e ad esponenti di spicco di Cosa Nostra, ed in particolare ad Alfredo Bono, uomo d’onore della famiglia di S. Giuseppe Jato e grosso trafficante di stupefacenti.
Peraltro, dalle indagini della D.I.A. risultano anche compresenze alberghiere di Licio Gelli ed Alfredo Bono presso l’hotel Ambasciatori (residenza abituale romana di Licio Gelli) nell’estate ’91.
Conferme, ancora, dei rapporti di Licio Gelli con la criminalità organizzata legata a Cosa Nostra ed in particolare a Pippo Calò, sono emerse anche dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori provenienti dalla “Banda della Magliana” (cfr. in particolare le dichiarazioni di Antonio Mancini). In ordine, poi, ai rapporti di Gelli con ambienti della criminalità organizzata pugliese, ed in particolare della Sacra Corona Unita, si rinvia alle dichiarazioni di Marino Pulito e ai riscontri acquisiti in quell’ambito (cfr. parte I cap. 5 § 2).
Non meno cospicua è la mole degli elementi relativi ai rapporti di Gelli con la criminalità organizzata calabrese, in particolare contenuti nelle dichiarazioni rese dal teste Bruno Villone al P.M. di Catanzaro nell’ambito di un’indagine sulle logge massoniche locali, dalle quali sono emersi altresì elementi di prova circa i rapporti fra Licio Gelli e Stefano Delle Chiaie. Il Villone, vigile urbano presso il comune di Vibo Valentia, ha infatti riferito di avere personalmente notato, dall’agosto del 1989 in poi, il Gelli recarsi di frequente a Vibo Valentia, assieme al Delle Chiaie (ed il Gelli, in particolare, frequentare fino al 1993 la sede di una loggia massonica locale). Ed in effetti, le indagini successivamente espletate hanno confermato la frequentazione di Delle Chiaie di un’emittente televisiva locale avente sede a Vibo Valentia. Va, poi, segnalato che dei rapporti di Licio Gelli con la criminalità organizzata calabrese ed in particolare con il piduista Carmelo Cortese ha riferito Massimo Pizza (cfr. supra § 2). E di tali rapporti vi è riscontro nelle annotazioni dei numeri telefonici del Cortese rinvenuti nelle agende sequestrate a Licio Gelli, acquisite agli atti in copia. […]
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