Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci delle motivazioni della sentenza di secondo grado del processo sulla trattativa stato-mafia.


Nell’ambito della ricostruzione dell’antefatto e per leggerne il suo significato più autentico potrebbe acquisire rilevanza la conoscenza di certe interlocuzioni dirette di Silvio Berlusconi con esponenti mafiosi.

La sentenza di primo grado, pur non affrontando direttamente questa tematica, ha riservato particolare attenzione alle intercettazioni che hanno interessato Graviano Giuseppe nel corso della sua detenzione dalle quali vanno enucleati alcuni dati di interesse, sia pure al netto di alcuni tentativi dello stesso Graviano di approfittare di eventuali ascolti indesiderati per proclamare insinceramente la sua estraneità a fatti delittuosi, nella ragionevole consapevolezza del servizio di captazione che poteva essere in atto.

Più esattamente, nel capitolo 4.3 “Conclusioni sulle risultanze delle intercettazioni dei colloqui di Giuseppe Graviano”, sono state rassegnate le seguenti riflessioni evincibili da tali intercettazioni:

- la centralità del tema carcerario (41 bis e ergastolo) nei pensieri dei mafiosi a partire dal 1992 cui ripetutamente si è riferito il Graviano in molte delle conversazioni intercettate sopra riportate e ciò a conferma delle risultanze esposte nella Parte Terza della sentenza, Capitolo 12;

- l'attribuzione ai Ministri Scotti e Martelli dell‘azione di contrasto alla mafia più rigorosa e del regime del4I bis, poi attenuati dopo la sostituzione dei detti Ministri (v. soprattutto conversazioni intercettate il 22 luglio ed il 22 novembre 2016 sopra riportate) e ciò a conferma delle risultanze esposte nella parte Terza della sentenza, Capitolo 3;

- il collegamento tra la questione carceraria e le stragi del 1993 (v. soprattutto conversazioni intercettate il 22gennaio 2016 e il 17 settembre 2016 sopra riportare,) e ciò a conferma delle risultanze esposte nella Parte Terza della sentenza, Capitoli 15 e 23;

- i ritenuti effetti positivi (per i mafiosi) delle dette stragi ai fini del miglioramento delle condizioni carcerarie e della attenuazione del regime del 41 bis (v. ancora conversazione intercettata il 22 gennaio 2016) e ciò anche a conferma delle risultanze esposte nella Parte Terza della sentenza, Capitoli 14 e 15;

- il più diretto collegamento tra gli attentati del 27-28 luglio 1993 e (provvedimenti di revoca del regime del 41 bis adottati dal Governo nello stesso anno (v. ancora conversazione intercettata il 17 settembre 2016) e ciò ancora a conferma delle risultanze esposte nella Parte Terza della sentenza, Capitoli 14, 15 e 23;

- l’appartenenza del Graviano (stretto alleato di Riina) al fronte opposto dell‘organizzazione mafiosa rispetto a quello facente capo a Bernardo Provenzano ed il giudizio negativo del primo sul secondo perché incline a rapporti con le Forze dell‘Ordine (v. conversazione intercettata il 12 dicembre 2016) e ciò a conferma delle risultanze esposte nella Parte Terza della sentenza, Capitolo 14;

- il “pentimento “per la decisione di far confluire il movimento autonomista Sicilia Libera in Forza Italia (v. conversazione intercettata il 22 gennaio 2016 sopra riportata) e ciò a conferma delle risultanze esposte nella Parte Quarta della sentenza, Capitolo 4;

- la contrarietà di Graviano alla cessazione della strategia stragista dopo il suo arresto, perché quella strategia stava producendo frutti positivi per l’organizzazione mafiosa (v. conversazione intercettata il 12 dicembre 2016) e ciò a conferma sia ancora delle risultanze esposte nella Fai-te Quarta della sentenza, Capitolo 4, sia, indirettamente, delle propalazioni di Gaspare Spatuzza riportate nella medesima Parte Quarta della sentenza, Capitolo 2, paragrafo 2.8, poi ulteriormente confermate anche dalla intercettazione del 10 aprile 2016 nella parte in cui si fa cenno ad incontri dei Graviano con Marcello Dell'Uitri;

- l‘attesa riposta anche da Graviano sui provvedimenti favorevoli per gli associati mafiosi che il Governo Berlusconi avrebbe adottato e la convinzione che Berlusconi non aveva poi potuto adottare quei provvedimenti per l’opposizione delle altre forze della coalizione di Governo (v. conversazione intercettata il 19 gennaio 2016) e ciò a conferma delle risultanze esposte nella Parte Quarta della sentenza, Capitolo 4, paragrafo 4.4, anche con riferimento anche all‘analoga convinzione di Leoluca Bagarella ed all’attesa per l’abolizione dell‘ergastolo effettivamente oggetto sia delle richieste di “cosa nostra” sia di iniziative di esponenti di Forza Italia;

- la conseguente delusione per la mancata totale abolizione del regime del 41 bis e della pena dell‘ergastolo da parte del Governo guidato da Berlusconi (v. ancora conversazione intercettata il 19 gennaio 2016) che indirettamente conferma quali fossero le richieste all‘epoca avanzate da “cosa nostra;

- il conseguente risentimento nei confronti di Berlusconi, per non avere questi mantenuto i patti, espresso tra la speranza di potere ancora ottenere qualche beneficio e più o meno esplicite minacce di riferire, direttamente o indirettamente, i rapporti con lui avuti prima di essere arrestato nel gennaio 1994 (v. conversazione intercettata il 14 marzo 2016 sopra riportata) che conferma l’esistenza delle assicurazioni che Berlusconi e Dell‘Utri avevano dato a Graviano quando nel gennaio 1994 questi ebbe a manifestare particolare felicità a Spatuzza perché così si sarebbero “messi il Paese nelle mani”;

- l‘effettiva presenza di Bernardo Provenzano a Mezzojiuso in occasione dell‘incontro con Litigi Ilardo (v. conversazione intercettata il 12 dicembre 2016) ad ulteriore conferma delle risultanze sul punto esposte nella Parte Terza della sentenza, Capitolo 35.

Le aspettative di Cosa Nostra

Tra questi dati, quello che può assumere maggior rilievo ai fini di interesse attiene alle aspettative che Cosa Nostra nutriva per gli interventi normativi del nuovo Governo accompagnati dalla delusione per l’omessa adozione di simili provvedimenti da ascrivere tendenzialmente alle difficoltà politiche non imputabili allo stesso Berlusconi ma tali da aver potuto meritare, sempre secondo il feroce pensiero di Graviano, perfino la ripresa della strategia stragista (fortunatamente non attuata).

Orbene, a prescindere da questa peculiare rilettura dei fatti offerta da Giuseppe Graviano durante la sua detenzione, l’argomento che è stato ripreso in particolare in questo giudizio di appello attiene alla possibilità che vi siano stati dei contatti di Silvio Berlusconi con Graviano, evidentemente prima dell’arresto di costui.

In particolare Giovanni Brusca, a seguito del deposito della motivazione della sentenza di primo grado, ha inteso offrire un nuovo contributo “chiarificatore ed integrativo” sulla tematica riferendo, in occasione dell’interrogatorio reso in data 16.10.2008, il cui verbale è stato acquisito con l’accordo delle parti, di aver appreso che Graviano aveva visto al polso di Berlusconi un orologio del valore di 500 milioni di lire commentando questo fatto con Messina Denaro Matteo.

Brusca ha chiesto di essere sentito dopo aver letto la sentenza “trattativa Stato — mafia” rendendosi conto di non aver detto durante il dibattimento di un episodio che allora non aveva ritenuto rilevante ossia che, in occasione di un incontro avvenuto a Dattilo (nella provincia di Trapani) nella seconda metà del 1995 con Matteo Messina Denaro, Vincenzo Sinacori e Nicola Di Trapani, aveva appreso da Messina Denaro, a conclusione di questa riunione - che atteneva ad alcune “diatribe” (cosi definite) che in passato lo stesso Brusca aveva avuto con Leoluca Bagarella in relazione alle stragi - che Giuseppe Graviano aveva in passato riferito allo stesso Messina Denaro di aver visto al polso di Berlusconi un orologio assai costoso del valore appunto di 500 milioni di lire.

Precisato che lo stesso Brusca ha chiarito che Berlusconi non aveva nulla a che spartire con l’oggetto di quel summit mafioso, tanto più che di questo orologio ne parlarono dopo la riunione ed allorché l’interlocuzione verteva su beni di lusso ed orologi (tematica alla quale lo stesso Brusca è particolarmente appassionato), v’è da aggiungere che, per quanto risulta, Matteo Messina Denaro non ha riferito di aver partecipato a questa occasione nella quale Graviano vide l’orologio ma di aver più semplicemente raccolto le confidenze dello stesso Giuseppe Graviano su questo particolare così appariscente per il valore di quel bene di lusso.

Dunque, una deposizione doppiamente de relato, per quanto Graviano ha riferito a Messina Denaro e per quanto questi ha poi a sua volta riferito a Brusca, in riferimento alla quale, al di là di queste peraltro stringate e tardive reminiscenze del Brusca (persino indotte dalla lettura della motivazione della sentenza di primo grado), non si dispone di argomenti più solidi per poter affermare che Berlusconi abbia effettivamente incontrato Giuseppe Graviano restando ancor più impregiudicata la questione dell’epoca e del contesto di tale eventuale incontro. Lo stesso collaboratore Brusca, infatti, non ha potuto collocare questo fatto nel tempo e nello spazio, insistendo di aver ricevuto, a margine della riunione a Dattilo, soltanto un fugace commento sul valore di quell’orologio.

Pur a voler escludere, come invece sostenuto in particolare dalla difesa di Dell'Utri, che il commento riguardasse un orologio indossato da Berlusconi in una sua apparizione televisiva o in una fotografia pubblicata dai giornali che ritraeva questo noto imprenditore, neppure Brusca ha saputo nulla di più in merito all‘occasione di questo avvistamento. Stando così le cose, in base agli elementi disponibili, non si può neppure escludere che Graviano abbia conservato ricordo di siffatto particolare dell’orologio per aver incrociato Berlusconi in una qualche occasione, magari assai risalente nel tempo, che non implicava neppure la consapevolezza da parte di Silvio Berlusconi del profilo criminale dello stesso Graviano o del suo stato di latitanza (sempre se l’incontro, qualora davvero avvenuto, vada collocato quando Giuseppe Graviano era latitante); tanto meno può ritenersi che l’incontro possa avere avuto una qualche attinenza con le elezioni del 1994 o comunque con i fatti di diretto interesse processuale.

La testimonianza di Spatuzza

In effetti va aggiunto che Vincenzo Sinacori, altro collaboratore di giustizia all’epoca latitante ed indicato da Brusca come anche lui presente a Dattilo, se nel verbale di interrogatorio dell’11.04.2019 (anche questo acquisito al fascicolo processuale) ha confermato che dopo l’arresto di Bagarella venne effettivamente organizzato un incontro con Brusca, non proprio a Dattilo ma nelle campagne limitrofe comunque sempre di quella zona di Trapani, un incontro al quale parteciparono lo stesso Sinacori, Matteo Messina Denaro, Di Trapani Vincenzo ed appunto Brusca, non ha ricordato nulla circa una possibile discussione che abbia riguardato, su iniziativa di Messina Denaro o anche di qualcuno degli altri presenti in quell’occasione, la questione dell’orologio di 500 milioni visto da Giuseppe Graviano al polso di Berlusconi.

Malgrado non possa essere letta come una smentita alle propalazioni del Brusca, potendosi immaginare che Vincenzo Sinacori non abbia semplicemente conservato ricordo o non abbia neppure partecipato con interesse a questa parte della discussione che, sempre a dire del Brusca, si è sviluppata a margine della riunione e per una faccenda effimera quale quella dell’orologio, certamente ci si trova al cospetto di una mancata conferma delle dichiarazioni del Brusca che pesa in senso negativo sulla ricostruzione complessiva di questa vicenda.

Rimane, allora, soltanto quella indicazione de relato (anzi come visto doppiamente de relato) di Brusca che non consente di comprendere neppure se la visione dell’orologio, nei termini appresi prima da Matteo Messina Denaro e poi dallo stesso Giovanni Brusca, sia avvenuta da parte di Giuseppe Graviano in occasione di quei contatti con esponenti politici di cui ha parlato in particolare Gaspare Spatuzza.

Come più sopra ricordato questo collaboratore di giustizia ha riferito, tra l’altro, di quella sua trasferta a Roma, a gennaio 1994, in occasione della qua[e ebbe ad incontrare Giuseppe Graviano presso il Bar Doney ricevendo dallo stesso ampie e perfino entusiastiche rassicurazioni circa la prospettiva di ottenere benefici normativi perché erano intervenute interlocuzioni con “persone serie”, subito indicate in Silvio Berlusconi e nel “compaesano” Dell'Utri che aveva fatto da intermediario, e che, quindi, si erano “messi il Paese nelle mani”.

Chiarito che Spatuzza non ha visto con chi Graviano si fosse incontrato, tanto più che lo stesso si è limitato a prelevare questo soggetto da quel bar ricevendo i commenti (per quanto entusiastici) di costui, si può ottenere una parziale conferma, per di più di carattere deduttivo, per ritenere che in quell’occasione con Graviano sia stato presente Dell'Utri (il “compaesano” che faceva da intermediario) tanto che proprio costui, nello stesso periodo in cui Spatuzza ha collocato l’episodio, aveva alloggiato in un albergo, l’Hotel Majetic, ubicato nei pressi del citato bar Doney in via Veneto. Al riguardo si può fare rinvio all’attività di ricerca dei riscontri rispetto alle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza sulla quale hanno riferito, all’udienza del 22 ottobre 2015, i testi Sandro Micheli e Massimo Cappottella. Quest’ultimo, già luogotenente in servizio presso il Centro Operativo Diadi Firenze dal 1993, ha riferito di aver partecipato, sin dal mese di febbraio 1994, alle indagini sulle stragi ([...]) concluse in una prima fase col processo di Firenze e, successivamente, riprese nel 2009 a seguito, appunto, della collaborazione di Spatuzza.

Ebbene il teste ha riferito che il suo Ufficio era stato incaricato di ricercare i riscontri alle dichiarazioni di Spatuzza, riscontri, peraltro, in parte già acquisiti dal Centro Operativo di Roma ([...]), ad iniziare dal primo accertamento concernente la presenza di Spatuzza in Roma nel gennaio 1994. Sempre il teste Cappottella ha riferito che un prima conferma si trovò analizzando i tabulati telefonici del cellulare in uso a Spatuzza (“[...]”), che aveva consentito di rilevare, in particolare, alcune telefonate fatte in Roma dal 18 gennaio 1994 (“[...]”).

Il teste ha aggiunto che, nel contempo, era stata verificata la presenza nel medesimo periodo di Giacalone Luigi (“Giacalone Luigi era una delle persone che hanno partecipato all’attentato dell’Olimpico sostanzialmente. È stato condannato poi per tutte le stragi, Firenze, Roma e Milano, Formello, Olimpico, ed era una persona che abitava a Palermo e che ha concorso in queste... Nella preparazione di quell’attentato. E c‘è la sua presenza nello stesso periodo in cui c’è Spatuzza, quindi abbiamo anche lì esaminato il tabulato del suo cellulare. che avevamo già acquisito durante le indagini del primo procedimento sulle stragi sostanzialmente. Abbiamo individuato all’epoca tutti i cellulari che avevano in mano gli indagati, esaminati per bene e individuati tutti i loro spostamenti. In questa fase li abbiamo ripresi e ricollocati per riscontrare quello che diceva Spatuzza Il cellulare di Giacalone è su Roma dal 17 al 24gennaio.... ++++++++, ed era un cellulare intestato non a lui direttamente, ma alla ditta di Giacalone, la Auto O e O di Giacalone, che era... Lui era un rivenditore di auto usate sostanzialmente”) ed erano state individuate le abitazioni utilizzate come basi logistiche indicate dai collaboranti (“Si, questa è sempre stata materia del primo processo, cioè, in cui furono individuate tutte le abitazioni che le persone che collocarono diciamo gli esplosivi avevano utilizzato, sia tramite l’analisi telefonica, sia tramite assunzione di informazioni di testimoni, cioè riuscimmo ad individuare tutti quanti le abitazioni e anche, diciamo, gli spostamenti. E in sostanza, diciamo, si trattava di abitazioni che erano site a Roma, […]”), nonché la data di scarcerazione di Pietro Romeo avvenuta l'1 febbraio 1994 (“Allora, la scarcerazione è avvenuta il 1 febbraio 94 ...Arrestato nel 92, però non mi ricordo adesso la data precisa.[...] Perché Spatuzza disse che quando rientrò a Palermo dopo il fallito attentato dell’Olimpico, si incontrò con Romeo che era stato scarcerato da poco”).

Il verbalizzante ha inoltre riferito che è stato, anche, riscontrato che in data 18 gennaio 1994 erano stati uccisi due Carabinieri a Scilla in Calabria (“[...]”) e che erano stati svolti, poi, accertamenti riguardo alla presenza in Roma, in quel periodo, di Marcello Dell'Utri, verificandone la registrazione in albergo in data 18 gennaio 1994 (“Si, sono stati svolti anche da noi quegli accertamenti Abbiamo... Ci fu delegato di verificare se appunto in quel periodo c’era anche la presenza di Marcello Dell'Utri a Roma, ragion per cui diciamo noi ci attivammo per verifcare dove fosse alloggiato e quindi in quest’ottica attingemmo al centro elaborazioni dati dapprima, diciamo, come primo accertamento al Ced della Polizia di Stato che detiene tutte le registrazioni degli alberghi diciamo, dove passano tutte le persone alloggiate e quindi vengono segnalate alla Questura che li inserisce. E il Ced ci rispose, diciamo, ci inviò dei tabulati da cui risultava che Marcello Dell'Utri era presente a Roma il 18 gennaio 94 all'hotel Majestic che si trova in Via Veneto 50”) e ricostruendo anche il motivo ditale presenza collegata alla nascita di Forza Italia (“[...]”).

Per quanto siano individuabili, anche sulla scorta di tali accertamenti, dei margini per assumere che Dell'Utri abbia fatto da intermediario con Graviano, va aggiunto che neppure la sentenza di primo grado ha avuto modo di affermare che Berlusconi, che in data 26 gennaio 1994 ufficializzò la sua “discesa in campo”, abbia avuto occasione di incontrare Giuseppe Graviano per di più pochi giorni prima della cattura di questo latitante (intervenuta a Milano il 27.01.1994, unitamente al fratello Filippo) e pressocché contestualmente al fallito attentato dinamitardo allo Stadio Olimpico di Roma, progettato per il 23.01.1994 in occasione della partita di calcio Roma-Udinese, nonché qualche giorno dopo l’uccisione, in Calabria, il 18.01.1994, dei Carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo in un agguato consumato con colpi da arma da fuoco.

Pertanto il tardivo contributo dichiarativo del Brusca, con tutti i suoi limiti e l’assenza di riscontri (anzi con il riscontro negativo desumibile da quanto detto da Sinacori sulla vicenda dell’orologio), non aiuta a superare questo passaggio probatorio circa l’incontro di Berlusconi con Giuseppe Graviano in vista delle consultazioni elettorali del 1994.

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