Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie pubblicherà ampi stralci della relazione della Commissione parlamentare Antimafia della XVII Legislatura, presieduta da Rosy Bindi per capire di più il ruolo delle logge massoniche negli eventi più sanguinari della storia repubblicana


In altri termini, l'organizzazione delle obbedienze massoniche si presenta al proprio interno sostanzialmente segreta, senza che tale caratteristica possa essere attribuita esclusivamente a "logge deviate"; per converso, all'esterno esse si appalesano in modo "ufficiale" o "regolare" (pur non esistendo alcun parametro legale per definirsi tali), promuovendo, anche attraverso forme associative collaterali, l'instaurarsi di reti di relazioni ad alti livelli sociali.

Tali relazioni sociali sono frutto della presenza prevalente nelle logge di soggetti dotati di profili professionali elevati (anche solo in relazione al contesto in cui operano), derivanti dalle funzioni esercitate (dipendenti pubblici) e dalle professioni svolte (medici, avvocati, ingegneri, ecc.).

Esse rappresentano un fattore di attrattività per le organizzazioni criminali che vogliano avervi ingresso per stabilire proficui rapporti, che sono agevolati dalla loro segretezza, dalla gerarchia interna e dal rifiuto di ogni ingerenza dell'autorità pubblica negli affari domestici. Questi caratteri, complessivamente considerati, richiamano peraltro quelli propri delle organizzazioni criminali mafiose, fermo restando la diversità dei fini, leciti e nobili in un caso, illeciti e ignobili nell'altro. Questa permeabilità e la conseguente esposizione al rischio di infiltrazione è un fattore di debolezza avvertito dagli stessi massoni più avveduti.

Del resto, il problema del consenso, che è il vero cuore della lotta alle mafie, esiste in tutte le organizzazioni sociali, e la “politicità” delle organizzazioni criminali, attraverso le relazioni e il consenso che esse sono in grado di generare, si manifesta, inevitabilmente, anche, all’interno delle associazioni a carattere massonico. Il segreto dell’organizzazione lo rende quasi invisibile all’esterno, ma è sembrato che la percezione all’interno del problema sia ben esistente, sebbene sia preferibile non farla trapelare.

Ma ciò che rileva per la Commissione non è tanto la prospettiva interna dell'associazione, che si assume lecita fino a prova contraria, quanto i fattori di rischio per la collettività derivanti dall'accertata presenza di soggetti massoni che esercitano funzioni pubbliche, perché ricoprono cariche pubbliche, incarichi pubblici o perché concorrono alla gestione di risorse pubbliche. Anche inconsapevolmente, essi rischiano di essere veicolo di tentativi di infiltrazione criminale, agevolati dalle ricordate caratteristiche di segretezza, gerarchia, esclusività e perpetuità del vincolo massonico.

La Commissione ha dunque svolto i propri compiti istituzionali mediante un’analisi degli indicatori del fenomeno nel suo complesso, e non ha inteso concentrare l'attenzione sulle posizioni di singoli individui. Resta salva, naturalmente, la collaborazione in ordine all’accertamento di reati con la magistratura, che in alcuni casi ha fatto richiesta, per fini di indagine, di consultare o aver copia degli elenchi degli iscritti. A tale richiesta naturalmente si corrisponderà, e in spirito di leale collaborazione istituzionale, la quale è tanto più efficace allorquando la politica rivendica non solo l'autonomia delle proprie scelte generali, ma anche il suo legittimo esercizio in concreto, senza interferire con le prerogative di altri poteri dello Stato.

Peraltro, appare da superare la situazione che si è creata da un lato attraverso la discutibile attuazione (di fatto, inapplicazione) dell'articolo 18 della Costituzione, in ordine al divieto delle associazioni segrete, da parte della legge 25 gennaio 1982, n. 17 e in ragione del peculiare momento storico che portò all'adozione di una "legge-provvedimento", limitativa della portata generale del divieto costituzionale; dall'altra, attraverso l'introduzione della disciplina in materia di protezione dei dati personali che ha sostanzialmente rafforzato la dimensione privata dell'agire dei componenti di tali organizzazioni. E infatti la privacy è stata inopinatamente opposta persino alla Commissione parlamentare di inchiesta, al pari di chiunque altro, prefigurando responsabilità giuridiche in capo a chi può sicuramente riportare la notizia - pubblica - di una condanna per mafia, ma non può riferire al riguardo che è stata pronunciata a carico di un soggetto iscritto alla massoneria, perché questo va considerato un "dato sensibile", in base alla disciplina della privacy.

Tale rafforzamento dei profili di riservatezza si pone peraltro a fronte dell'indebolimento, se non della abolizione di doveri di trasparenza, quanto meno in determinate situazioni, come quella degli iscritti che siano al contempo dipendenti pubblici (ad esclusione dei magistrati, per i quali già esiste un divieto, introdotto all'epoca dello scandalo P2), come ad esempio militari o membri delle forze di polizia.

Tali doveri sono stati riaffermati in via giurisprudenziale dal Consiglio di Stato, ma permane l'esigenza di una disciplina compiuta della materia a livello legislativo, anche per sgomberare il campo da mistificazioni legate a pronunce giurisdizionali in sede europea, che non hanno mai legittimato tali commistioni, quanto piuttosto censurato, sotto il profilo della conoscibilità della norma, l'assenza di disposizioni di legge in materia.

Le proposte della Commissione sono pertanto di natura legislativa, e sono di seguito illustrate.

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