Nel corso delle indagini relative all’omicidio dello studente missino Sergio Ramelli, omicidio commesso dal Servizio d’ordine di Avanguardia Operaia, venivano casualmente rinvenuti in un abbaino di viale Bligny 42 un baule e alcune borse e valige contenenti una cospicua documentazione, costituita da migliaia di reperti cartacei e da migliaia di fotografie o diapositive, parte del patrimonio informativo della commissione di contro-informazione e vigilanza di Avanguardia Operaia ed era da tempo inutilizzata e abbandonata
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per circa un mese pubblichiamo ampi stralci dell’ordinanza del 18 marzo 1995, “Azzi+25” di Guido Salvini, il giudice che a Milano provò, a più di vent’anni di distanza dai fatti avvenuti, a far condannare responsabili e complici di una stagione di sangue
Nel corso delle indagini relative all’omicidio dello studente missino Sergio Ramelli, omicidio commesso dal Servizio d’ordine di Avanguardia Operaia, venivano casualmente rinvenuti, il 30.12.1985, in un abbaino di Viale Bligny 42 frequentato negli anni precedenti da esponenti appunto del servizio d’ordine e della commissione di contro-informazione un baule e alcune borse e valige contenenti una cospicua documentazione.
Tale documentazione, costituita da migliaia di reperti cartacei e da migliaia di fotografie o diapositive (vedi verbale di sequestro della Digos di Milano in data 30.12.1985 in Atti Procura, vol.1, fasc.9), era parte del patrimonio informativo della commissione di contro-informazione e vigilanza di Avanguardia Operaia ed era da tempo inutilizzata e abbandonata.
Si trattava comunque di parte di tale patrimonio in quanto numerosi raccoglitori contenenti in origine i documenti più importanti e delicati venivano trovati vuoti e con apposto in molti casi, in chiaro o in codice, solo il nome dell’argomento trattato.
L’analisi dei reperti consentiva di appurare che le schede, gli appunti e i documenti avevano come momento di partenza il 1970 circa, mentre gli ultimi documenti risalivano al 1980, dopodiché il lavoro di controinformazione si è evidentemente interrotto o era proseguito in altre forme.
Come già ampiamente esposto nell’ordinanza di rinvio a giudizio n.595/86F di questo Ufficio a carico di taluni di coloro che avevano detenuto il materiale (fra cui documenti di identità sottratti a giovani di destra durante aggressioni e documentazione militare riservata), la documentazione rinvenuta può essere sostanzialmente suddivisa in due settori:
1. il settore meno recente, e cioè i documenti compilati fra il 1970 e il 1974 circa, costituisce un tipico esempio del lavoro di contro-informazione svolto da numerosi gruppi della sinistra extraparlamentare dopo la strage di Piazza Fontana e nei primi anni della “strategia della tensione”.
Un consistente gruppo di reperti, infatti, attiene alla nascita in quel periodo delle varie formazioni eversive quali le Brigate Rosse e il Superclan ed è caratterizzato da informazioni molto precise sui dirigenti di tali gruppi, sul passaggio alla clandestinità di persone già militanti nella sinistra extraparlamentare e sulle prime azioni compiute o che tali gruppi intendevano compiere.
Si tratta in sostanza di uno studio su tale fenomeno finalizzato a comprenderne il significato e a prevenire passaggi a tali nascenti organizzazioni eversive di militanti della sinistra e a individuare eventuali soggetti che utilizzassero quale copertura la tessera o la militanza in un gruppo quale Avanguardia Operaia.
Un secondo ed ugualmente consistente gruppo di reperti meno recenti in sintonia con lavori di controinformazione quali il libro “La strage di Stato” riguarda le attività dei gruppi eversivi di estrema destra, il coinvolgimento di suoi esponenti nei vari attentati e nelle varie inchieste giudiziarie, i possibili finanziamenti e le possibili coperture di cui potevano avere goduto tali gruppi e i collegamenti con analoghi gruppi di altri Paesi nel quadro della c.d. Internazionale Nera.
Tutta la documentazione in proposito appare precisa e puntuale ed ha certamente comportato l’utilizzo di una rete di informatori o di militanti che in qualche modo potessero entrare in contatto, direttamente o indirettamente, con tale ambiente o con chi svolgeva le indagini su di essi.
Un terzo gruppo di reperti dell’inizio degli anni ’70 è costituito da opuscoli e materiale vario di pertinenza delle Forze Armate dello Stato, certamente sottratti da singoli militanti e poi "centralizzati" alla Commissione.
Tale materiale, tra cui originali di telegrammi cifrati, relazioni sugli organigrammi delle Forze Armate, sui movimenti delle truppe e sugli allarmi Nato nonché opuscoli sulle tecniche di guerriglia e controguerriglia, costituiva certamente per l’organizzazione uno studio in funzione “difensiva” da possibili tentativi golpisti che apparivano all’epoca assai concreti.
Si tratta quindi di appunti e documenti tipici dell’attività di contro-informazione dell’epoca, quasi tutti di alto livello qualitativo e buona parte dei quali elaborati e anche manoscritti di suo pugno da Franco Donati, allora studente di ingegneria e principale responsabile del lavoro della Commissione (cfr. deposizione Franco Donati al G.I. 21.4.1992).
2. Esaurita la fase della controinformazione, le schede e gli appunti databili fra il 1975 e il 1980 nonché l’imponente numero di fotografie riguardano la campagna assai meno nobile conosciuta come “antifascismo militante”.
Si tratta infatti di un gran numero di schede e di relazioni di informatori sparsi sul territorio concernenti militanti o presunti simpatizzanti di destra, soprattutto di Milano e della Lombardia, schede corredate dai dati somatici, dall’indirizzo, dalle abitudini del soggetto e spesso appunto dalla fotografia e finalizzate certo non ad uno studio politico del campo avverso, ma soprattutto alla realizzazione di aggressioni o altre azioni quali l’allontanamento dagli istituti scolastici.
Infatti, insieme a tali schede erano state rinvenute diecine di carte di identità o documenti vari, sottratti alle vittime dopo le aggressioni effettuate dal “servizio d’ordine” grazie alle indicazioni contenute appunto nelle schede.
Tale documentazione (ovviamente di nessun interesse per la presente istruttoria) veniva allegata al procedimento per l’omicidio di Sergio Ramelli e le altre azioni commesse dal servizio d’ordine di Avanguardia Operaia in ragione della stretta connessione esistente appunto fra tali azioni e le schedature di viale Bligny.
Tutto il materiale sequestrato veniva comunque attentamente esaminato e sottoposto a verifiche e a riscontri in quanto, sin da un primo esame, ne emergeva, indipendentemente dalle finalità più o meno condivisibili, l’alta attendibilità e la bontà delle fonti che ne avevano reso possibile la raccolta e la centralizzazione.
Ad esempio, solo con riferimento al materiale più antico e quindi di maggior utilità quantomeno ai fini di una ricostruzione storica, risultava da molti documenti che i responsabili della commissione di controinformazione erano stati in grado di tracciare nei primi anni ’70 un quadro significativo della nascita delle Brigate Rosse e di gruppi affini riportandone i contenuti dei convegni clandestini di fondazione (ad esempio i convegni di Chiavari e di Pecorile), tracciando un elenco dei militanti nelle fabbriche e nei quartieri nonché individuando alcune fra le prime azioni di autofinanziamento e i primi attentati compiuti.
Tutte queste informazioni, all’epoca in cui erano stati elaborati i documenti riassuntivi (cfr. ad esempio reperto 81 e reperti dal 101 al 105), erano del tutto sconosciute persino alle forse di Polizia e agli inquirenti.
Evidentemente la struttura di controinformazione di Avanguardia Operaia godeva di un buon numero di informatori affidabili che, sfruttando conoscenze personali o l’osservazione dei luoghi di lavoro e dei quartieri, erano stati in grado di individuare i militanti di estrema sinistra che stavano passando alla clandestinità e di cogliere il dibattito ideologico interno a tale ambiente e individuare le prime azioni compiute anche se non ancora rivendicate.
Proprio in ragione della serietà della documentazione nel suo complesso, due documenti relativi all’attività eversiva dell’estrema destra e al ruolo dei Servizi Segreti attiravano l’attenzione degli inquirenti, mentre ovviamente il materiale attinente ai gruppi eversivi di sinistra non risultava più utile a fini investigativi a causa della tardività del rinvenimento rispetto allo sviluppo delle indagini che avevano comunque ormai quasi debellato il fenomeno.
Un primo documento dattiloscritto dal titolo “Repressione nelle Marche” (reperto 940) conteneva una sorta di riassunto degli avvenimenti collegati al rinvenimento dell’arsenale di Camerino il 10.11.1972, episodio per cui erano stati arrestati e tratti a processo, ma poi assolti, alcuni giovani di estrema sinistra della zona.
Gli estensori di tale documento davano conto di una serie di elementi di sospetto raccolti certamente a seguito del lavoro di controinformazione secondo cui la collocazione e il rinvenimento dell’arsenale era in realtà una provocazione contro la sinistra organizzata da elementi fascisti in collusione con i Carabinieri di Camerino e con i Carabinieri di un Comando di Roma, provocazione finalizzata anche a colpire gli esuli greci residenti a Camerino (uno dei quali era stato arrestato) e forse connessa con gli attentati in danno di convogli ferroviari diretti a Reggio Calabria avvenuti il 22.10.1972.
Nella parte finale di tale documento, sulla base di indicazioni raccolte certamente nella zona, si avanzavano sospetti in relazione a tale episodio nei confronti di tale Guelfo Osmani, di Tolentino, persona dedita a reati comuni e che in quel periodo si sarebbe fatta passare per un “compagno” proponendo a veri militanti azioni eversive.
In particolare un’aggiunta manoscritta al documento segnalava che Guelfo Osmani, il 9 dicembre, si era recato a casa di tale C.G. (certamente Carlo Guazzaroni, uno dei giovani di sinistra poi ingiustamente arrestato per l’arsenale di Camerino), proponendo un progetto di evasione di compagni palestinesi di Settembre Nero e facendo presente che non vi era difficoltà per il reperimento delle armi. Come si vedrà nel capitolo dedicato all’episodio di Camerino, l’indicazione era assolutamente esatta.
Infatti, nel corso dell’istruttoria, Guelfo Osmani, collaboratore di ufficiali di Carabinieri e di elementi del S.I.D., ha ammesso di avere preso parte, su incarico del capitano dei Carabinieri di Camerino, Giancarlo D’Ovidio, all’allestimento dell’arsenale e alla successiva opera di provocazione, sempre suggerita dal D’Ovidio, nei confronti del giovane di sinistra Carlo Guazzaroni.
© Riproduzione riservata


