La vicenda «Gladio» è emersa in occasione del dibattito iniziato alla Camera dei deputati il 1° agosto 1990; in tale occasione, l'Assemblea era impegnata nella discussione congiunta sulle comunicazioni del Governo, sulle mozioni, interpellanze ed interrogazioni presentate in relazione alla sentenza della Corte d'Appello di Bologna sulla strage del 2 agosto 1980 e su un servizio televisivo concernente i presunti rapporti tra i servizi segreti e la loggia massonica P2
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per circa un mese pubblichiamo ampi stralci del resoconto dei lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta della X Legislatura che per prima provò a ricostruire l'operazione Gladio. Nelle conclusioni della Commissione resta una frase che pesa più delle altre: «Persistono elementi di ambiguità e reticenza nel rapporto tra struttura e istituzioni democratiche». È il linguaggio della politica per dire che qualcuno mentì.
Nel primo documento sulla «operazione Gladio» che il Comitato ha ricevuto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri [si tratta di un appunto (classificato «Riservato») denominato «operazione Gladio», trasmesso al Comitato con nota del Presidente del Consiglio del 17 ottobre 1990 (prot. USG 2809). Nella nota predetta è fatta menzione della contemporanea trasmissione alla «Commissione stragi» dello stesso documento.
L'appunto era stato, a sua volta, trasmesso al Presidente del Consiglio dal Ministro della difesa con nota n. 5099 del 17 ottobre 1990] è stato affermato che: a) «Il Servizio informazioni delle Forze Armate (SIFAR) pose allo studio, fin dal 1951, la realizzazione di una organizzazione clandestina di resistenza»; b) «Mentre la struttura di resistenza clandestina italiana era in fase di avanzata costituzione, venne sottoscritto, in data 26 novembre 1956, dal SIFAR e dal Servizio americano un accordo relativo alla organizzazione ed alla attività della "rete clandestina post occupazione", accordo comunemente denominato STAY-BEHIND (stare indietro), con il quale furono confermati tutti i precedenti impegni intervenuti sulla materia tra Italia e Stati Uniti e vennero poste le basi per la realizzazione della operazione indicata in codice con il nome Gladio».
Informazioni di contenuto sostanzialmente analogo il Presidente del Consiglio ha reso al Senato della Repubblica nella seduta dell'8 novembre 1990, alla Camera dei Deputati l'il gennaio 1991 e nella «Relazione sulla vicenda Gladio» trasmessa alle Presidenze delle Camere il 25 febbraio 1991 (2). Nelle dichiarazioni rese in sedi pubbliche, ovvero contenute in documenti destinati alla pubblica zione, manca, però, l'esplicito accenno ai precedenti impegni italo statunitensi (poi confermati nell'accordo del 1956), accenno che, come s'è visto, è invece contenuto nel menzionato documento tra smesso al Comitato ed alla «Commissione stragi».
La vicenda « Gladio » è emersa in occasione del dibattito iniziato alla Camera dei deputati il 1° agosto 1990; in tale occasione, l'Assemblea era impegnata nella discussione congiunta sulle comunicazioni del Governo, sulle mozioni, interpellanze ed interrogazioni presentate in relazione alla sentenza della Corte d'Appello di Bologna sulla strage del 2 agosto 1980 e su un servizio televisivo concernente i presunti rapporti tra i servizi segreti e la loggia massonica P2.
Al termine della discussione congiunta e dopo la replica del Presidente del Consiglio dei ministri, furono presentate alcune risoluzioni; nella parte motiva di quella proposta dall'onorevole Quercini e da altri parlamentari del gruppo comunista (si tratta della risoluzione n. 6-00136, per il testo della quale si veda il Resoconto stenografico della seduta del 2 agosto 1990, pagg. 32 e 33) si faceva riferimento, tra l'altro, alla «esistenza di una struttura parallela ed occulta che avrebbe operato all'interno del nostro Servizio segreto militare con finalità di condizionamento della vita politica del Paese » ed al fatto che tale «organismo occulto» si sarebbe «avvalso di depositi segreti di armi e di esplosivi gestiti dal nostro controspionaggio d'intesa con la Nato».
È stata questa la prima volta in cui nelle aule parlamentari si è parlato della «operazione Gladio», ancorché non menzionata propriis verbis. Esprimendo il parere del Governo sui documenti di indirizzo presentati, il Presidente del Consiglio, rilevato che la risoluzione comunista «concerne un problema di carattere militare collegato alle ipotesi, formulate in anni lontani, che l'Italia potesse essere oggetto di occupazione in caso di guerra», aggiunse che trattandosi «di una questione stretta mente legata in passato a problemi militari», riteneva più opportuno che se ne occupasse «la Commissione, dove possono essere forniti con più facilità tutti gli elementi, contrariamente a quanto potrebbe accadere in una situazione come questa, nella quale si dovrebbe improvvisare».
Per questo, l'onorevole Violante propose una nuova formulazione del dispositivo della risoluzione, impegnando il Governo ad informare entro sessanta giorni la Commissione parlamentare d'inchiesta sulle stragi, anziché il Parlamento nel suo complesso, «in ordine all'esistenza, alle caratteristiche e alle finalità» dell'organizzazione.
Nonostante il Governo avesse accolto la modifica proposta, il gruppo comunista insistette per la votazione del documento di indirizzo, che fu approvato dall'Assemblea con votazione nominale mediante procedimento elettronico. Il 24 ottobre 1990 l'Assemblea della Camera dei deputati è stata impegnata nello svolgimento di interpellanze e di interrogazioni sul rinvenimento di scritti di Aldo Moro; anche tali strumenti del sindacato ispettivo facevano riferimento, sia pure marginalmente, alla «operazione Gladio».
L'8 novembre dello stesso anno è stata, invece, l'Assemblea del Senato ad occuparsi dello svolgimento di interpellanze sulla « questione Gladio », sulla quale la Camera è tornata nella seduta dell'11 gennaio 1991, a seguito della presentazione di numerose interpellanze ed interrogazioni.
Occasione di ulteriore riflessione parlamentare sui temi connessi alla « operazione Gladio » è stata offerta, il 24 gennaio 1991, dalla discussione svoltasi al Senato sui progetti di legge nn. 2529 e 2569 (concernenti, rispettivamente, la «Istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla organizzazione denominata "Gladio" ed altri analoghi organismi connessi all'operato dei Servizi di sicurezza» e «Integrazione e modifiche della legge 17 maggio 1988, n. 172»), nonché dal dibattito sviluppatosi nello stesso ramo del Parlamento il 25 luglio scorso, a seguito della presentazione di più mozioni relative ad alcuni aspetti della vicenda «Gladio».
In tale ultima circostanza, però, la fase deliberativa del dibattito è stata rinviata alla seduta pomeridiana del 1° agosto 1991, dopo la dichiarazione del Presidente del Consiglio dei ministri secondo la quale il Governo intendeva comunque attenersi alle indicazioni contenute nel dispositivo delle mozioni, soprattutto in relazione alla richiesta «della pubblicità intorno a tutti gli atti ed alla rimozione del segreto relativamente all'accertamento di fatti di eversione dell'ordinamento democratico».
Nel corso della seduta del Senato del 25 luglio 1991, il Presi dente del Consiglio ha dichiarato: «... Desidero dire con chiarezza che questo è il documento formalmente istitutivo della struttura, così come pervenuto al Governo e riscontrato con la controparte statunitense.
Che vi siano state intese preparatorie alla creazione dell'organizzazione è possibile tanto più che, come ho già detto in quest'aula l'8 novembre del 1990, l'organizzazione in Italia di una struttura incaricata, in caso di occupazione nemica, di raccogliere informazioni e di compiere azioni di contrasto sul territorio nazionale era stata posta allo studio fin dal 1951.
Può darsi, quindi, che, prima di giungere all'accordo formale tra SIFAR e CIA vi siano state, per così dire, delle pre-intese: ma testi non sono emersi nella documentazione fatta consultare senza alcun vincolo restrittivo. ». Le prime predisposizioni per la costituzione di una rete clandestina post-occupazione sono oggetto di un promemoria del Direttore del SIFAR (generale Broccoli) per il Capo di Stato maggiore della difesa, in data 8 ottobre 1951 [si tratta di un promemoria intitolato «Organizzazione informativa-operativa nel territorio nazionale suscettibile di occupazione nemica».
Tale documento è stato trasmesso al Comitato dal Presidente del Consiglio il 15 novembre 1990. Il docu mento già classificato «Segretissimo» è stato declassificato in «vietata divulgazione»]. In tale documento, il Direttore del SIFAR richiama il dovere del Servizio di prevedere, in caso di conflitto, l'occupazione nemica di parte del territorio nazionale e quindi di preorganizzarvi una rete di informazioni, sabotaggio, propaganda e resistenza; esamina la situa zione in altri Paesi europei e fa riferimento ad una offerta di collaborazione sia della Gran Bretagna sia degli USA per la predi sposizione delle strutture predette.
Precisa di avere scartato l'offerta della Gran Bretagna e rileva che gli USA, prima di formulare la loro offerta, avevano effettuato un tentativo (poi rientrato) di costituire in territorio italiano una loro rete clandestina, a nostra insaputa. Si sofferma, quindi, a delineare funzioni e scopi dell'organizzazione ed a prefigurare i quadri di comando e i criteri di reclutamento del personale, nonché gli apprestamenti logistici e finanziari.
Propone, infine, di inviare sette ufficiali a seguire un corso di formazione presso la Training division dell'Intelligence Service inglese. Nella ricordata seduta del Senato dell'8 novembre 1990, il Presi dente del Consiglio ha espressamente citato il promemoria in esame, cui, anzi, ha riconnesso la nascita della struttura «Gladio».
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