Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per circa un mese pubblichiamo ampi stralci del resoconto dei lavori della Commissione parlamentare d’inchiesta della X Legislatura che per prima provò a ricostruire l’operazione Gladio. Nelle conclusioni della Commissione resta una frase che pesa più delle altre: «Persistono elementi di ambiguità e reticenza nel rapporto tra struttura e istituzioni democratiche». È il linguaggio della politica per dire che qualcuno mentì


Da un appunto dell’Ufficio «R » del SIFAR, datato 14 febbraio 1963 ed intestato «Operazione Gladio — Situazione e prospettive», risulta che la «dislocazione in periferia» dei materiali operativi assegnati in dotazione ai nuclei ed alle unità di pronto impiego della struttura Stay-behind, ebbe inizio sperimentalmente nell’anno 1961 e proseguì in quello successivo.

Il documento in questione, nel fare il punto sulle operazioni di posa e «Nascondimento» del materiale, prevedeva un «notevole incremento» delle stesse nel corso del 1963

[Dalla bozza di un appunto per il Direttore del Sismi, predisposta in data 28 aprile 1990 dagli uffici della VII Divisione, si evince che nel 1963 il Servizio italiano comunicò a quello statunitense le zone dove sarebbero stati realizzati i Nascondigli. Il generale Paolo Inzerilli, rispondendo ad un quesito postogli su questo specifico aspetto nel corso dell’audizione svoltasi presso il Comitato il giorno 11 dicembre 1991, ha affermato di giudicare molto probabile che al Servizio americano siano state comunicate le zone dove si prevedeva sarebbero stati dislocati i Nasco, vale a dire il Friuli e la Lombardia. Il generale ha anche chiarito di non ritenere verosimile che la comunicazione potesse invece riguardare l’esatta ubicazione dei Nascondigli, in quanto in quell’epoca non era ancora avvenuta la stessa individuazione dei singoli siti].

In quel momento risultava già avvenuta la « dislocazione di materiali operativi per la dotazione, sia pure parziale, dei cinque nuclei » e di una delle tre UPI («Azalea», «Ginestra» o «Rododendro»). Per quanto riguarda le UPI «Stella Alpina» e «Stella Marina», si registrava invece, oltre alla «capillare distribuzione dei materiali di equipaggiamento e di armamento ordinari già da tempo in atto», anche «l’avvenuta dislocazione presso il Centro ‘Orione’ di una aliquota di materiali operativi per la dotazione di ’Stella Alpina’».

Le previsioni formulate nell’appunto circa i successivi sviluppi delle operazioni possono essere così sintetizzate:

a) per quanto riguarda i nuclei e le tre UPI «Azalea», «Ginestra» e «Rododendro», si stabiliva una ulteriore intensificazione delle ricerche delle zone di «Nascondimento», per la cui realizzazione, «ad integrazione dell’opera sin qui svolta dagli elementi periferici e dagli organizzatori», si sarebbe assegnata l’incombenza di dare sistematico sviluppo alle ricognizioni per l’accertamento di idoneità e alla pianificazione delle operazioni di trasporto e Nascondimento, nonché all’esecuzione delle stesse ad un elemento della sezione (ufficiale dei CC) »;

b) per quanto concerne le UPI « Stella Alpina » e « Stella Marina », si preannunciava per la successiva primavera-estate la già pianificata operazione di Nascondimento dei materiali operativi. Per l’effettuazione di tale operazione, che sarebbe avvenuta, sotto la responsabilità del Capo Centro «Orione», si prevedeva «in considerazione della unitarietà organizzativa della ‘Stella Alpina’, l’intervento sistematico di una squadra specializzata locale integrata da un sottufficiale dei Carabinieri della Sezione»

[Nello stesso appunto è contenuto un paragrafo, intitolato «Materiali di riserva per l’emergenza», nel quale si informa che «il Servizio americano ha notificato di essere in grado di accantonare sin dal tempo di pace a disposizione del Servizio italiano per l’operazione Gladio, materiali di presumibile utile impiego in tempo di guerra».

Tali materiali consistevano in: armi, munizioni, esplosivi, vestiario, equipaggiamento, viveri, materiale sanitario, battelli pneumatici, motori fuori bordo, attrezzature subacquee, radio e paracadute predisposti per l’immediato avio lancio della parte dei materiali stessi già confezionata. Il dislocamento di queste scorte in tempo di pace era previsto presso * magazzini militari americani in Europa, con possibilità per il Servizio italiano di controlli circa la loro efficienza».

In altro appunto, redatto per il Capo del Servizio dall’Ufficio «R» – Sezione Sad, in data 5 dicembre 1964, è presente un riferimento a «materiali destinati al progetto Gladio, da accantonare presso magazzini dell’esercito Usa (in una base dislocata in Francia, o Spagna o Italia) per l’impiego in tempo di guerra».

Infine, un documento non intestalo e senza data, conservato nell’archivio dell’organizzazione «Gladio», reca l’elenco del «materiale al deposito di Livorno (Camp Derby)». Tale elenco comprende: armi (circa 600 fucili di vario tipo, lanciagranate e lanciarazzi), apparecchiature e radio ricetrasmittenti, esplosivi, bombe a mano, munizioni, vestiario per 500 uomini, materiali vari, tende, sacchi a pelo, binocoli, utensili, ecc.). L’appunto è corredato da due note intese ad evidenziare come alcune delle informazioni ivi contenute necessitino di ulteriore conferma].

Un documento non intestato, recante la data del 29 novembre 1990, contiene un elenco, redatto verosimilmente con l’ausilio di un elaboratore elettronico, in cui compaiono indicazioni relative a 139 Nasco (com’è noto, questa era la denominazione convenzionale dei Nascondigli di armi e materiali della «operazione Gladio»).

Nel tabulato ogni Nasco è indicato con un numero d’ordine e la data di posa. Per alcuni è indicata anche la località, per tutti sono poi registrati: il recupero, ove effettuato, e la sigla dell’unità assegnataria del materiale (UPI o nucleo). Dalla data di posa riportata nell’elenco si evince che, nel biennio 1961-62, l’avvio « sperimentale » dell’operazione di posa riguardò due Nasco (il n. 502 nel ’61 e il n. 1001 nell’anno successivo).

Nel biennio seguente, le operazioni stesse ebbero il previsto incremento e furono collocati nei rispettivi siti 32 Nasco nel 1963 e 74 nel 1964. In seguito, il ritmo diminuì senza, tuttavia, che la posa si interrompesse fino al 1971, anno in cui ebbe termine il dispiegamento dei Nasco, con la posa degli ultimi due. Dagli archivi dell’organizzazione è stato acquisito un elenco intestato «Materiali di armamento contenuti nei 139 Nasco».

Il documento, non intestato e senza data, riporta le indicazioni che seguono: 210 pistole Star calibro 9 corto, 144 mitra Sten, 180 carabine Winchester, 7 fucili Garand, 10 fucili da caccia Winchester calibro 12, 32 pistole calibro 22 con silenziatore, 619,704 kg. di esplosivo «C4», 29 artifici incendiari, 843 bombe a mano di vario tipo.

Da due appunti, non intestati e privi di data, rinvenuti nell’archivio dell’organizzazione, possono desumersi alcune informazioni circa le modalità di posa dei Nasco [in generale, le tecniche di «Nascondimento dei materiali» rappresentavano una materia di particolare importanza per gli appartenenti all’organizzazione «Gladio» ed erano pertanto oggetto di specifico insegnamento durante i corsi ai quali partecipava il personale addetto. Sono agli atti materiali didattici predisposti ed usati per tali corsi: vi è, in primo luogo, una « sinossi » intitolata « Nascondimento materiali», che contiene, oltre a numerose e dettagliate nozioni sui vari tipi di Nascondigli e sulle tecniche di preparazione degli stessi, schemi di pianificazione delle operazioni di posa e recupero.

Vi è poi un opuscolo intitolato « Nasco » dal quale sono tratte le informazioni riportate più avanti nel testo]: dopo «accurato studio e ricognizione dell’area di interesse (vie di accesso e deflusso, abitazioni più vicine, traffico in zona, ubicazione più vicina delle Forze dell’Ordine e procedura di vigilanza, suggerimento per la copertura degli operatori, meteo nell’arco dell’anno)» si procedeva all’interramento vero e proprio del materiale, normalmente affidato ad un nucleo di tre persone (due addette allo scavo ed una a compiti di sorveglianza ed allarme nel caso di avvicinamento di estranei).

Il tempo occorrente per completare la posa andava, in media, dalle tre ore alle tre ore e mezza. Il primo dei due documenti, che qui si illustrano, specifica che le operazioni venivano eseguite di notte e con modalità clandestine, nel senso che le forze dell’ordine erano all’oscuro di quanto avveniva. Il secondo si riferisce specificamente all’intervento dell’Arma dei carabinieri nelle operazioni di posa, chiarendo che tale partecipazione – così come sarebbe avvenuto anche per il recupero – consisteva esclusivamente nel garantire «la necessaria cornice di sicurezza ’lontana’. Il loro compito era infatti la sorveglianza delle possibili vie di accesso alla località dove il personale del Servizio stava effettuando la posa e il recupero dei contenitori. Ai carabinieri era vietato l’avvicinamento a distanza tale da consentire l’osservazione di dette operazioni».

Nella minuta, senza data, di una lettera destinata dal Sismi al Cesis, si afferma che « agli atti non risulta che personale dell’organizzazione ‘Gladio’ non appartenente ai Servizi gestisse e/o fosse stato messo in grado di utilizzare il materiale contenuto nei Nasco in quanto l’unico evento che potesse giustificare un simile fatto sarebbe stata l’invasione da parte di truppe straniere del territorio nazionale con conseguente attivazione della struttura.

Da quesiti posti al personale dipendente risulta che alcuni dei responsabili delle ’formazioni e/o nuclei’ che insistevano sull’area dei Nasco avevano una conoscenza molto approssimativa della zona di posa. Questa conoscenza era loro fornita affinché controllassero saltuariamente che la zona non fosse interessata da lavori o altri eventi che potessero condurre alla scoperta dei Nasco.

Quanto sopra trova peraltro riscontro nel fatto che i rapporti di posa [i rapporti di posa venivano redatti all’esito delle operazioni di occulta mento dei Nasco e contenevano le seguenti notizie: tipo e caratteristiche del Nasco (occultato, interrato o immerso), contenuto, data e luogo di posa, schizzi, diagrammi, fotografie ed il «messaggio per il recupero», contenente le informazioni per la esatta individuazione della localizzazione del Nasco nonché dati concernenti i contenitori di materiali ivi custoditi ed i materiali stessi (armi, esplosivi, attrezzi e dotazioni varie] (agli atti esistono solamente quelli relativi ai Nasco non ritrovati), riporta vano il ’messaggio recupero Nasco’ contenente sia le indicazioni per localizzare esattamente gli stessi sia i loro contenuti».

La nota precisa anche che «le uniche persone che sicuramente potevano avere accesso ai ‘rapporti di posa’ erano i responsabili della Sezione Sad, i Capi Centro ed i custodi degli stessi».

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