Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per una ventina di giorni pubblichiamo ampi stralci della sentenza in rito abbreviato dell’inchiesta Gotha del 2006, quando a Palermo finiscono in carcere vecchi boss e nuove leve due mesi dopo l’arresto di Provenzano Bernardo.


Rotolo non teme solo per la sua incolumità personale.

Sul “ritorno degli scappati” c’è in ballo una questione di potere: la successione di Bernardo Provenzano. E’ un “non detto” che anima le discussioni nel mandamento di Boccadifalco con Franco Bonura, Gaetano Sansone, Vincenzo Marcianò.

L’appigliarsi al dictat della commissione, senza alcuna mediazione, significa anche evitare che Salvatore Lo Piccolo si rafforzi.

Il giovane autista di Saro Riccobono è cresciuto in tutti i sensi. Ha già esteso la sua influenza su zone strategiche di Palermo. A Brancaccio ha stretto un patto d’acciaio con la famiglia Savoca e con Andrea Adamo.

E’ forte dell’appoggio di Binnu, che da anni ha in testa la riappacificazione con gli Inzerillo e i Bontade e vede in Lo Piccolo l’interprete giusto per portare a compimento questa operazione.

Lo Piccolo gode di appoggi personali a Villagrazia di Palermo e nel mandamento di Boccadifalco. Ha tenuto contatti con quelli di Partinico e con Matteo Messina Denaro per la provincia di Trapani.

Lo Piccolo, quindi, cerca a tutti i costi di far rientrare gli Inzerillo. Li avrebbe come “alleati” e potrebbe strumentalizzare la loro sete di vendetta per eliminare i capi della fazione contrapposta, il cui massimo rappresentante è il suo rivale Nino Rotolo.

Gli Inzerillo in Sicilia sono la precondizione per avere la forza necessaria ad affrontare una nuova guerra di mafia, là dove fosse stata necessaria per assurgere al ruolo di successore del “fantasma di Corleone”.

Ed in ogni caso, c’è anche una motivazione speculativo-affaristica nella condotta di Lo Piccolo. Se la mafia vuole ritornare ad essere un “impero” economico, deve riattivare i canali di collegamento

internazionale per il narcotraffico. Cosa Nostra li ha abbandonati da tempo, lasciandoli nella mani di gruppi camorristici e ‘ndrangheta calabrese.

L’alleanza con gli Inzerillo significa avere un ponte con le “persone giuste” negli Usa, viste le strette parentele di costoro con le famiglie degli Spatola e dei Gambino in quel paese.

A confrontarsi sulla soluzione da adottare sono soprattutto gli “uomini d’onore” del mandamento di Boccadifalco-Passo di Rigano, quello a cui appartenevano i componenti della famiglia Inzerillo prima dell’esilio. Incominciano a farlo a due settimane dal rientro in Italia di Sarino Inzerillo.

Franco Bonura, Calogero Mannino e Vincenzo Marcianò in alcune conversazioni, intercettate dalla polizia, affrontano i retroscena del “tormentone”.

Dai dialoghi emergono fatti importanti.

Innanzitutto era stato proprio Salvatore Lo Piccolo a garantire agli Inzerillo che sarebbero rimasti in Italia, una volta approdati per volere delle autorità statunitensi.

Erano d’accordo anche Ciccio Pastoia e Nicola Mandalà, del mandamento di Belmonte Mezzagno, molto vicini a Provenzano. Lo stesso Lo Piccolo aveva pregato Vincenzo Marcianò, allora reggente del mandamento di Boccadifalco-Passo di Rigano, di appoggiare quel progetto e di insistere con Franco Bonura e con lo stesso Provenzano affinché perorassero la “causa” degli “scappati”.

Con quella preghiera, Lo Piccolo aveva ricordato a Marcianò che vi erano esponenti di rilievo

della famiglia di Torretta (ricadente nelle stesso mandamento), Vincenzo Brusca e Lorenzo Di Maggio, disposti ad assumersi la responsabilità della iniziativa.

Non tutti sono d’accordo con quella iniziativa. Ad un certo punto, nel giugno del 2005, Franco Bonura e Gaetano Sansone rompono gli indugi. I due sono per il rispetto degli impegni presi negli anni ottanta. Quindi gli Inzerillo presenti in Italia devono allontanarsi. In ogni caso, va informato Nino Rotolo di tutte le manovre. Occorre sentire il suo parere, anche se formalmente appartiene ad un altro mandamento, e concordare con lui la posizione di tutte le famiglie di Boccadifalco-Passo di Rigano.

Una volta informato, Rotolo affronta immediatamente la questione. Chiede un incontro a tutti gli esponenti di spicco del mandamento di Boccadifalco: Franco Bonura, Gaetano Sansone, Giuseppe Sansone e un tale “Gianni”, da identificare in Giovanni Aurelio Chiovaro.

Non sfugge al boss l’atteggiamento “aperturista” della famiglia di Torretta, composta anche da Vincenzo Brusca e Lorenzo Di Maggio, ossia da soggetti molto vicini al Lo Piccolo. E diventa furibondo nel momento in cui apprende che nella corrispondenza epistolare tra Provenzano e Vincenzo Marcianò, quest’ultimo aveva fatto sapere a Binnu che tutte le famiglie del mandamento di Boccadifalco-Passo di Rigano erano favorevoli al rientro degli Inzerillo.

Circostanza questa categoricamente negata dal gruppo di Franco Bonura, Gaetano Sansone, Giuseppe Sansone.

© Riproduzione riservata