Lo uccidono nella sua Cinisi, nella notte fra l'8 e il 9 maggio del 1978, qualche ora prima del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro in via Caetani a Roma. Il suo cadavere lungo la linea ferroviaria, inscenando (malamente) un attentato dinamitardo. Non era un terrorista rosso Peppino Impastato come volevano far credere, era un ragazzo, un giornalista, un militante assassinato dalla mafia...
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per un mese pubblichiamo ampi stralci della “Relazione sul Caso Impastato”, elaborata dal Comitato della Commissione Parlamentare Antimafia della XIII° Legislatura, sull’uccisione di Peppino Impastato
Era il paese dei Badalamenti e dei Manzella, dei mafiosi con la coppola storta e la lupara e delle “Giuliette” imbottite al tritolo, dei traffici di “bionde” e poi dell'eroina. E lui, Peppino, l'aveva ribattezzato “Mafiopoli”. E con la sua voce libera, con le sue denunce per radio, raccontava affari e trame di “Tano seduto” e della sua tribù.
Lo uccidono nella sua Cinisi, nella notte fra l'8 e il 9 maggio del 1978, qualche ora prima del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro in via Caetani a Roma. Il suo cadavere lungo la linea ferroviaria, inscenando (malamente) un attentato dinamitardo. Non era un terrorista rosso Peppino Impastato come volevano far credere, era un ragazzo, un giornalista, un militante assassinato dalla mafia. Giustizia però sarà fatta solo il secolo dopo. Dopo i depistaggi, i reperti scomparsi, le prove dimenticate, dopo un’inchiesta ostinatamente insabbiata.
Una giustizia lenta, lentissima mentre le denunce del fratello Giovanni e della madre Felicia, degli amici e dei compagni che aveva avuto al suo fianco, cadevano nel nulla. Una giustizia a cui si arriva grazie soprattutto al tenace e prezioso lavoro di ricerca del "Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato” di Umberto Santino, che nel corso degli anni ha fatto più volte riaprire le indagini sull'uccisione di Peppino.
E intorno a questa vicenda umana e giudiziaria, si incrociano nomi e personaggi che sarebbero state protagonisti di quell’ultimo scorcio di secolo siciliano. Come il colonnello dei carabinieri Antonio Subranni, imputato e poi assolto nel processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. Come Rocco Chinnici, il magistrato che – prima di essere ucciso con un'autobomba – si prese a cuore le sorti dell'inchiesta su quel giovane ucciso a Cinisi.
Solo dopo più di due decenni il mandante del delitto, Gaetano Badalamenti, sarà condannato all'ergastolo.
La vita e la morte di Peppino, intanto, sono diventate famose i grazie a quel meraviglioso film - “I Cento Passi”, regista Mario Tullio Giordana, sceneggiatore Claudio Fava e Monica Zappelli, interprete principale Luigi Lo Cascio.
Ma proprio perché il suo non rimanga solo un nome da gridare nelle piazze e le sue parole solo uno slogan che piace tanto ai conformisti dell'antimafia, proprio perché quel ragazzo di Cinisi non sia trasformato solo in un brand, vi proponiamo la lettura della “Relazione sul Caso Impastato”, elaborata dal Comitato della Commissione Parlamentare Antimafia della XIII° Legislatura, presieduto da Giovanni Russo Spena.
Un documento che riproponiamo sul nostro Blog per una trentina di giorni.
© Riproduzione riservata