Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per una ventina di giorni pubblichiamo ampi stralci della sentenza in rito abbreviato dell’inchiesta Gotha del 2006, quando a Palermo finiscono in carcere vecchi boss e nuove leve due mesi dopo l’arresto di Provenzano Bernardo.


Avanza la politica del “fatto compiuto”. Rotolo lo ha capito.

Racconta a Bonura l’episodio dell’arrivo di Giovanni Inzerillo, figlio del defunto Totuccio, all’aereoporto di Punta Raisi. Come riferitogli da suoi informatori, in quel frangente era presente Lo Piccolo. Questi aveva spiegato a Giovanni che c’era qualcuno a Palermo che non li voleva. E benché Giovanni non mostrasse alcuna preoccupazione, dicendo che quel qualcuno erano “quattro gatti”, Lo Piccolo si sente comunque di rassicurarlo facendogli capire che “i tempi stavano cambiando”.

Rotolo è inquieto, ma tiene il punto sulla ormai antica decisione della commissione. Gli Inzerillo rimpatriati dalle autorità statunitensi devono andarsene dall’Italia. In caso contrario gli avrebbero potuto sparare in qualsiasi momento. Questi erano i patti.

Insiste nonostante le ambiguità di Provenzano. E lui, senza mai esporsi, fa presente a Rotolo che “di quelli che hanno deciso questa cosa non c’è più nessuno”. Poi insinua un qualcosa di molto più insidioso, ossia che legittimati a decidere rimanevano in tre: lui stesso, Rotolo e Lo Piccolo.

Sono argomenti che irritano il boss di Pagliarelli. La frase di Binnu la commenta ironicamente con Gaetano Sansone: “….e tutti gli altri sono stracci, immondizia. Aspetta un minuto, questa qualifica al Lo Piccolo, chi gliel’ha data? Perché il mandamento è a San Lorenzo e pure noi di qua riconosciamo a Nino (n.d.r. Antonino Cinà), no a lui!?”.

Tant’è che, poi, suggerisce a Cinà di ricordare nelle sue lettere a Provenzano l’esistenza in vita di capi storici, ancora detenuti, come Nino Madonia di Resuttana, Salvatore Biondino di San Lorenzo, e Pippo Calò di Porta Nuova, tutti componenti di rango dello schieramento corleonese.

Rotolo teme la furbizia di Lo Piccolo.

Pensa che il suo passato al fianco di Saro Riccobono lo renda ancor più determinato nel colpire lui,

il naturale rivale corleonese. Ritiene che tra i punti della sua strategia vi sia il blandire Provenzano per portarlo dalla sua parte. Sono convinzioni che Rotolo esprime al fidato Antonino Cinà: “tu lo sai

che Lo Piccolo… ci sei stato pure nei discorsi, Lo Piccolo è figlioccio di Saro Riccobono, cioè… un’altra cordata! ….Si, perché siccome il Lo Piccolo gli avrà fatto qualche cortesia e, gli ho detto, quello giustamente essendo in croce non se lo vuole dispiacere!”.

Intanto, dentro Cosa Nostra, si stanno formando schieramenti trasversali alle famiglie. Le posizioni si differenziano sul possibile ritorno di “Sarino” Inzerillo.

I fautori del rientro in Italia sono: Alessandro Mannino, “uomo d’onore” della famiglia di Boccadifalco; Francesco Pastoia, capo del mandamento di Belmonte Mezzagno, poi suicidatosi in carcere nel gennaio 2005, Nicola Mandalà, “capofamiglia” di Villabate; Vincenzo Brusca, capofamiglia di Torretta; Lorenzo Di Maggio, “Lorenzino”, uomo d’onore della famiglia di Torretta; Calogero Caruso, “ ‘u merendino”, reggente della famiglia mafiosa di Torretta nei periodi di assenza del Brusca; Salvatore Lo Piccolo, “capofamiglia” di Tommaso Natale, già reggente del mandamento di San Lorenzo fino alla scarcerazione di Antonino Cinà.

I possibilisti: Bernardo Provenzano; Vincenzo Marcianò, “capomandamento” di “Passo di Rigano – Boccadifalco”; Giuseppe Brusca, “Pinuzzu”, della famiglia di Boccadifalco; Gaetano Sansone e Francesco Bonura, della famiglia di Uditore, questi ultimi due divenuti poi contrari.

Coloro che si sono manifestati sempre decisamente contrari sono: Antonino Rotolo, capomandamento di Pagliarelli; Antonino Cinà, capomandamento di San Lorenzo; Giuseppe Sansone, “Pinuzzu ù Gettone”, della famiglia di Uditore; Calogero Mannino, della famiglia di “Uditore”.

Ogni giorno che passa la decisione sugli Inzerillo diventa sempre più strategica. Intanto Cosa Nostra è in ebollizione.

L’ombra di Salvatore Lo Piccolo si fa più minacciosa. Provenzano sembra farlo assurgere a “uomo chiave” della organizzazione. E’ lui, Lo Piccolo, che vuole l’alleanza con gli Inzerillo. Lavora per saldare pezzi sparsi della associazione che una volta assemblati possono diventare una minaccia costante per i corleonesi. Sa di potere contare anche sull’appoggio di Nicola Mandalà, “uomo chiave” per la latitanza di Provenzano, che vanta importanti amicizie con gli “uomini d’onore” nel New Jersey. Proprio con loro, con gli “americani”, Lo Piccolo vuole costruire un rapporto di collaborazione duraturo per sfruttare le opportunità di nuovi mercati, per condurre affari legali e illegali. Ma Rotolo ha capito e non sta a guardare in silenzio.

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