Tornano le interviste dei Barbari. Questa volta partecipa Edith Pichler che insegna all’Università di Potsdam e che, come ci ricorda all’inizio della chiacchierata, ha tutti e quattro i nonni nati nell’Impero austroungarico. È quindi da sempre legata all’Italia, dov’è nata, e alla Germania, dove vive e lavora.

Oggi ci occupiamo di immigrazione italiana in Germania. Cerchiamo di raccontare il viaggio di quanti partivano decenni fa, i cosiddetti Gastarbeiter (il primo accordo tra Roma e Berlino per l’ingresso di lavoratori italiani in Germania è del 1955). Ascoltiamo le voci di bambini italiani che, in un vecchio servizio della Rai, raccontano di giocare a pallone da soli perché gli altri bambini li evitano: «Loro ci chiamano Spaghetti e noi li chiamiamo Kartoffel».

Puoi ascoltare la puntata del podcast direttamente qui o sulle altre piattaforme:

Una storia che Pichler racconta, riportandoci agli anni Sessanta e Settanta quando, nel pieno delle mobilitazioni del movimento studentesco, alcuni giovani italiani a Berlino decidevano di spostarsi per qualche tempo nel resto della Germania, lì dove più consistente era la presenza di connazionali, per divulgare idee, progetti e speranze del movimento, in particolare fra gli operai.

Sono passati molti anni, ma il flusso di italiani in partenza verso la Germania non si è fermato. Proviamo a capire anche chi sono questi nuovi connazionali che tentano la strada tedesca e cosa cercano. Con il rischio, sottolineato da Pichler, che con i social le persone tendano a isolarsi un una bolla virtuale “nazionale”, rendendo ancora più difficile l’integrazione in Germania.

Tra le soluzioni si ragione di estendere i diritti politici alla cittadinanza europea: diamo il diritto di voto a chi lavora qui.

© Riproduzione riservata