Oggi su Domani è il podcast serale del quotidiano Domani. Una pillola di pochi minuti per darvi subito un assaggio della prossima edizione, che sarà disponibile in edicola il giorno dopo e già dopo cena per gli abbonati digitali. Per ascoltare le altre puntate, man mano che verranno pubblicate, potete cliccare qui. Trovate questo podcast anche su Spotify Spreaker, Google, Apple podcast. Potete ascoltare “Oggi su Domani” anche su Alexa e con l’assistente vocale di Google.

Pochi giorni fa la portavoce della Casa Bianca ha sostenuto che l’operazione di evacuazione da Kabul non può che essere definita «un successo». Queste parole, dopo l’attacco suicida plurimo nei pressi dell’aeroporto, suonano come una grottesca e intollerabile presa in giro, scrive nel suo editoriale il caporedattore Mattia Ferraresi. 

Gli attacchi erano stati ampiamente previsti dall’intelligence, il direttore della Cia aveva incontrato in segreto i Talebani, presumibilmente per negoziare sulle condizioni di sicurezza, il presidente Joe Biden aveva rassicurato tutti sulla tenuta degli accordi presi con i nuovi reggenti dell’Afghanistan, eppure gli attentatori sono riusciti a colpire ugualmente, sancendo una débacle politica e militare di proporzioni notevoli. Sarebbe fin troppo generoso dire che la situazione è sfuggita di mano al presidente, che evidentemente in mano non l’ha mai avuta - commenta Ferraresi. Gli attacchi hanno ucciso e ferito decine di civili innocenti e militari impegnati nell’evacuazione, e contemporaneamente hanno polverizzato la credibilità di Biden. Eppure, proprio lui doveva essere il presunto restauratore della razionalità e della decenza dopo i quattro anni dell’indicibile oscenità trumpiana. Il suo motto “America is back” è svanito nelle volute di fumo che salgono dall’aeroporto di Kabul. Dalla rovinosa caduta di Kabul i difensori del presidente hanno espresso variazioni su questo argomento: la decisione politica è giusta, l’esecuzione sul campo imperfetta. Fino a che punto si può tollerare una esecuzione “imperfetta”? Quando gli errori tattici e materiali diventano responsabilità politiche ineludibili, per un presidente che a ogni occasione ripete il ritornello “the buck stops with me”, cioè: meriti e colpe spettano infine solo al comandante in capo? A Biden tocca anche la beffa crudele di sentire i Talebani che, con vocabolario da burocrati dell’Onu, condannano «nei termini più decisi» gli attentati e dicono che la responsabilità della sicurezza nell’area colpita era degli americani. L’America sarà anche tornata, ma i suoi nemici non se ne sono accorti.

© Riproduzione riservata