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In prima pagina la filosofa Giorgia Serughetti tira le fila di qualcosa che su questo giornale portiamo alla vostra attenzione da tempo. E cioè che quella che una volta era considerata la linea della destra sovranista, l’Europa intesa come una respingente fortezza, è ormai la linea dominante nell’Unione europea. Scrive Serughetti, riferendosi a quel che sta succedendo al confine tra Polonia e Bielorussia, che la guerra a migranti e rifugiati, combattuta a intensità crescente, ha una motivazione tutta politica: è il frutto dell’egemonia discorsiva che i partiti sovranisti sono oggi in grado di esercitare sul tema. La paura di una crescita della destra nazionalista sta inducendo tutte le forze politiche ad adottarne l’agenda.

Allora, se passate da questa analisi in prima pagina, alla mia cronaca su quel che sta accadendo in Polonia, trovate nei fatti una conferma. Il governo polacco è ormai vittima della sua stessa retorica. Gestire le richieste di protezione al confine sarebbe gestibile appunto, come conferma ad esempio Piotr Buras che dirige il bureau di Varsavia dello European Council on Foreign Relations: negli anni Novanta, mi racconta, i polacchi accolsero circa centomila ceceni in fuga senza batter ciglio. Adesso invece il migrante è nemico e la frontiera è luogo di guerra. Pensate che la banca nazionale polacca sta anche per coniare un’apposita moneta, da collezione, d’urgenza: è dedicata alla difesa del confine orientale. Mentre i migranti vengono lasciati all’addiaccio e la crisi umanitaria si amplifica, al contempo però sia Varsavia che l’intera Unione europea scartano un’altra strada che potrebbe sbloccare la crisi. Invece di far muro contro chi chiede protezione, potrebbero infatti esser più duri sul fronte economico con Minsk. Ma a quanto pare la frontiera per i beni necessita di rimanere aperta, perché merci e profitti sono qualcosa su cui questa Europa qui non è disposta a osare. 

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