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Cosa succede a chi si è vaccinato, ma con un tipo di vaccino che l’Unione europea in generale, e l’Italia in particolare, non riconoscono? Succede che rimane tagliato fuori dal pass. La questione riguarda persone di tutto il mondo, compresi gli europei, come gli ungheresi che sono stati vaccinati con vaccini russi e cinesi, e pure gli italiani residenti all’estero che hanno ricevuto vaccini non riconosciuti qui. La regola generale per il pass a livello europeo, e per l’Unione europea, è che sono validi quei vaccini approvati dall’agenzia europea del farmaco, l’Ema. Quindi sputnik e sinopharm, usati in Ungheria, no. Ma ogni stato può fare delle deroghe, e infatti per esempio con l’Ungheria alcuni paesi hanno fatto accordi bilaterali. Oramai il pass oltre che sanitario è geopolitico. Ha ragione il giurista Alberto Alemanno quando ci dice che: «Dietro il funzionamento dei tanti certificati si cela una forma di nazionalismo vaccinale che rischia di introdurre nuove forme di discriminazione, che non trovano fondamento nella scienza ma nella geopolitica».

Poi in tutta questa faccenda c’è il caso paradossale dell’AstraZeneca prodotto in India, Covishield, che non viene riconosciuto anche se viene prodotto per Covax di cui l’Unione europea fa parte. Un’italiana che lavora alle Nazioni Unite in Senegal e che è stata vaccinata con Covishield ci racconta che si sente invisibile per il suo paese, cioè il nostro. Già almeno quindici paesi, tra i quali la Germania e di recente la Francia, hanno fatto deroga per il vaccino indiano, ma l’Italia ancora no. Stiamo considerando l’idea, ci ha detto una fonte del ministero della Salute. In ogni caso una cosa è chiara, e cioè che il pass è sempre più per tutto ma non per tutti. Sempre più necessario per la vita quotidiana e in società, ma non per questo accessibile a tutti.

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