Il governo ha dichiarato uno stato di emergenza della durata di tre mesi, in conseguenza di ciò che sta accadendo in Ucraina, per consentire alla Protezione civile italiana di intervenire a supporto di quella dell’Unione europea e portare soccorso e assistenza alla popolazione colpita dalla guerra.

Poiché la proclamazione di questo nuovo stato di emergenza, nel mentre si sta per concludere quello da Covid-19, ha suscitato qualche polemica, serve spiegare la questione sul piano normativo.

La Protezione civile dell’Unione europea

La guerra in Ucraina ha reso necessaria l’attivazione del meccanismo della Protezione civile dell’Unione europea (Eucpm). «A seguito di una richiesta del governo dell’Ucraina di assistenza di emergenza a causa della minaccia di un’ulteriore escalation – si legge sul sito della Commissione Ue – la Commissione europea sta coordinando la consegna di forniture essenziali per sostenere la popolazione civile attraverso il meccanismo di Protezione civile dell’Ue. Questo per sostenere gli sforzi di preparazione dell’Ucraina per tutti i possibili scenari».

Il meccanismo – riporta ancora il sito della Commissione, in un’apposita sezione dedicata – è stato istituito nel 2001 per promuovere la cooperazione tra le autorità nazionali di protezione di tutta Europa e consentire «una risposta più rapida ed efficace alle emergenze, coordinando e sostenendo finanziariamente l’invio di squadre e risorse per la protezione civile al paese e alla popolazione colpiti».

Gli aiuti governativi possono consistere in «assistenza in natura, dispiegamento di squadre appositamente attrezzate o esperti che valutano e coordinano il sostegno sul campo», e sono forniti «in preparazione o immediatamente dopo un disastro in Europa e nel mondo».

Tali aiuti sono organizzati dal nucleo operativo del meccanismo – il Centro di coordinamento della risposta alle emergenze (Ercc) – che «può assicurare il rapido dispiegamento del sostegno di emergenza attraverso un collegamento diretto con le autorità nazionali di protezione civile».

Dal 2001 a oggi

Dal 2001 il meccanismo di Protezione civile è stato attivato più di 300 volte, sostenendo la popolazione in alcune delle catastrofi più devastanti in Europa e in tutto il mondo.

Ad esempio, nel 2014 Eucpm ha inviato squadre attrezzate per prestare assistenza in Bosnia-Erzegovina e Serbia, colpite da inondazioni; nel 2015 ha dato soccorso alle vittime del terremoto in Nepal, portato cibo e farmaci in Siria e nei paesi confinanti e sostenuto Croazia, Grecia, Serbia, Slovenia e Ungheria nel rispondere ai bisogni dei migranti e dei rifugiati, con la fornitura – tra le altre cose – di letti, sacchi a pelo, termosifoni e kit igienici; nel 2017 ha dato aiuto ai paesi europei colpiti dagli incendi boschivi ed è intervenuto a seguito delle inondazioni in Perù, del terremoto in Messico e di uragani nei Caraibi.

Questa volta il meccanismo è chiamato a operare non a fronte di una calamità naturale, ma per portare soccorso alle persone colpite dalla guerra in Ucraina.

L’intervento italiano

Il commissario per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, aveva reso noto nei giorni scorsi che «l’Ue è pienamente solidale con il popolo ucraino» e che, dopo la richiesta di assistenza da parte dell’Ucraina, erano state avviate le procedure per i soccorsi immediati da parte della protezione civile europea.

«Già Slovenia, Romania, Francia, Irlanda e Austria hanno fatto le prime offerte e mi aspetto più assistenza nei prossimi giorni da altri stati membri», aveva detto il commissario. E così anche l’Italia ha aderito alla richiesta di soccorsi.

La partecipazione della Protezione civile nazionale agli interventi di emergenza e soccorso all’estero è disciplinata dal cosiddetto codice della Protezione civile.

È prevista un’apposita procedura, che comporta una «dichiarazione dello stato di mobilitazione del servizio nazionale della Protezione civile per intervento all’estero», con decreto del presidente del Consiglio (Dpcm), e una «deliberazione dello stato di emergenza per intervento all’estero» da parte del Consiglio dei ministri.

A seguito di questi atti, possono essere emesse «ordinanze di Protezione civile, da adottarsi in deroga a ogni disposizione vigente, nei limiti e con le modalità indicati nella deliberazione dello stato di emergenza».

Dunque, per consentire l’adesione dell’Italia al meccanismo europeo serve che intervengano i provvedimenti indicati, che sono adottati su richiesta del ministero degli Affari esteri.

La dichiarazione dello stato di emergenza è, pertanto, un atto indispensabile affinché la Protezione civile nazionale possa agire in missioni all’estero. Questo stato non ha nulla a che fare con quello dichiarato in occasione dell’emergenza pandemica da Covid-19. Quindi, le misure sanitarie legate alla scadenza di quest’ultimo non vengono automaticamente prorogate in forza della vigenza di uno stato di emergenza nuovo, che ha tutt’altra motivazione e presupposti diversi.

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