Dopo essere uscito malconcio dalle elezioni comunali della scorsa settimana, il leader del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte ha schivato un’altra pallottola. Il tribunale di Napoli ha respinto ieri il ricorso di un gruppo di attivisti che minacciava di invalidarne la leadership e di cancellare il nuovo statuto faticosamente negoziato un anno fa insieme al fondatore Beppe Grillo.

«Andiamo avanti, con forza e determinazione per il rilancio del nuovo corso», ha commentato Conte in un legalese forse non ispirato ma adatto alla vicenda. La vittoria però non cambia la sostanza della sua situazione: essere il leader più in bilico tra quelli dei partiti principali. Anche perché la battaglia legale potrebbe non essere ancora conclusa.

La nemesi

A fare ricorso a nome degli otto iscritti al Movimento è stato Lorenzo Borrè, l’avvocato a cui da anni si rivolge la vasta legione di delusi, esclusi e cacciati dal Movimento 5 stelle quando vuole risolvere in tribunale i conti che ha ancora in sospeso con il suo vecchio partito. Negli ultimi anni, Borrè ha intentato circa quindici azioni legali nei confronti del Movimento.

Alla agenzie Borrè ha commentato la sentenza con tono rassegnato, citando il Mahābhārata, l’antico poema epico indiano: «Rimanendo equanime nella felicità e nel dolore, nel guadagno e nella perdita, nella vittoria e nella sconfitta, affronta la battaglia della vita». Ma a Domani spiega che la possibilità di fare un reclamo per chiedere che un collegio riesamini il caso su cui ha deciso un giudice monocratico, è molto elevata. Questa dopo tutto «è la madre di tutte le battaglie», dice, essendoci in gioco tutta la storia del nuovo Movimento 5 stelle, dall’ascesa alla guida di Conte in poi. 

Il caso è complicato e ruota attorno a una serie di questioni come: il Movimento ha diritto a escludere alcuni iscritti, in particolare quelli che lo sono da meno di sei mesi, da attività di partito come la scelta del leader? E può farlo senza un vero regolamento? Queste domande a loro volta si intrecciano con ricorsi precedenti, modifiche allo statuto e scambi di mail, in una sorta di bizantina pena del contrappasso per un movimento che era nato all’insegna del “non statuto” e della totale informalità. 

Anche se ad alcuni possono sembrare questioni da azzeccagarbugli, per Borrè ci sono in gioco alti principi: «La giurisprudenza riconosce la necessità del processo assembleare nell’ambito delle decisioni associative? Il rispetto del principio di uguaglianza tra gli iscritti si può mettere da parte in alcune circostanze?».

Battaglia di logoramento

Se non sono la madre di tutte le battaglia, di certo le questioni legali continueranno a logorare la leadership zoppicante di Conte. Anche in caso di nuove vittorie nelle aule di tribunale, le continue grane alimentano l’immagine di un leader sempre a un passo dall’essere travolto. Soltanto un anno fa, l’intero stato maggiore del Movimento si era mobilitato per lui quando era entrato in conflitto con Grillo sul nuovo statuto.

Ma dopo quello slancio di apparente solidarietà, Conte si è ritrovato con colonnelli e gruppi parlamentari che o rifiutano di farsi guidare o su cui non riesce a imporre la sua leadership. Nel frattempo, ha accumulato zero vittorie politiche da rivendicare. Si capisce perché nonostante la sentenza di Napoli, in casa Conte ci sia poco da celebrare.

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