Il governo assicura che la scuola riaprirà in presenza e che la temuta didattica a distanza è ormai superata per sempre. Ma tra gli addetti ai lavori sono pochi quelli pronti a escludere un ritorno della dad con l’arrivo dell’autunno e la prevista impennata dei casi di Covid-19. Per evitarlo, il governo punta tutto sulla vaccinazione di massa di studenti e personale scolastico. «Dobbiamo vaccinare tutto il personale che entra a scuola, anche i ragazzi tra i 12 e i 18 anni», ha detto ieri il commissario per il Covid Francesco Figliuolo, dopo che appelli simili erano stati fatti dal presidente del Consiglio Mario Draghi e dal ministro della Salute Roberto Speranza.

Nel frattempo, però, presidi, docenti e insegnanti accusano il governo di non aver fatto abbastanza sugli altri fronti su cui poteva intervenire: dai trasporti pubblici agli spazi scolastici, passando per l’organico dei docenti.

Spazi e trasporti

«Arrivare a scuola continuerà a essere una difficoltà anche quest’anno», dice Lucio Ficara, esperto di questioni scolastiche, collaboratore della rivista specializzata Tecnica della scuola e docente di matematica e fisica al liceo scientifico Leonardo da Vinci di Reggio Calabria. L’anno scorso i trasporti sovraffollati erano stati uno dei principali problemi per la scuola, oltre che una delle principali ragioni che avevano spinto i presidenti di regione a imporre la dad. Ficara dice che in questo periodo quasi nulla è stato fatto a livello centrale per aumentare la frequenza dei viaggi. Stessa situazione sull’aumento degli spazi scolastici, necessari per garantire il rispetto del distanziamento minimo.

Nonostante le classi italiane siano sovraffollate da ben prima della pandemia, che ha aggravato una situazione che era già tra le peggiori d’Europa, anche su questo fronte le scuole sono state lasciate da sole. «Si è lasciato all’autonomia delle singole istituzioni e dei rapporti che queste hanno con province, città metropolitane e comune la soluzione a questi problemi», dice Ficara. «Forse in una situazione di emergenza ci si poteva aspettare un intervento più standardizzato».

I presidi

È una situazione che in questi giorni è stata denunciata più volte dalle associazioni dei presidi. Gloria Farisé, preside del liceo linguistico Falcone di Bergamo e presidente dell’Associazione nazionale presidi della provincia, dice che nella sua scuola e nella sua città la situazione è piuttosto positiva, grazie al coordinamento con gli enti locali che ha già permesso di disporre di aule aggiuntive e di organizzare il trasporto pubblico per il prossimo anno scolastico. Ma le cose non vanno così bene dappertutto e a settembre centinaia di presidi in tutta Italia si troveranno senza spazi sufficienti per garantire il distanziamento ai loro studenti. Il Comitato tecnico scientifico è intervenuto alla radice del problema e nelle nuove linea guida pubblicate la scorsa settimana viene specificato che la mancanza degli spazi minimi «non determinerà il ricorso alla didattica a distanza».

I genitori

«Nei primi quattro o cinque mesi di di una pandemia si può comprendere tutto, ma che dopo un anno e mezzo non ci siano piani è intollerabile», dice Gianni De Giglio, un genitore di due ragazze che a Bari frequentano la prima superiore e la prima elementare e che fa parte di Priorità alla scuola, un’associazione che mette insieme famiglie, studenti e personale scolastico.

De Giglio descrive la dad dell’anno scorso come un «disastro» che ha avuto effetti pesanti su docenti, famiglie e soprattutto sui loro figli. Le scuole, racconta, hanno spesso fatto il possibile con le loro magre risorse affidategli dall’autonomia, ma per il resto la sensazione è stata quella di essere abbandonati. Lo scorso 20 luglio, a Bari, c’è stato un incontro in prefettura tra genitori, dirigenti scolastici ed enti locali. Le famiglie sono state rassicurate sul ritorno della scuola in presenza, ma De Giglio rimane scettico. «Un anno fa, a luglio, facevamo gli stessi discorsi e abbiamo visto com’è andata. Finché non vediamo dati concreti sugli spazi o sui casi pollaio non possiamo fidarci che la scuola rimarrà in presenza».

E i docenti

Per avere classi meno affollate e più sicure è necessario avere personale docente aggiuntivo. Il governo ha deciso quest’anno di assumerne fino a 112mila, ma probabilmente troverà meno della metà di questa cifra, a causa della mancanza di personale nelle liste di insegnanti abilitati, ormai arrivate quasi a esaurimento.

«L’anno scorso abbiamo avuto un record di 213mila precari impegnati nella scuola – dice Raffaele Arcone, che fa parte di un coordinamento di docenti precari – Cinquanta o sessantamila assunzioni non sono una soluzione». Per Arcone, il governo usa il tema della vaccinazione di studenti e insegnanti per nascondere le vere problematiche della scuola. «È sparito il tema di ridurre il numero di alunni per classe. Trasporti, chi ne parla più? Si scarica tutto sugli ultimi, i precari e gli studenti».

Soluzione vaccini?

Non si conosce esattamente il numero di docenti vaccinati, ma si tratta probabilmente di più dell’85 per cento (molti di loro sono stati vaccinati per fascia d’età e quindi sfuggono alle statistiche).

È una percentuale già piuttosto alta, senza risorse e volontà politica da investire in nuovi spazi, impianti di aerazione o nell’assunzione di un numero di insegnanti sufficiente, governo e forze politiche hanno puntato molto sulla loro vaccinazione come soluzione ai problemi della dad e della scuola più in generale. Ma anche se, come si ipotizza in questi giorni, il green pass venisse esteso al personale scolastico, restano comunque 3,3 milioni di studenti over 12 da vaccinare con una, o preferibilmente, due dosi entro settembre. Per proteggerli tutti bisognerebbe vaccinarne 200mila al giorno per oltre un mese. Obiettivo difficile: nell’ultima settimana ne abbiamo vaccinati in media meno di 40mila al giorno.

© Riproduzione riservata