Mentre il governo ungherese bandisce il Pride e autorizza il riconoscimento facciale contro chi manifesta, Bruxelles temporeggia. Ma la Commissione ha tempo solo fino al 27 maggio per reagire, prima che la legge entri in vigore senza contestazioni, dando alibi all’autocrate. E cresce la pressione degli eurodeputati. Morace (M5s): «Commissione sempre più a destra». Zan (Pd): «Il 28 giugno ci sarò. Le istituzioni Ue non saranno complici di questa barbarie»
Nel cuore dell’Europa, un governo vieta una marcia per i diritti civili. E Bruxelles, invece di rispondere, si ritira in silenzio. Il prossimo 28 giugno Budapest ospiterà il Pride, nonostante una legge approvata a marzo dal Parlamento ungherese che ne vieta ufficialmente lo svolgimento.
Gli organizzatori non si fermano, ha dichiarato il portavoce del Budapest Pride Máté Hegedűs, a Domani: «Non riguarda solo la libertà della comunità Lgbtq, ma la libertà di tutti gli ungheresi di protestare e alzare una voce critica». Sfidano il divieto, ben cons ape voli che la nuova normativa consente l’uso del riconoscimento facciale per identificare chi organizza o partecipa a eventi non autorizzati. E invitano tutta l’Unione europea a partecipare.
von der leyen non vuole “provocare” Orbán
Ma a Bruxelles, intanto, si gioca una partita diversa: quella della prudenza. Secondo fonti vicine alla Commissione, il gabinetto della presidente Ursula von der Leyen ha raccomandato ai commissari europei di non recarsi al Pride di Budapest, per non “provocare” il governo di Viktor Orbán.
«Il gabinetto di von der Leyen è stato piuttosto chiaro: non vuole vedere nessuno al Pride. I commissari non vogliono essere coinvolti né creare tensioni interne», riferisce una fonte a conoscenza diretta delle discussioni.
Un’altra fonte, secondo quanto riporta il quotidiano Euractiv, aggiunge: «La logica è che non dovremmo andare a provocare Orbán sul suo terreno». La preoccupazione a Palazzo Berlaymont è che il governo ungherese possa strumentalizzare qualsiasi presenza europea come atto di ingerenza morale da parte delle “élite di Bruxelles”, accusandole di essere fuori dal mondo.
Non è solo cautela diplomatica. È un calcolo figlio della paura. La commissaria per le Pari Opportunità, la belga Hadja Lahbib, ha criticato la legge ungherese. Ma anche lei, riferiscono fonti interne, si è mossa con discrezione.
Il centrosinistra italiano sfila
Tra i commissari c’è chi parla di “effetto Trump”. E mentre la Commissione si defila, alcuni eurodeputati e rappresentanti di governi nazionali hanno fatto sapere che parteciperanno comunque alla marcia. In Italia per il Movimento cinque stelle parteciperanno gli europarlamentari Carolina Morace e Mario Furore, insieme alla senatrice Alessandra Maiorino.
Morace, a Roma per l'evento pubblico al Senato dal titolo “Quanto è difficile fare coming out. Europa e diritti civili: a che punto siamo”, commenta a Domani: «Dov’è finita la von der Leyen che nel 2021 dichiarava che i Pride sono al centro dei valori europei? Orgogliosamente siamo all’opposizione di questa Commissione che è sempre più a destra e come M5s saremo a Budapest con una delegazione a testimoniare la nostra vicinanza alla comunità Lgbtq sempre più discriminata dalle leggi liberticide di Orbán».
Da Bruxelles, invece, la portavoce della Commissione europea per l'Uguaglianza, Eva Hrncirova, nel briefing quotidiano con la stampa ha commentato: «Spetta alle autorità nazionali decidere in merito a raduni, dimostrazioni e manifestazioni. Ovviamente, i commissari devono agire secondo la legge, quindi dipenderà dalle conseguenze relative al pride di Budapest».
Una dichiarazione che stona con le parole affidate a un post social il 17 maggio, nella Giornata internazionale contro l’omofobia, bifobia e transfobia, da Ursula von der Leyen: «Ricordate sempre: l’Europa è vostra alleata. Io sono vostra alleata. Questa settimana e ogni settimana. Siate orgogliosi. Sempre».
L’inazione della commissione europea
La distanza fra le intenzioni e le azioni ha una data di scadenza. Secondo il regolamento, quando un paese dell’Ue adotta una legge potenzialmente in contrasto con il diritto europeo, la Commissione ha due mesi di tempo dalla pubblicazione ufficiale per agire, notificando un’obiezione o avviando una procedura di infrazione.
Sulla legge anti-Pride la Commissione dovrà intervenire entro il 27 maggio, altrimenti la legge ungherese entrerà in vigore senza alcuna contestazione formale da Bruxelles. «Orbán potrà così dire che la Commissione ha visto e non ha detto nulla», lamentano da Bruxelles. Una scadenza tecnica, ma anche politica: segnala quanto lo spazio europeo per i diritti civili sia fragile, e quanto rapidamente possa restringersi.
Renew Europe, gruppo centrista guidato da Valérie Hayer, ha scritto in queste ore una lettera urgente a von der Leyen – firmata anche da Katalin Cseh e Sophie Wilmès – chiedendo alla Commissione di richiedere misure legali provvisorie immediate presso la Corte di giustizia per sospendere l’efficacia della legge ungherese.
«Quando un governo mette a tacere il Pride, mette a tacere la libertà stessa», scrive Hayer. «L’Europa non può diventare complice con l’inazione. L’Ue deve agire ora per proteggere la libertà di riunione pacifica e difendere i diritti Lgbtq».
La Commissione, va ricordato, ha sospeso fondi all’Ungheria per il deterioramento dello stato di diritto. E ora alcuni eurodeputati, tra questi la pentastellata Morace e Alessandro Zan, europarlamentare e responsabile dei diritti del Pd, chiedono che lo stesso criterio venga applicato per la repressione dei diritti Lgbtq.
E Zan dichiara: «La Commissione europea non può chinare la testa davanti a un governo che sistematicamente calpesta i diritti della comunità Lgbtqia+: deve anzi condannare con fermezza il divieto imposto da Orbán sullo svolgimento dei Pride in Ungheria. Che la Commissione consideri di arrendersi alla politica violenta e discriminatoria di un governo di uno stato membro è inaccettabile. Per questo io il 28 giugno a Budapest ci sarò. Va lanciato un segnale chiaro: le istituzioni europee non rimarranno indifferenti e non saranno complici di questa barbarie».
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