Fa una lunga pausa Máté Hegedűs quando gli chiediamo un commento sulla vicinanza tra la presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni e il suo primo ministro Viktor Orbán, ricevuto a Palazzo Chigi anche recentemente in occasione dei funerali di Papa Bergoglio. Hegedűs 28 anni, attivista non binary e portavoce del Budapest Pride, riflette lisciandosi i baffi a manubri con le unghie laccate. Ha una voce roca, rapida e timida ma senza paura. «Dovrebbe preoccuparci. Meloni e altri leader di destra sono pronti a cavalcare l’odio anti-Lgbtq per vincere dei voti».

È passato quasi un mese dal controverso emendamento costituzionale fortemente voluto dal premier ungherese e rappresenta un’ulteriore svolta autoritaria nella legislazione sui diritti civili. La modifica costituzionale, sostenuta dal partito di governo Fidesz, giustifica la restrizione della libertà di assemblea pacifica, di fatto vietando le marce del Pride, che Orbán considera dannose per lo sviluppo dei bambini. Quel Pride che da cinque anni Máté e la sua comunità organizza sfidando proprio pregiudizi e aggressioni. La nostra conversazione inizia con una domanda proprio su questa scelta fortemente criticata dall’Europa.

«Prima di questa mossa Viktor Orbán, a febbraio, si era rivolto direttamente a noi organizzatori del Budapest Pride consigliandoci di non preparare la parata: “Uno spreco di denaro ed energia”. Non ci aspettavamo il divieto costituzionale. Tuttavia, dopo quell’annuncio è stato chiaro che, se il governo avesse voluto procedere con questa azione, l’avrebbe fatto, visto che ha la maggioranza in Parlamento. È stato uno sviluppo devastante, ma non ci arrendiamo. La nostra comunità e la nostra organizzazione stanno lavorando duramente affinché possiamo comunque tenere la marcia del Pride a Budapest quest’anno».

Sappiamo che per monitorare e multare i partecipanti, Budapest ha autorizzato l’uso della tecnologia di riconoscimento facciale, una pratica vietata dalla legge europea, se non in circostanze molto limitate. Che rischi comporta questo per voi?

Crediamo che questa modifica alla legge sia una tattica intimidatoria, per fare in modo che le persone abbiano paura di partecipare alla nostra protesta, alla marcia. Certo, tutto questo è spaventoso, ma ognuno potrà portare il proprio caso in tribunale ed evitare di pagare la multa. Inoltre, questo sistema non è pensato per gestire decine di migliaia di persone, quindi probabilmente, sarà molto difficile anche per la polizia stessa.

Può raccontarci cosa vuol dire vivere in Ungheria sotto il governo di Orbán per la comunità Lgbtq?

Posso parlare solo della mia esperienza, che viene da Budapest. Qui ci sono locali Lgbtq e queer-friendly, dove le persone possono trovare una comunità e esprimersi liberamente. Personalmente, non mi sento molto sicuro da persona non-binaria: ho un look maschile, però mi dipingo le unghie e spesso mi piace truccarmi. Molte persone queer si trasferiscono a Budapest perché la città è vista come più accogliente rispetto ad altre città ungheresi. Passeggiando per alcune zone di Budapest si possono vedere coppie queer che si tengono per mano. Sa, questa è una domanda che mi fanno spesso. Mi chiedono: ma è accettabile in Ungheria indossare simboli arcobaleno o queer, e io rispondo sempre di sì, perché non dovresti. Non sono registrati casi di molestie per questo. Ma certo non è un paradiso: so di colleghi che hanno ricevuto sputi e insulti.

Che impatto hanno le politiche omofobe e transfobiche di Orbán sul tessuto sociale, in particolare per quanto riguarda la violenza anti-Lgbtq?

La propaganda del governo sta facendo sentire più potenti le voci anti-Lgbtq e sta cercando di polarizzare la società. Ma sta fallendo. Gli studi mostrano un sostegno costante e in crescita verso la comunità arcobaleno. Gli ungheresi sostengono il matrimonio tra persone dello stesso sesso, il riconoscimento legale del genere e la marcia del Pride. Anche se il governo sta cercando di invertire questa tendenza. Viktor Orbán e il suo partito temono di perdere il potere che hanno, quindi cercano di guadagnare più elettori di destra per la loro base. Per fare ciò, devono creare questa figura del nemico, e in Ungheria questo nemico è rappresentato dalla comunità Lgbtq.

La nuova legislazione definisce il genere come binario e immutabile—maschio o femmina—negando ogni riconoscimento legale per le identità transgender o non binarie. Qual è l’effetto di questo sulla comunità transgender?

Il riconoscimento legale del genere era già stato vietato in Ungheria nel 2020, quindi questo cambiamento rappresenta solo una mossa per conquistare la base elettorale. Vogliono apparire come quelli che “proteggono” i ruoli di genere tradizionali e il sesso biologico. Ma ciò fa sentire le persone transgender, intersex e non binarie come cittadini di seconda classe, le cui identità vengono invalidate dai politici. Dobbiamo continuare a lottare e restare uniti come comunità per dimostrare a tutti che siamo qui e che siamo persone che vivono, studiano, lavorano e pagano le tasse in questo paese.

Come anticipato il Budapest Pride si terrà comunque. Come pensate di aggirare il divieto?

Sì, annunceremo a breve come procederemo quest’anno. Ma marceremo sicuramente il 28 giugno. Siamo una comunità che si assume questa responsabilità insieme, quindi non c’è nulla di cui avere paura. Inoltre, ci saranno molte persone che parteciperanno alla marcia del Pride anche dall’estero.

Pensa che l’Ungheria riuscirà prima o poi a liberarsi di Orbán?

Sì, e spero che accada con le elezioni dell’anno prossimo, quando finalmente ce ne libereremo. È un politico insaziabile, a capo di un sistema corrotto, che ora ha paura di perdere tutto quello che ha accumulato.

Giorgia Meloni ha incontrato diverse volte il Presidente ungherese. Recentemente ai funerali di Papa Bergoglio. Che idea ha di questa vicinanza?

Dovrebbe preoccuparci, ma ciò che temo davvero è il rischio concreto che sempre più leader della destra radicale seguano l’esempio di Orbán e Meloni, normalizzando la propaganda anti-Lgbtq per capitalizzare il consenso elettorale. Se le società non reagiscono con forza, questi attacchi ai diritti fondamentali potrebbero diventare una strategia politica diffusa in tutta Europa

A proposito di estero, il Budapest Pride vorrebbe mandare un messaggio alla comunità Lgbtq italiana?

Sono davvero i benvenuti a unirsi a noi il 28 giugno per marciare insieme per la libertà di tutti gli ungheresi, perché questa non riguarda solo la libertà della comunità Lgbtq, ma la libertà di tutti gli ungheresi di protestare e alzare una voce critica. Abbiamo anche una petizione che le persone possono firmare.

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