Non c’è solo Merz a Berlino, a prendere di mira il diritto di asilo: lo ha già sospeso Tusk in Polonia, proprio come i predecessori del Pis. E che dire dello spazio di libera circolazione? Una sfilza di paesi – comprese Germania e Italia – lo manda in tilt a colpi di deroghe. La retorica anti migranti crea mostri e mina diritti
L’aspirante cancelliere tedesco Friedrich Merz prende di mira il diritto di asilo in campagna elettorale, ma se è per questo il cancelliere attuale non ha esitato a mandare in cantina il sistema Schengen. E certo, gli ultraconservatori del Pis polacco praticavano respingimenti illegali, ma pure l’attuale premier di centrodestra Donald Tusk non scherza. In tutta Europa la tendenza a rincorrere l’estrema destra produce sia uno slittamento del discorso pubblico che la erosione effettiva di diritti cardine dell’ordinamento europeo.
Il tema non riguarda solo chi arriva, per il diritto di asilo compromesso, ma pure gli europei che si ritrovano controlli alle frontiere tra un paese e l’altro. Lo spazio Schengen non è del tutto sovrapponibile con quello Ue, ma è difficile immaginare uno spazio pubblico europeo, generazioni interrail ed Erasmus, senza la libertà di circolazione.
Controlli alla frontiera
Dovrebbe essere un lontano ricordo l’esibizione di documenti da uno stato all’altro: in teoria lo spazio Schengen è «la più vasta area di libera circolazione al mondo» e di recente si è pure esteso a Bulgaria e Romania. Ma il condizionale diventa obbligatorio dato l’ammontare di paesi che attualmente hanno reintrodotto i controlli: Germania, Italia (al confine con la Slovenia), Austria, Slovenia, Olanda, Norvegia, Danimarca, Francia, Svezia, e persino la Bulgaria verso la Romania. Motivazioni ricorrenti: «minacce alla sicurezza», «pressione migratoria», «minacce ibride dalla Russia».
Gli stati dovrebbero imporre controlli solo in ultima istanza, in casi eccezionali, il minimo che basta; ma la Commissione Ue può solo valutare la necessità della misura, non impedirla. Da un decennio Berlino riattiva i controlli con l’Austria, e già quando era cancelliera Merkel la sospensione di Schengen suscitava reazioni (anche dall’allora premier Conte). Tra migrazioni e pandemie, i governi hanno abbondato in deroghe.
La rincorsa a destra sulla retorica anti migranti esaspera il trend, come si è visto a settembre, quando pure i socialdemocratici di Scholz hanno imposto il ripristino dei controlli verso più paesi, a ridosso di elezioni regionali con l’AfD arrembante.
Diritti sospesi
Fa clamore il tentativo di Merz di compromettere il diritto d’asilo, addirittura votando una mozione assieme ad AfD; ma questo diritto è sotto attacco su scala europea, come mostra il caso polacco.
Nel 2021 il governo dell’epoca (a guida Pis, alleati di Meloni in Ue) non si era limitato a professare e praticare i respingimenti illegali al confine orientale; li aveva resi legge. L’argomento delle interferenze straniere aveva facilitato una reazione morbida da parte della Commissione Ue, ma la “zona cieca” (vietata anche a media e ong) creata al confine con la Bielorussia aveva allarmato la società civile e ispirato il film Il confine verde della regista Agnieszka Holland.
Nell’ottobre 2023, la speranza di cambiamento ha spinto un numero inedito di polacchi al voto, e Tusk al governo. Ma, una volta insediatosi, il premier (che in Ue è nel Ppe) ha proseguito le stesse politiche, portando in parlamento una legge per «la sospensione temporanea del diritto di asilo». Si è detto fiducioso che l’Ue avrebbe digerito la cosa (una violazione del diritto a ogni livello, pure europeo e internazionale) in nome della «strumentalizzazione dei migranti» (da parte di Bielorussia e Russia), e così è andata: mentre Meloni faceva i pre vertici sul modello Albania, il premier polacco otteneva compiacenza. Chi, come Holland, una volta sperava nella sua vittoria per ripristinare lo stato di diritto, si ritrova a protestare contro la violazione del diritto di asilo.
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