Nel Regno Unito una sentenza della Corte Suprema rivede l’interpretazione della legge sulle “quote rosa” negli incarichi pubblici. Ma non nega l’esistenza delle donne trans né il loro diritto all’affermazione di genere. In Italia festeggiano Lega e Fdi. Parigiani (Movimento identità Trans): «Decisione che rischia di essere strumentalizzata per alimentare la transfobia delle destre»
Tutto Domani in un solo abbonamento. Approfondimenti, inchieste, analisi e opinioni autorevoli a poco più di 1,50 € a settimana. Abbonati ora per un anno.
«Questa sentenza era nell’aria», dicono gli attivisti Lgbt inglesi, sfogliando le 88 pagine della Corte suprema del Regno Unito che reinterpreta la legge anti-discriminazione Equality Act (EA) del 2010, stabilendo che la definizione giuridica di "donna" si basa sul sesso biologico, non sul documento che riconosce legalmente il cambio di genere.
Non un cataclisma improvviso per la comunità trans, che oggi chiede cautela nei giudizi. Il Regno Unito post-brexit ha dato, negli anni, manforte ai conservatori che hanno dichiarato guerra agli adolescenti con varianza di genere e al riconoscimento delle persone trans. Era stato Jonathan Cooper, uno dei più importanti avvocati per i diritti umani inglesi, a spiegare su Forbes che la Brexit avrebbe portato a un indebolimento delle tutele per le persone Lgbt: «Senza la protezione fornita dall’UE, l’Equality Act potrebbe essere modificato o superato dalle legislazioni successive». Era il 2020. Da oggi la legge che protegge caratteristiche come sesso, genere e persone che hanno fatto un percorso di riassegnazione di genere definendo una donna come "femmina di qualsiasi età" sarà interpretata diversamente. La sentenza, attenzione, non mette in discussione il sistema dei procedimenti di affermazione di genere del diritto inglese né il suo basarsi sui principi di autodeterminazione.
La Corte inglese ha deciso che «i termini donna e sesso nell'Equality Act si riferiscono a una donna biologica e al sesso biologico». Dando ragione al gruppo di donne transescludenti For Women Scotland (FWS), finanziato dalla scrittrice J.K Rowling.
Donne per la legge
Il caso risale al 2018, quando l'amministrazione scozzese, guidata dall'allora prima ministra Nicola Sturgeon, approvò una legge per stabilire quote di genere e far sì che più donne entrassero nei consigli di amministrazione pubblici. Un’ulteriore modifica aveva aperto anche alle donne transgender. Ai giudici della Corte Suprema il gruppo FWS aveva chiesto quale fosse per la legge il sesso: quello biologico o quello legale "certificato" dal Gender Recognition Act (Grc), cioè la legge sul cambio di genere.
Per i legali del governo scozzese la legge è chiara: bastava un certificato (come avviene in Scozia) per ottenere un cambiamento di sesso "in tutti gli aspetti". Per Fws rimaneva valida l'interpretazione di "senso comune".
La Corte quindi si è espressa con una premessa: «Sconsigliamo di leggere questa sentenza come un trionfo di uno o più gruppi nella nostra società a spese di altri, perché non lo è», ha voluto sottolineare il vice presidente della Corte Suprema, Lord Hodge. Infatti la protezione e il riconoscimento delle persone transgender resta: «L'Equality Act del 2010 garantisce alle persone transgender protezione non solo contro la discriminazione attraverso la caratteristica protetta della riassegnazione di genere, ma anche contro la discriminazione diretta, la discriminazione indiretta e le molestie sostanziali legate al genere acquisito».
Nella sentenza Lord Hodge insieme a Lady Rose e Lady Simler chiariscono che la definizione di sesso contenuta nell'Equality Act 2010 prevede un concetto binario: una persona è o una donna o un uomo. E sono le caratteristiche biologiche a determinarlo. Tuttavia nelle ultime dieci pagine si legge che questo non pregiudica l’accesso delle persone trans alle tutele anti discriminatorie per identità di genere e che in casi di discriminazione diretta, le donne trans, potranno continuare a invocare la discriminazione per sesso.
Esultano le destre
Il gruppo di attivisti Scottish Trans ha invitato a «non farsi prendere dal panico. Non conosciamo gli effetti concreti. Evidenziamo che la Corte ha accolto interventi di numerose organizzazioni che vogliono limitare i diritti delle persone trans, ma si è rifiutata di ascoltare le persone trans». Mentre Susan Smith, fondatrice di Fws esulta: «Le donne possono sentirsi sicure sul fatto che servizi e spazi designati per le donne sono per le donne».
Un dibattito che soffia anche in Italia, benché abbia un sistema giuridico e di riconoscimento delle persone trans lontano anni luce. In politica esultano Fratelli d’Italia e Lega con l’europarlamentare Roberto Vannacci che parla di «sentenza storica». Per Roberta Parigiani, portavoce del Mit (Movimento identità Trans): «Il fatto che la pronuncia in esame sancisca una differenza di tutele tra donne transgender e cisgender è inevitabilmente un passo indietro. Ciò che anima la discriminazione di genere è infatti una componente culturale, che non si fonda sul dato biologico ma su stereotipi che vanno affrontati in ottica trans-inclusiva. La pronuncia rischia di essere strumentalizzata alimentando il clima di discriminazione velenosa su cui viaggiano certe destre».
© Riproduzione riservata