Buongiorno Europa! Eccoci alla seconda edizione dello European Focus!
Sono Siniša-Jakov Marusic, il caporedattore di questa settimana, e scrivo da Skopje.
Pronti all’inverno? Non sto parlando dello skipass, ma delle temperature sottozero, dell’aumento delle bollette energetiche, dei blackout, della possibilità che non saremo in grado di riscaldare le nostre case.
Si è parlato molto del ricatto energetico del Cremlino e dei duri mesi che ci attendono. Ma ora che l’inverno è alle porte, la questione diventa reale e ineludibile per tutti noi europei.
Non poteva quindi non essere sul tavolo del nostro European editorial meeting settimanale, dove un commento mi ha colpito in particolare: “Per noi, è una questione di vita o di morte – di sopravvivenza, letteralmente”, ci ha detto il nostro collega ucraino. Ti dà da pensare, vero?
Essere preoccupati per una bolletta più cara non è la stessa cosa che temere per la propria vita e per quella dei propri familiari, mentre si fa scorta di candele nel bel mezzo di una guerra. Ma è proprio perché Mosca fa del suo meglio per tenerci al freddo, per spaventarci, che dobbiamo intraprendere il cammino verso un futuro energetico migliore, più sostenibile.
È una grossa sfida, e alcuni paesi sono più avanti di altri. Ma ne va del nostro futuro insieme.

Siniša-Jakov Marusic, caporedattore di questa edizione


Viaggio verso il diritto di esistere

Alcuni degli oggetti acquistati dall’autore dell’articolo in vista dei mesi freddi: un fornello da campeggio e bombolette di gas, candele, powerbank, thermos, portavivande termico e vestiti caldi. Foto: Anton Semyzhenko.

KIEV – Che tipo di stufa scegliere: elettrica o a gas? Quanto costa un pannello solare da balcone? Saranno sufficienti tre powerbank? E sarà meglio che mi procuri indumenti termici, o basterà aggiungere un altro strato? Queste sono le domande che mi passano per la testa in questo periodo – le stesse che si stanno ponendo milioni di ucraini.
Ci chiediamo, preoccupati, se il nostro esercito farà progressi durante l’inverno, e se le forniture di armamenti moderni continueranno ad arrivare. Ma una cosa è certa: che si tratti di attacchi missilistici o di cyberattacchi contro i nostri sistemi, il Cremlino farà di tutto perché questo sia un inverno molto freddo, e molto buio, per l’Ucraina.
So già cosa si prova. È dal 2014 che gli hacker russi provocano blackout in varie parti del mio paese. E così ora sono su internet a cercare di procurarmi quello che mi servirà a superare questo periodo.
Le motivazioni della Russia sono chiare: un inverno rigido e bollette del gas molto care potrebbero spingere l’Europa ad accettare i termini di Mosca per concludere la guerra. I blackout e il freddo intenso logoreranno gli ucraini, convincendoli a porre fine a questo incubo.
Ma fra quelli che conosco nessuno pensa alla resa.
È per questo che oggi, in Ucraina, le candele non sono un simbolo di accoglienza o di romanticismo. Sono uno strumento di sopravvivenza, una fonte di luce di cui fare scorta, proprio come 200 anni fa.
Non mi importa del prezzo del gas, mi importa se ne avrò da usare, oppure no. Ho comprato fiammiferi, un fornello da campeggio e diverse bombolette di gas, seguendo i consigli di una nota brochure su come prepararsi all’emergenza. Sembra che sia pronto a partire per un viaggio in tenda, ma invece che in una foresta quest’anno sarò accampato a casa mia. Ma la destinazione è chiara: la nostra libertà.
Anton Semyzhenko è caporedattore della sezione in lingua inglese del sito di news babel.ua


Il numero della settimana: 1000

TALLINN – A Estonia, Lettonia e Lituania occorrono almeno altri 1000 giorni per raggiungere l’indipendenza dall’elettricità russa, secondo il piano da 1,6 milioni di euro per disaccoppiare i paesi baltici dalla rete di Mosca entro il 2025.
La possibilità di connettersi alla rete elettrica continentale europea prima di questa data esiste, ma rimane il rischio di interruzioni di corrente e bollette più care, dato che le infrastrutture esistenti non consentono ancora una transizione regolare.
La posta in gioco è alta: i paesi baltici sono decisi a impedire che la Russia continui a servirsi dell’energia come un’arma; la scorsa settimana, la prima ministra dell’Estonia, Kaja Kallas, ha richiamato l’attenzione sul pericolo di blackout che corrono i baltici qualora Putin decida di isolarli
Hermann Kelomees è un giornalista di Delfi e si occupa prevalentemente di politica


La Francia e le “previsioni del tempo energetico”

Questa mappa della Francia è divisa in zone di colore verde, arancione o rosso a seconda del rischio di blackout

PARIGI – Fino a poche settimane fa, erano pochi i francesi che avevano sentito parlare di Ecowatt, un portale finanziato con fondi pubblici. Ma ora che l’inverno è in arrivo, le sue “previsioni del tempo elettrico” potrebbero diventare uno strumento utile e popolare.
E così, come tanti, ho deciso di connettermi.
Attraverso il sito o un sms, Ecowatt avverte i consumatori della possibilità di interruzioni di corrente, dando loro modo di spegnere gli elettrodomestici per ridurre il consumo ed evitare disagi.
Per i motivi che ben sappiamo, il rischio di blackout è sempre più alto. Finora, grazie al bel tempo, non ho ricevuto notifiche. Continuerà ad andare tutto bene anche con l’arrivo dell’inverno?
Julien Lecot è un giornalista che si occupa di notizie internazionali e di questioni sociali per Libération


I polacchi intrappolati nell’èra del carbone

Un minatore a 1.000 metri sotto il livello del suolo nella miniera di Bogdanka, in Polonia. Foto: Jakub Orzechowski / Agencja, wyborcza.pl

VARSAVIA – Mentre l’Europa occidentale parla di energie rinnovabili, la Polonia si affanna dietro al carbone.

In Polonia il carbone è la principale fonte di energia. Non solo viene utilizzato per produrre elettricità, ma viene anche bruciato da migliaia di famiglie per tenere lontano il freddo. Le scorte non sono mai state un problema. Finora.

Il governo guidato dal partito Diritto e giustizia (Pis) ha fatto del carbone quasi un feticcio, e i minatori godono di alcuni fra i più generosi sussidi statali esistenti nel paese. Per accontentare la lobby del carbone il governo ha bloccato lo sviluppo dei parchi eolici, mentre gli appelli degli ambientalisti a una maggiore attenzione, da parte della Polonia, verso gli effetti del riscaldamento globale, sono stati liquidati dai politici del Pis come propaganda di sinistra. Diversi studi che dimostrano come l’inquinamento atmosferico sia la causa della morte, ogni anno, di migliaia di polacchi, sono stati ignorati.

Secondo il presidente Andrzej Duda in Polonia c’è carbone per altri 200 anni. Tuttavia, pur inchinandosi di fronte alla lobby del carbone, senza dare nell’occhio il governo ha chiuso diverse miniere, trovando più convenienti le importazioni dalla Russia e dal Donbass occupato – in sprezzo a un embargo Ue.

Il 14 Aprile, a circa sei settimane dall’invasione russa dell’Ucraina, la Polonia ha imposto un embargo sulle importazioni di carbone russo. E qui sono iniziati i problemi.

I depositi di carbone, un tempo pieni, si sono svuotati. I prezzi sono saliti alle stelle. A giugno il governo ha rassicurato la popolazione, insistendo che non c’era alcun bisogno di correre a fare scorte, e che il prezzo sarebbe sceso.

È successo l’esatto contrario. Jarosław Kaczyński, leader del Pis, ora dice ai polacchi di comprare meno e di attendere pazientemente i nuovi rifornimenti. Il governo ha ordinato carburante in Sud America, ma non è chiaro se arriverà in tempo. Rimane poi un grosso punto interrogativo rispetto alla qualità del carbone importato.

Un duro inverno attende l’Europa. E in particolare la Polonia. Nel novembre 2021 gli Stati Uniti hanno avvertito Varsavia dell’imminenza di un’invasione russa. Il governo ha avuto più di quattro mesi per prepararsi ad affrontare la possibilità di una carenza di carbone. Che cosa ha fatto in tutto questo tempo?

Bart Wieliński è vice-caporedattore del quotidiano polacco Gazeta Wyborcza


Venti di cambiamento dal Sud

Illustrazione di Emma Esser (EC Diseño)

MADRID - La crisi energetica è una crisi europea, ma questa volta – a differenza che durante la crisi finanziaria del 2008 – la mappa dell’Europa è alla rovescia. La Germania, in particolare, un tempo era la “maestrina” che faceva la ramanzina sull’irresponsabilità fiscale a Portogallo, Italia, Grecia e Spagna. Ma oggi Berlino si trova a essere colpita molto più duramente dei suoi vicini meridionali dalla crisi energetica.
La Germania ha alimentato la sua crescita industriale ed economica sfruttando il basso costo del gas russo, senza preoccuparsi dei rischi per la sicurezza – la propria e non solo. Chi è l’“irresponsabile”, adesso? Sarebbe lecito chiederselo.
La Spagna, d’altro canto, ha dimostrato lungimiranza, investendo in un pacchetto energetico più diversificato, nonostante gli alti costi.
Soltanto pochi mesi fa la proposta spagnola (sostenuta da Portogallo e Italia) per una radicale revisione del mercato energetico europeo veniva liquidata da alcuni come donchisciottesca – una reazione tipica di una certa gerarchia. Oggi invece sembra che stiano finalmente spirando venti di cambiamento dal Sud: un tetto al gas alla spagnola, modificato, sta diventando una realtà per il resto del blocco europeo.
Ovviamente, una riforma come questa è un progetto a lungo termine. Quest’inverno bisognerà ancora accettare ipotesi più pragmatiche e a breve termine, importando gas o carbone dagli Stati Uniti, dalla Norvegia e dall’Azerbaigian.
Ma proprio come la pandemia da Covid-19 ha consentito di interrompere certi “mantra” che sembravano indistruttibili, la tardiva realizzazione che l’energia è una questione di sicurezza europea rappresenta a sua volta un’opportunità storica di puntare a mezzi più sostenibili per produrla.
Rivolgendo lo sguardo al futuro, possiamo sperare che tutto ciò indichi che ci stiamo incamminando – insieme - in direzione di un comparto energetico innovativo, con più fonti rinnovabili in tutta Europa.
Alicia Alamillos è una giornalista di El Confidencial, specializzata in notizie internazionali

(Versione in inglese e portale comune qui; traduzione in italiano di Simone Caffari)

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