«Potremmo persino riuscire a evitare la recessione. E se lo ripeto non è per fare training autogeno, ma perché i dati reali ci dicono che anche nel primo trimestre abbiamo conservato nonostante tutto un modesto livello di crescita». C’è una sfumatura di ottimismo nelle parole pronunciate ieri, in collegamento con l’evento di Domani a Modena, da Paolo Gentiloni, che pure da quando ha assunto l’incarico di commissario Ue agli Affari economici di ombre ne ha affrontate parecchie.

«Nessuno immaginava che in un paio di anni avremmo avuto due cigni neri come la pandemia e la guerra». Ottimismo non significa inazione. Sui temi che il Consiglio europeo ha lasciato inevasi, come il tetto ai prezzi del gas, Gentiloni pensa che si debba agire. È anche a favore di nuovi prestiti europei (modello “Sure”).

La battaglia del commissario italiano è far sì che l’esperienza di indebitamento comune non resti una parentesi, anche se «per spostare gli equilibri politici bisogna dimostrare che Next generation Eu funziona».

Il tetto ai prezzi e Putin

«Fanno bene i paesi come l’Italia che segnalano l’importanza di agire», dice Gentiloni. Il governo italiano ventila da mesi l’idea di mettere un tetto ai prezzi del gas. Nel Consiglio europeo di questa settimana, Mario Draghi ha portato a casa l’ennesimo rinvio; il dossier slitta a ottobre. Eppure l’aumento dei prezzi dell’energia produce inflazione e più si aspetta, più contagia l’intera economia.

Perché quindi un nocciolo di paesi pone ancora resistenze a fissare un tetto? Il segretario del Pd Enrico Letta, proprio a Modena, ci vede il timore verso un nuovo progetto di indebitamento comune, come per il Next Generation Eu. «Non collegherei così strettamente il discorso sul prezzo del gas a quello del debito», dice il commissario. Nel caso del price cap «c’è la preoccupazione di alcuni paesi, in particolare la Germania, per i tagli di forniture da parte della Russia».

Gentiloni sa però che «chi ha un atteggiamento attendista e si augura che i tagli delle forniture siano solo momentanei non vuol vedere che sono invece finalizzati a rendere più complicato il riempimento degli stoccaggi in vista dell’inverno, così da avere le carte in mano per minacciarci in autunno». In conclusione «muoversi è ragionevole».

Formalmente, i governi, che di vertice in vertice rinviano il punto, per liquidarlo hanno invitato la Commissione – per l’ennesima volta - a fare una proposta. Bruxelles potrebbe agire. «La Commissione può fare proposte, e su questo tema può farne una che tenga conto del dibattito, sapendo che non c’è una opposizione ideologica basata su interessi materiali contrapposti». La proposta di Bruxelles somiglierà al piano italiano? «Chi pensa che non possiamo restare in balìa delle decisioni di Putin ha molte buone ragioni. Peseranno, sulla capacità della Commissione di fare una proposta».

Debito, prestiti e spread

«Next Generation non deve restare un’eccezione. Il punto sarà avere una capacità fiscale permanente. L’emissione di debito comune per obiettivi condivisi è una necessità evidente, anche se le condizioni politiche non sono mature», dice il commissario. Sia il governo italiano che la confederazione dei sindacati europei perorano un nuovo Sure: in pandemia ha funzionato come cassa integrazione europea, e – come ha detto Draghi per tranquillizzare i governi restii – «si tratta di prestiti, non di aiuti».

«Un nuovo Sure? Figuriamoci se non sono d’accordo», dice il commissario. «Rivendico di aver proposto io questo strumento, in una riunione fiume di 35 ore a pasqua 2020, quando bisognava decidere gli strumenti immediati per rispondere alla crisi. Si tratta di prestiti con condizionalità assai lievi e infatti 16 paesi vi hanno fatto ricorso, il doppio di quelli che hanno attinto ai prestiti di Next Generation».

Per l’Italia attingere a 26 miliardi di prestiti con un sistema comune ha comportato «un risparmio di tre miliardi e mezzo dovuto alle condizioni dei tassi più favorevoli». Questione di spread, tema quanto mai attuale. «La Bce deve farsi carico non solo della normalizzazione della politica monetaria, ma anche del rischio frammentazione». Lo scudo anti spread non è un dettaglio, ora deve diventare concreto.

Veti, riforme e diritti

Tra i dossier seguiti da Gentiloni nel suo mandato, c’è la tassa globale sulle multinazionali. L’Ungheria la tiene in ostaggio: un veto tattico per sbloccare i fondi del recovery, come fatto in precedenza e con successo dalla Polonia. Il commissario ritwitta Barack Obama che condanna la deriva antiabortista della corte suprema Usa, eppure in Ue una corte di nomina politica – quella polacca – ha fatto un’operazione analoga, e purtuttavia Bruxelles ha dato il via libera al pnrr polacco. Tra le condizioni poste da Bruxelles, il diritto all’aborto non figura. «Gli obiettivi ai quali vincoliamo l’erogazione dei fondi riguardano solo uno spicchio, del contenzioso in corso tra Polonia e Commissione», si schermisce il commissario. Intanto l’uso del veto tattico continua a andare di gran moda.

«Fino a un mese e mezzo fa l’Ungheria si esprimeva a favore della tassa globale, ora no. Fo spiegato al governo ungherese che sta andando in una direzione non molto promettente per il suo paese». Il commissario invoca il principio di «leale collaborazione» e si dice «favorevolissimo» a superare il principio dell’unanimità; è a favore anche di una convenzione per riformare i trattati (ipotesi fatta cadere dai governi) ma lascia intendere che questa ipotesi non è realistica.

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