Il guaio in cui si trova il cancelliere tedesco Friedrich Merz è tutt’altro che semplice da risolvere. Nonostante i suoi sforzi a collocarsi in maniera credibile sulla scena politica internazionale, infatti, i suoi elettori sono tutt’altro che contenti di lui. 

Gli ultimi sondaggi dell’emittente pubblica Zdf sono inclementi: il cancelliere ha raccolto il livello più basso di consensi dall’inizio della legislatura. Appena il 46 per cento degli interpellati considera il suo lavoro buono, altrettanti tedeschi danno una valutazione negativa della sua prestazione. Ma l’allarme rosso è suonato soprattutto di fronte ai risultati dell’intera coalizione: più della metà degli intervistati, il 51 per cento, è convinto che il lavoro della coalizione non sia sufficiente, per il 41 per cento la performance è abbastanza buona. Già ad agosto gli insoddisfatti erano però stati più dei soddisfatti e le prospettive non sono rosee: il 55 per cento degli elettori dei tre partiti di governo Cdu/Csu e Spd è convinto che difficilmente i partiti della coalizione lavoreranno bene assieme. 

Allo stesso risultato era arrivato due giorni prima un altro sondaggio, stavolta di Ard: in quel caso gli scontenti con il governo Merz erano addirittura il 75 per cento degli interpellati. Un dato così drammatico che perfino l’esecutivo di Olaf Scholz, il famigerato governo Semaforo, dopo soli quattro mesi di governo era messo meglio: ad apprezzare l’operato di quella coalizione era il 47 per cento degli interpellati. 

Le prossime sfide

Il problema è anche un altro, e si chiama AfD. Nei mesi già diversi sondaggi avevano stimato AfD a consensi più alti di Cdu/Csu, ma stavolta a certificare il sorpasso è l’emittente pubblica, un canale quantomai lontano dal populismo di estrema destra di Alice Weidel. Come sempre, il dato si fortifica a est: in Sassonia-Anhalt il dato arriva al 39 per cento dei consensi. Manca ancora un anno alle elezioni del Land, ma la Cdu, ferma al 27 per cento, è lontanissima. 

Merz ha proposto una mano salda e la capacità di riportare il paese «al suo posto» sul piano internazionale, ma anche più benessere interno, un elemento estremamente importante per l’elettorato tedesco. Alle ultime elezioni proprio le generazioni più giovani avevano votato in massa per AfD e Linke spinti dai timori della conservazione del proprio livello di benessere. Dopo appena qualche mese di lavoro, Berlino appare più salda nella coalizione dei volenterosi (anche se pure Scholz aveva portato il paese a essere il primo fornitore di aiuti militari all’Ucraina dopo gli Stati Uniti) e il rapporto con Parigi sembra finalmente trovato ai vecchi livelli.

Ma ai tedeschi l’Aussenkanzler, il cancelliere degli Esteri, non basta. E c’è sempre AfD a gettare benzina sul fuoco, accusando Merz di non occuparsi dei problemi interni della popolazione. Ciliegina sulla torta, il gran parlare intorno alla possibilità che vengano mandate truppe europee in Ucraina: appena è stata ventilata l’ipotesi, il partito di estrema destra ha iniziato a battere la grancassa della propaganda con manifesti a tema. E Merz sembra essere consapevole di quanto l’argomento sia scivoloso: irritato dalla fuga in avanti di Ursula von der Leyen, ha subito smentito la presenza di piani concreti e ricordato che qualora la Germania dovesse anche solo prendere in considerazione la possibilità, ci sarebbe bisogno di un passaggio parlamentare. 

Il cancelliere sa che c’è bisogno di un buon risultato, qualcosa che torni a dare fiducia ai suoi elettori. Il primo test a cui va incontro è quello delle elezioni comunali in Renania settentrionale-Westfalia, dove il 14 settembre sono chiamate al voto quasi 14 milioni di persone. Si tratta non solo del Land più popoloso, ma anche della sua regione d’origine: non è un caso che Merz vuole guadagnarsi il suo risultato sul campo con diverse visite sul territorio, dando una grossa mano al governatore Hendrik Wüst, anche lui cristianodemocratico, seppure d’estrazione merkeliana, dato per un periodo come potenziale candidato della corrente – ormai minoritaria – centrista per sfidare Merz internamente. 

Nel 2020 la Cdu aveva stravinto la tornata, seguita dalla Spd. Al terzo posto si erano classificati i Verdi: mentre i cristianodemocratici controllano le zone fuori dalle città, socialdemocratici ed ecologisti si spartiscono i centri cittadini. I Verdi, in particolare, sono il gruppo più forte a Colonia, Bonn e Aquisgrana. È difficile fare previsioni, ma il grande timore è che a scapito di tutti i partiti tradizionali abbia un boom AfD, che già alle ultime elezioni nazionali aveva raccolto il 16 per cento. La Linke, altro partito alieno per quel Land, era arrivata all’8 per cento dei consensi. Se anche in questa occasione l’exploit di AfD dovesse essere confermato, sarebbe una prima spia del fatto che il partito di estrema destra inizia a prendere piede come alternativa credibile anche a ovest. Un incubo per i partiti tradizionali, soprattutto la Spd, che appare ancora persa nella ricerca di sé stessa dopo la débâcle delle politiche. 

In un’intervista recente il cancelliere ha sottolineato la necessità di migliorare la comunicazione del governo per illustrare al meglio i successi del governo come, dal suo punto di vista, la riduzione dei migranti e i timidi successi economici, anche se per rilanciare l’economia «ci vorrà un po’ più tempo». In attesa dell’«autunno delle riforme» annunciato dal governo, che vuole procedere con due vertici economici e una possibile riforma del welfare, un auspicio un po’ vago.  

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