Si potrebbe pensare a una disfatta totale: ma come, proprio Sebastian Kurz, il cancelliere austriaco che doveva mantenere a destra il partito popolare europeo, che fino a ieri battagliava per la linea dura anti migranti, ora rassegna le sue dimissioni da cancelliere?

La vera notizia è un’altra. E cioè che il leader dello Österreichische volkspartei (Övp), il partito popolare austriaco, nel pieno degli scandali che continuano a travolgere prima i suoi alleati e poi lui stesso, si dimette sì, ma con la condizione implicita di mantenere stabile la sua forza al governo. 

Il KurzGate

Uno scandalo dietro l’altro. Quelli che riguardano direttamente Kurz si susseguono almeno da maggio, quando il leader è stato oggetto di indagine perché sospettato di aver mentito a una commissione di inchiesta parlamentare. Al parlamento, il premier aveva infatti detto di non aver interferito con le nomine del board di una partecipata statale, Öbag. Ma i messaggini scambiati col suo cerchio magico raccontavano un’altra storia: all’amico Thomas Schimd, Kurz aveva scritto di non preoccuparsi, «arriverai ad ottenere ciò che vuoi» (emoticon bacini). Questo autunno un’altra inchiesta ha finito per rendere insostenibile la posizione di Kurz. L’accusa stavolta è di «appropriazione indebita, corruzione e traffico di influenza». In settimana le indagini hanno portato letteralmente scompiglio nei palazzi del potere: a Vienna, le perquisizioni hanno coinvolto – e travolto – non solo la cancelleria, ma pure il ministero delle Finanze e i vertici vicini a Kurz, le loro abitazioni, i loro uffici.

Tormenta a palazzo

Stavolta l’accusa al leader è di aver messo in piedi «sondaggi manipolati»: tra 2016 e 2018, i fondi pubblici – visto che di fondi del ministero della finanza si tratta – sarebbero stati utilizzati allo scopo di fare un maquillage ai sondaggi. Dovevano sembrare più favorevoli. L’ipotesi degli inquirenti è che l’ormai ex segretario generale del ministero delle finanze, fedelissimo di Kurz, abbia concretizzato il piano, che aveva come obiettivo di far apparire particolarmente «in forma» (sondaggisticamente parlando) Kurz, che all’epoca era ministro degli Affari esteri e ambiva a prendere il posto di Reinhold Mitterlehner alla guida dei popolari; cosa che poi in effetti gli riesce. Per questa pubblicità gonfiata, i media avrebbero incassato oltre un milione di euro. Gli inquirenti hanno messo nero su bianco i loro sospetti verso Kurz, oltre che su altre nove persone e su tre organizzazioni, coinvolte in vario modo.

Dimettersi per restare al potere

Sebastian Kurz ha definito «senza fondamento» le accuse, ma la possibilità per l’opposizione di gettare i suoi strali sul cancelliere lo ha convinto che la tattica migliore fosse rassegnare le sue dimissioni. Del resto i verdi stessi, in coalizione di governo coi popolari, stavano cominciando a discutere coi partiti di opposizione della necessità di sfiduciare il cancelliere; e sempre i verdi, venerdì ne avevano chiesto le dimissioni. Così il 9 ottobre, invece di aspettare un voto di sfiducia su di lui, ha annunciato di rimettere il suo incarico allo scopo dichiarato di «prevenire il caos». L’obiettivo è anche un altro: tolta dal proscenio del governo la sua figura ormai troppo screditata, consolidare però la coalizione di governo stessa; e rimanere di fatto al potere. 

Chi sostituirà Kurz

Perciò Kurz nel dimettersi ha anche suggerito un nome per la successione. Ed è guarda caso quello di un suo fedelissimo, il ministro degli Esteri Alexander Schallenberg. I verdi sembrano favorevoli all’ipotesi, e dopo il passo indietro dell’uomo degli scandali, pare che la coalizione al governo possa comunque rimanere salda. Chi è Schallenberg? Figlio di diplomatico, e uomo di diplomazia a sua volta, ha studiato giurisprudenza tra Vienna e Parigi per poi specializzarsi al collegio d’Europa di Bruges. Confidente e lealissimo di Kurz, ora è l’uomo che dovrà cambiare tutto perché poco o nulla cambi.

Da Ibiza a Schallenberg

Per comprendere del tutto questa parabola politica bisogna tornare indietro a un altro scandalo, l’Ibiza Gate. Kurz è il leader che ha spostato più a destra il partito popolare austriaco, ed è anche il leader che – nel primo esecutivo a sua guida, il Kurz I – fu pronto a costruire una alleanza con il Freiheitliche Partei Österreichs (FPÖ), formazione di estrema destra populista. Dal dicembre 2017, i due partiti hanno governato insieme. Ma due anni dopo, sempre uno scandalo ha sparigliato le carte. Il leader dell’FPÖ, Heinz-Christian Strache, nel maggio 2019 è finito travolto dall’IbizaGate: convinto di parlare con la nipote di un oligarca russo, Strache è stato filmato mentre le confidava corruttele e discuteva piani ambigui di ogni sorta, tra cui l’idea di favorire l’influenza di Mosca piegando i media come già fatto dal premier ungherese. All’epoca Kurz fu sfiduciato da cancelliere, ma al momento delle elezioni è tornato più forte che mai; pronto per altre alleanze.

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