All’età di 16 anni, sono stati i consigli di un prete cattolico a indirizzare Peter Sheridan verso una lunga carriera nella polizia. Quando è andato in pensione, più di tre decenni dopo, faticava a credere che il passaggio ai processi di peacebuilding fosse «lontano un milione di miglia» dalla sua precedente carriera. E non c’è da stupirsi, sapendo in quale luogo e in quale periodo indossava l’uniforme.

Il sessantatreenne che ora trasporta scatoloni nella nuova sede dell’ong Cooperation Ireland a Belfast ha prestato servizio in Irlanda del Nord durante e subito dopo i Troubles, ovvero il conflitto trentennale, settario e violento, che ha opposto i corpi paramilitari repubblicani irlandesi e quelli lealisti britannici e alcune forze statali del Regno Unito. In gioco, c’era lo status dell’Irlanda del Nord e la discriminazione contro la minoranza cattolica. Il conflitto ha causato oltre 3500 morti e migliaia di feriti; si è concluso ufficialmente nel 1998 con la firma dell’Accordo del venerdì santo.

Troubles in polizia

Perché un adolescente cattolico, che all’epoca pensava alle ragazze e al suo idolo calcistico George Best, voleva fare il poliziotto in una giurisdizione in conflitto come l’Irlanda del Nord? In mezzo a decine di scatole, Peter spiega il suo percorso dalla polizia al peacebuilding: «Ci sono finito in mezzo. Il mio insegnante di orientamento professionale era anche il mio insegnante di irlandese. Un prete cattolico della contea di Monaghan. O si voleva liberare di me o era un visionario. Mi disse di entrare nei cadetti della polizia. Nel 1976, se il tuo insegnante ti diceva di fare qualcosa, la facevi. A maggior ragione se era un prete».

All’epoca, la Met Police (la polizia metropolitana del Regno Unito) in Gran Bretagna non stava reclutando e l’An Garda Síochána, il servizio di polizia della Repubblica d’Irlanda, non rispose alla sua candidatura. Così Peter si unì alla Royal Ulster Constabulary (Ruc, il corpo di polizia federale dell’Irlanda del Nord) nel 1976 e poi al Police Service of Northern Ireland (Psni) – un corpo creato nel 2001 dopo l’Accordo del Venerdì Santo, poiché era stata riconosciuta la necessità di riformare la polizia nella regione.

Entrare in polizia comportava pericoli negli anni Settanta, visto che i poliziotti erano visti da alcuni come bersagli legittimi per l’Esercito Repubblicano Irlandese (Ira) e altri paramilitari. La nonna di Peter all’epoca disse: «Se è nato per essere fucilato, non annegherà mai». Il senso era che ognuno ha il suo destino, e 32 anni dopo il tempo le dà ragione. 

Dal 1978 al 2003 Peter è stato di stanza a Derry, la seconda città dell’Irlanda del Nord, luogo della Bloody Sunday (domenica di sangue). La maggior parte della sua carriera si è svolta tra sparatorie e attentati quotidiani. Quel trauma intergenerazionale è tuttora molto sentito. «A 16 anni ero ingenuo», ricorda Peter. «Non era, quello, il mestiere che mi aspettavo di fare in polizia. Non capivo bene i risvolti politici di ciò che stava accadendo».

Minoranza fra poliziotti

Al momento del pensionamento dalla Psni, nel 2008, Peter Sheridan era Assistant Chief Constable, l’ufficiale cattolico di grado più elevato in una società con un rapporto estremamente complicato con la polizia. Affinché ogni parte della società abbia fiducia nell’autorità, le forze di polizia devono riflettere la comunità che servono, cosa che all’epoca non accadeva affatto. Secondo il censimento dell’Irlanda del Nord del 2021, il 42,3 per cento del paese si identifica come cattolico; ma mentre oggi gli agenti di polizia cattolici rappresentano un terzo della forza lavoro, due decenni fa erano solo il 5 per cento.

Appartenere a una minoranza nella polizia e non voler perdere la propria identità è stato un tema costante nella carriera di Peter: «Ero in un’organizzazione con una cultura protestante al 95 per cento. Le persone potevano perdere la loro identità o la loro fede, e io non volevo farlo». Ma dopo esser stato minacciato in maniera diretta, Peter capì che non poteva continuare a partecipare alla sua abituale messa della domenica. «Negli anni Ottanta le guardie intercettarono un piano per mettere una bomba sotto la mia auto. Andai a trovare il vescovo Daly, vescovo di Derry dal 1974 al 1993, e mi disse che potevo andare a messa in qualsiasi giorno della settimana». Così l’agente è riuscito a preservare la sua identità e la sua cultura, svolgendo contemporaneamente il suo lavoro.

Ha concluso la carriera di poliziotto a 48 anni: «Cercavo una carriera diversa e ho optato per il peacebuilding». Nel 2008 è entrato a far parte di Cooperation Ireland. Oggi ne è l’amministratore delegato. Questo ente di beneficenza per il consolidamento della pace - fondato nel 1979 per promuovere la riconciliazione tra le comunità divise dell’Irlanda del Nord e la comprensione tra le persone delle due giurisdizioni dell’isola –  lavora nell’intera isola su una serie di progetti transfrontalieri in settori quali l’istruzione, la leadership femminile, i programmi per i giovani e lo sviluppo economico locale.

L’ex poliziotto è consapevole che potrebbe sembrare “una mossa insolita”, ma a distanza di quindici anni è convinto di aver fatto la scelta giusta a unirsi alla ong. Ha sempre sostenuto che «la polizia dovrebbe occuparsi della costruzione della pace e delle comunità»: ritiene che le sue due carriere «non dovrebbero essere distanti anni luce l’una dall’altra».

Processi di pace e Brexit

Peter Sheridan. Foto Bernadette McAllister

La demografia e il panorama politico dell’Irlanda del Nord stanno cambiando. L’Irlanda del Nord è in pace, ma è ancora contesa tra coloro che vogliono mantenere il suo posto nel Regno Unito e coloro che vogliono riunificarsi con il resto dell’Irlanda dopo la divisione avvenuta oltre 102 anni fa. Il processo di pace ha un significato importante anche per la comunità internazionale. L’Ue è stata fondamentale per gli investimenti nei progetti di peacebuilding e infrastrutturali. Per Peter «l’Ue ha fatto molto, ma la Brexit ha mostrato quanto sia ancora polarizzato questo luogo». Brexit ha accelerato le conversazioni in corso sulla futura posizione costituzionale della giurisdizione – in altre parole, se l’Irlanda del Nord debba o meno rimanere parte del Regno Unito. L’accordo di pace del 1998 – stretto tra i governi britannico e irlandese, e mediato dagli Usa – includeva una disposizione che consentiva lo svolgimento di un referendum sulla costituzione, in modo che in futuro la maggioranza della popolazione potesse votare per lo status quo o per la creazione di una nuova Irlanda riunificata.

Nel corso della sua carriera, l’ex poliziotto ha assistito al cambiamento della società, ma non abbastanza, secondo lui: «La pace e l’assenza di violenza sono un fatto, ma questa è una cosa diversa dalla riconciliazione». In una società postbellica «non c’è un’unica narrazione del passato. Del resto se si conserva un solo punto di vista come si può condividere un territorio?».

Cooperation Ireland è stata fondamentale per creare una delle immagini di riconciliazione più iconiche nel processo di pace: la stretta di mano, nel 2012, tra la regina e l’ex comandante dell’IRA e vice primo ministro del Sinn Féin Martin McGuinness, avvenuta al teatro lirico di Belfast. «Ci è voluto un enorme coraggio da entrambe le parti per farlo. Non che Martin McGuinness fosse a favore della monarchia, ma ha riconosciuto che tendere la mano fosse un modo per riconoscere la comunità unionista», commenta l’ex agente.

Dal calcio all’economia

La sede di Street Soccer a Belfast. Foto Bernadette McAllister

Per Peter «non è compito di Cooperation Ireland mettere insieme due campi, ma unire le persone sì». E il lavoro viene svolto a volte a livello nazionale, ma prima di tutto a livello locale. Il 9 maggio l’organizzazione ha riunito decine di organizzazioni provenienti dal nord e dal sud del confine irlandese per la sua Conferenza sull’innovazione sociale presso il Crumlin Road Gaol, l’ex carcere di Belfast. L’evento faceva parte del progetto Future Innovators, finanziato dal Programma PEACE IV e gestito dall’Organismo Speciale per i Programmi dell’Ue (SEUPB), con risorse dell’Ufficio Esecutivo dell’Irlanda del Nord e del Dipartimento per lo Sviluppo Rurale e Comunitario dell’Irlanda, ed è costato poco meno di un milione di euro. L’obiettivo del progetto è aiutare le comunità di Belfast, Derry e Donegal a sviluppare piani per migliorare l’economia sociale attraverso l’innovazione sociale. La collaborazione con le imprese è una parte importante delle attività di Cooperation Ireland. «Che si tratti di imprese sociali o posti di lavoro ad alta tecnologia, questo dà al luogo un’atmosfera diversa», dice Peter Sheridan da amministratore delegato di Cooperation Ireland.

Nell’edificio vittoriano a quattro piani, che ha ospitato numerosi prigionieri politici durante i Troubles, i rappresentanti di 14 organizzazioni di Belfast, Derry e Donegal condividono ora la loro esperienza nella creazione di società di interesse comunitario attraverso una serie di workshop e masterclass. Tra questi, Justin McMinn è appena tornato dalla Coppa del Mondo per Senzatetto in California, dove la squadra nordirlandese, composta da giocatori provenienti da Siria, Ghana, Yemen e Iran, ha ottenuto il suo miglior risultato di sempre raggiungendo i quarti di finale. «È stato incredibile. Il nostro obiettivo era di arrivare tra i primi 16 e ci siamo classificati tra i primi 8. I nostri cuori sono stati spezzati dal Portogallo che ci ha battuto ai rigori», racconta. Il 38enne di Belfast ha fondato Street Soccer NI 15 anni fa dopo aver lavorato in una struttura per senzatetto e aver visto i benefici dello sport per la salute fisica e mentale.

Oggi 14 persone lavorano ai progetti di calcio maschile, femminile e per persone con disabilità, e ogni settimana circa 200 persone partecipano ai programmi a Bangor, Belfast, Coleraine, Derry e Downpatrick. «Il calcio dà ai giocatori una struttura, una routine, un senso di famiglia e una rete di amici. Ci aiuta anche a identificare i bisogni in termini di alloggio e occupazione». L’organizzazione aiuta le persone a pagare il primo mese di affitto e a sistemarsi in una casa. Inoltre, finanzia l’insegnamento del calcio e i tesserini da arbitro. Justin è appassionato del suo lavoro e crede nel valore dello sport. «È un lavoro molto gratificante vedere cambiare la vita delle persone», dice.

Iniziative come lo Street Soccer NI, rivolte a comunità emarginate o povere, sono molto incoraggiate da Cooperation Ireland. Secondo Sheridan, «molte persone nelle comunità operaie non hanno avuto le opportunità che meritavano. Ma la speranza è fondamentale per una società pacifica». Come esempio, Peter cita i giovani che a Pasqua lanciavano bombe molotov agli agenti a Derry, durante una parata repubblicana a pochi giorni dal 25esimo anniversario dell’Accordo del venerdì santo. «Se potessero permettersi l’auto e le vacanze – Peter ne è convinto - non lo farebbero».

Progetti comunitari

Majella Orr. Foto Bernadette McAllister

Ricevere migliaia di finanziamenti da tutta l’Irlanda, dall’Ue e da altri paesi «aiuta a fare la differenza per le comunità», ma le organizzazioni lavorano in un’epoca di bilanci ridotti e devono quindi generare un flusso monetario per loro stesse. C’è chi crea studi di registrazione ad esempio.

Nel villaggio di Termon vicino a Letterkenny, nella contea di Donegal, Majella Orr, 48 anni, è entusiasta. Questa donna cordiale e premurosa lavorava in un’agenzia assicurativa e immobiliare, ma quando la sua famiglia è cresciuta ha cambiato lavoro e si è dedicata allo sviluppo della comunità. Ora dirige il Craoibhín Community Enterprise Centre, che offre servizi di assistenza all’infanzia e doposcuola, strutture sportive, sale riunioni e corsi di educazione per adulti. Ultimamente, insieme ai suoi 25 dipendenti, ha avuto una nuova idea: il noleggio di biciclette “Grass Routes” e i corsi per bambini “Cycle Right”, sulle nozioni di ciclismo e sulle pratiche ciclistiche sicure. Termon è una località molto rurale e non ha i percorsi pedonali che si trovano nelle città, quindi sapere come muoversi in sicurezza sulle strade è importante. «Nelle scuole di questi luoghi ci sono molte persone emigrate dall’Ucraina, dalla Somalia e da altri paesi, quindi insegnare loro le regole della strada in Irlanda è molto importante». Come genitore preoccupata di ridurre le emissioni di anidride carbonica, Majella Orr spera che grazie a questa attività i bambini «andranno di più in bicicletta nella loro vita».

Il vivace centro, nel cuore del villaggio, è stato un punto di riferimento per la comunità fin dalla sua apertura. «In inverno c’era molto movimento, ma in estate non c’era nulla, così i corsi Cycle Right sono nati come un altro modo per generare reddito», spiega la manager dell’impresa del centro, che ha ricevuto 3mila euro attraverso il programma Future Innovators. «Il feedback che riceviamo è fantastico», dice Majella. «Il ciclismo è una di quelle cose per cui non importa da dove vieni o che lingua parli, tutti i bimbi si divertono». 

Prodotto in collaborazione con ereb, media parigino e piattaforma di giornalismo narrativo. Questo articolo fa parte della serie YOUTHopia, una serie sul giornalismo delle soluzioni e la politica di coesione europea. I reportage di ereb sono disponibili in francese, italiano e inglese su www.ereb.eu. Testi e foto, diritti riservati © ereb SAS

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