Questa volta si presenta sotto le vesti di una risoluzione sulla disinformazione russa, ma in quelle righe del paragrafo 14 approvate a larga maggioranza dall’Europarlamento si nasconde un’antica ossessione o spinta, di cui si trovano tracce persino venti anni fa, nel 2005: l’idea di fondo è quella di equiparare nazismo e comunismo, la tendenza è quella di rovesciare contro la sinistra il cordone sanitario che ormai non regge più verso l’estrema destra. Il tutto si concretizza con un: «Chiede di vietare, all’interno dell’Unione, l’uso dei simboli nazisti e comunisti sovietici». Non basta una risoluzione a fare un divieto, o almeno uno effettivo, e pure quella riga basta a farla tradurre ad alcuni con l’equiparazione di falce e martello alla svastica.

I partiti italiani portano ancora i segni della storia, basti pensare che la bandiera di Fratelli d’Italia porta tuttora la fiamma del Movimento sociale italiano.  Falce e martello nascono come simboli del movimento operaio, prima ancora di essere incorporati nella bandiera sovietica, e restano poi anche nelle bandiere dei partiti che si distanziano da Mosca, come il Pci di Berlinguer. Non stupisce allora che, mentre la maggior parte del gruppo socialdemocratico all’Europarlamento si esprimeva a favore, la delegazione italiana del Pd – pur sempre erede in linea teorica di Enrico Berlinguer e del suo eurocomunismo, comunista sì, ma distanziato dalla Russia –  abbia scelto di non partecipare al voto finale sulla risoluzione. La motivazione ufficiale è: «Condanniamo Putin ma non si riscrive la storia a colpi di maggioranze». 

La risoluzione e le posizioni

La risoluzione in teoria riguarderebbe Putin, appunto; o almeno stando al titolo così pare. «Proposta di risoluzione comune sulla disinformazione e la falsificazione della storia da parte della Russia per giustificare la sua guerra di aggressione contro l’Ucraina». Il testo entra nel merito di temi delicati come memoria collettiva e opinione pubblica, con affermazioni come la «condanna della falsificazione sistematica e l’uso da parte del regime russo di argomentazioni storiche distorte, come quelle relative al patto Molotov-Ribbentrop, nel tentativo di manipolare l’opinione pubblica russa per sostenere azioni criminali quali la guerra illegale di aggressione contro la vicina Ucraina». Condanna anche che «la Federazione russa non abbia accertato le responsabilità per i crimini sovietici», e così via. Nel mezzo, «ribadisce sostegno alle indagini della Corte penale internazionale», chiede «un tribunale speciale», esorta «Ue e stati membri a intensificare il contrasto a disinformazione e manipolazione», chiede più sanzioni «verso gli organi di informazione russa che promuovono la disinformazione» e «invita i cittadini a valutare criticamente le informazioni». La presidente Roberta Metsola dovrà ora trasmettere il testo non solo ai vertici Ue ma pure di Russia e Ucraina. 

Il paragrafo 14, che include il riferimento ai simboli, ha scatenato la contrarietà di Pd, Lega, Movimento 5 Stelle e Avs. Una volta che quel passaggio è risultato approvato, anche la risoluzione finale che lo includeva è stata sottoposta a voto; a quel punto il Pd non ha partecipato al voto (Pina Picierno «per motivi di salute» perché altrimenti – rivendica – avrebbe sostenuto la risoluzione come il resto di S&D), la Lega si è astenuta, M5S e Avs hanno mantenuto la contrarietà. 

Da Frattini a oggi

Il tema dell’equiparazione del comunismo al nazismo è oggetto da anni di schermaglie che arrivano fino in Ue. Basti pensare che se ne trovano le tracce già venti anni fa. Nel 2005 Franco Frattini, all’epoca commissario europeo alla Giustizia, rispondeva con linea aperturista alla richiesta avanzata dall’europarlamentare lituano Vytautas Landsbergis e dall’orbaniano Jozsef Szajer (lo stesso che ha riformato la costituzione ungherese all’insegna della famiglia etero e che pochi anni fa è stato beccato a Bruxelles in un’orgia gay in piena pandemia). I due chiedevano appunto la messa al bando dei simboli comunisti nei paesi dell’Ue. «L'Europa per molti anni si è comportata in conseguenza del fatto di essersi liberata dal nazismo anche grazie all'Armata rossa; il vostro ingresso nella Ue ha fatto sì che la dimensione della vostra sofferenza sia diventata oggi parte della nostra storia», rispondeva loro Frattini, aprendo a una discussione sulla messa al bando di «tutti i simboli del totalitarismo».

Con lo sfondamento a destra nell’Europarlamento, negli ultimi anni il tema è tornato di prepotente attualità: in un modo o nell’altro, è stato infilato in oltre un paio di testi messi al voto dal 2019 a oggi.

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