Con 400 voti a favore, 248 contro e 45 astensioni il parlamento europeo ha revocato l’immunità parlamentare a Carles Puigdemont e, con numeri analoghi, a Toni Comín e Clara Ponsatí, come richiesto dalla giustizia spagnola per riattivare la procedura di estradizione nei confronti dei tre dirigenti indipendentisti, sospesa nel momento della loro elezione all’eurocamera nelle europee del 2019.

Gli schieramenti

Il 58 per cento di sì sul totale dei voti espressi, una percentuale inferiore a quanto previsto, dal momento che i tre principali gruppi europei - popolari, socialdemocratici e liberali oltre ai conservatori, a cui fanno rispettivamente riferimento i popolari e i socialisti spagnoli, Ciudadanos e Vox - avevano dichiarato il voto favorevole, mentre il gruppo dei Verdi (dove sono i partiti catalani di Esquerra Republicana e di Catalunya en Comú) e della Sinistra (dove si collocano Podemos, Izquierda Unida e la formazione basca EH Bildu), più il Partito nazionalista basco (che fa parte di Renew) si erano espressi contro la revoca dell’immunità. Ma il voto segreto, emesso elettronicamente nel tardo pomeriggio dell’8 marzo, ha aperto una breccia di almeno una cinquantina di voti nei diversi gruppi favorevoli: il fronte contrario alla revoca dell’immunità è cresciuto fino al 42 per cento e la differenza tra i sì e i no più le astensioni è stata di appena cento voti. 

Si conclude così la procedura iniziata un anno fa nel parlamento europeo e due settimane dopo la presentazione della relazione approvata dalla commissione Affari Legali dell’eurocamera, presieduta dal rappresentante di Ciudadanos Adrián Vázquez e redatta dal deputato bulgaro appartenente all’estrema destra Angel Dzhambazki. Con la raccomandazione agli eurodeputati di accedere alla richiesta del Tribunal Supremo spagnolo, togliendo l’immunità ai tre parlamentari catalani, in esilio dalla fine dell’ottobre 2017, dopo la dichiarazione unilaterale d’indipendenza.

Cosa succede ora 

La perdita dell’immunità per Puigdemont, Comín e Ponsatí non fa venir meno la loro condizione di europarlamentari, perché con la riattivazione della richiesta di estradizione saranno la giustizia belga e quella scozzese (Ponsatì è residente in Scozia) a decidere sul loro futuro. E i tre leader indipendentisti possono contare su un precedente a loro favore: quello stabilito dalla giustizia belga che ha negato  l’estradizione dell’ex-consigliere in esilio Lluís Puig per non considerare il Tribunal Supremo competente nella causa. La questione del giudice competente per legge, unitamente alla denuncia di essere oggetto di persecuzione politica, sono stati infatti gli elementi su cui si è fondata la difesa dei tre eurodeputati. Ma la situazione che si è determinata nel caso della giustizia belga può non valere in un altro paese europeo, limitando quindi la loro libertà di movimento in Europa.

La seconda via che si apre è quella del ricorso presso il Tribunale generale di giustizia della Ue per le irregolarità già denunciate nel corso del procedimento dai tre deputati e che Puigdemont ha confermato di volere intraprendere. Intanto, prima di tornare a emettere un euro-ordine nei confronti dei tre parlamentari, il magistrato del Supremo, che ha istruito la causa contro i leader dell’indipendentismo catalano, Pablo Llarena, si è già rivolto al Tribunale di Lussemburgo sulla questione pregiudiziale relativa alle possibilità di richiesta di estradizione e del suo rifiuto in Europa.

Reazioni politiche

Immediate le reazioni della politica, a cominciare dal governo spagnolo che pure è diviso al suo interno tra i socialisti che hanno votato a favore della revoca dell’immunità e Unidas Podemos che ha votato per il suo mantenimento. La ministra degli Esteri González Laya ha parlato di un triplo messaggio proveniente dal voto europeo: in primo luogo, che un eurodeputato non può avvalersi della sua condizione per proteggersi da atti compiuti in presunta violazione della normativa nazionale; inoltre, che si conferma «la solidità dello stato di diritto spagnolo» e in ultimo, che «i problemi in Catalogna si risolvono in Spagna».  Soddisfazione invece da parte di popolari e Ciudadanos che considerano l’espressione del parlamento europeo come una vittoria della democrazia e sottolineano la divisione in seno all’esecutivo spagnolo con «Podemos migliore alleato di Puigdemont».

Poco dopo le 12 è il diretto interessato a pronunciarsi da Bruxelles sul voto che gli toglie l’immunità. Dopo avere sottolineato il sostegno maggiore del previsto ottenuto in suo favore, Puigdemont afferma che «è un giorno triste per il parlamento europeo. Noi abbiamo perso la nostra immunità. Ma il parlamento europeo ha perso molto di più e come conseguenza ha perso la democrazia europea. Il nostro è un caso di persecuzione politica».

I leader in carcere

E in tarda mattinata arriva anche un’altra notizia, attesa da giorni in Catalogna: il Tribunal Supremo ha revocato il terzo grado penitenziario, corrispondente alla semi-libertà, ai leader indipendentisti in carcere. In giornata torneranno in prigione, in attesa di un qualche provvedimento che restituisca loro la libertà, come ventilato ultimamente dal governo spagnolo, o almeno di poter godere dei permessi che spettano loro per avere compiuto circa un quarto della pena in prigionia. Negli ultimi giorni la procura ha anche chiesto l’incriminazione dell’ex-presidente del parlamento catalano Roger Torrent per disobbedienza, per avere permesso il voto in aula su mozioni contrarie alla monarchia. Istituzione che vive uno dei momenti più bassi della sua popolarità, con il re emerito Juan Carlos, fuggito ad Abu Dhabi sette mesi fa, che ha versato al fisco spagnolo 4,4 milioni di euro come ravvedimento per imposte evase.

E tutto questo succede nel pieno delle trattative per il nuovo governo catalano dopo le elezioni dello scorso 14 febbraio, con la probabile riedizione di una coalizione indipendentista a guida repubblicana. Mentre in strada continua la mobilitazione per la libertà del rapper Pablo Hasél, finito in carcere per il contenuto delle sue canzoni e tweet. Venerdì prossimo si insedia a Barcellona il nuovo parlamento eletto.

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