Come due solitudini che si incontrano, Pedro Sánchez e Giorgia Meloni sono riusciti a intendersi, e anche su più punti, dai migranti all’energia passando per il debito.

Lui, il premier spagnolo, è rimasto quasi solo a dirigere un governo progressista in un’Europa che vira sempre più a destra. Il cancelliere tedesco socialdemocratico si fa facilmente prendere d’assedio dai liberali e soprattutto va da solo in Ue. Pure la premier pop Sanna Marin ha perso la guida del paese. E adesso Sánchez, dopo aver strappato a Bruxelles la «eccezione iberica» sul fronte energetico, si ritrova a essere una eccezione tout court, per il solo fatto di essere orientato a sinistra.

Meloni dal canto suo è alle prese con fallimenti e inadeguatezze, dai nulla di fatto in Consiglio europeo, allo smacco sulle auto, i nodi del Pnrr, l’Europarlamento che la mette alla berlina per le sue posizioni liberticide contro la stampa e le famiglie arcobaleno. La scelta meloniana di fare una dichiarazione ma di chiudere lo spazio per le domande dei giornalisti è di per sé testimonianza dell’imbarazzo nel quale versa.

E dunque – chi da sinistra, chi dall’estrema destra – ognuno dei due premier è solo a modo suo.

Perciò vien loro in soccorso una eredità di rapporti, di condizioni e di obiettivi comuni. Da Mario Draghi, Sánchez e Meloni ereditano un’alleanza già avviata sui dossier energetici. Dalla comune condizione di frontiera costiera dell’Ue, un certo modo di intendersi – orientato più a destra, verso Meloni – sulle migrazioni. E insieme Spagna e Italia, le meridionali d’Europa, che portano ancora sulla pelle il segno dell’acronimo “Pigs”, hanno tutto l’interesse a spingere insieme per una riforma del patto di stabilità che sia riforma davvero, e non il solito laccio dei falchi. Per tutti questi motivi i due dopo una mattinata d’incontro si sono presentati alla stampa con modi amichevoli e si sono salutati con promesse comuni.

L’eccezione iberica

Sánchez è arrivato in Italia dopo un tour fitto, che lo ha visto in Cina la scorsa settimana, ancor prima di Macron e von der Leyen, per poi passare da Cipro, Malta, e preparare la presidenza spagnola in Ue.

Il premier è stretto tra molte scadenze decisive: da luglio, la Spagna assumerà la presidenza di turno del Consiglio Ue. Ma già in primavera cominceranno le sfide domestiche: a maggio ci sono le amministrative, primo test in vista del voto che entro fine anno decreterà i destini nazionali. Sia i popolari, che Vox alleato di Meloni, sono alle calcagna della sinistra, che del resto rischia di frantumarsi anzitutto da sola: una delle ministre più popolari, quella al Lavoro Yolanda Diaz, intende candidarsi col suo movimento di sinistra Sumar senza raccogliere sotto il suo ombrello neppure Podemos.

Sánchez insomma si prepara a una maratona di sfide, e dalla resistenza di una Spagna che guardi a sinistra dipenderà anche il colore dell’Ue, con alle porte le europee 2024. Tornare in Italia significa per il premier anzitutto rinvigorire la cooperazione già avviata con Draghi premier: i due avevano collaborato nel tentativo di intervenire sui prezzi dell’energia alle stelle. Madrid aveva poi strappato a Bruxelles una deroga nota come «eccezione iberica».

Con Meloni, Sánchez rilancia la riforma del mercato elettrico che le due capitali chiedono da tempo, e che la Commissione, dopo mille procrastinazioni, ha definitivamente affossato con una proposta annacquata che non prevede la cosa cruciale – anche per Sanchez – e cioè il disaccoppiamento. «Già prima della guerra chiedevamo una riforma profonda, non è possibile pagare le rinnovabili come caviale», dice Sanchez.

Migranti e debito

Sull’immigrazione il premier spagnolo si mostra assai allineato con Meloni quando afferma ad esempio che «è un passo in avanti che l’immigrazione clandestina sia stata riconosciuta come un problema europeo e non solo di Italia o Spagna» e che «bisogna parlare meno di dimensione interna e più di quella esterna».

Attenzione alle frontiere rigide più che alla redistribuzione insomma, e soldi europei al Nord Africa: è l’obiettivo al quale lavora Meloni, e pure Sánchez che parla di «risorse economiche» e «operazioni con paesi di origine e transito».

A unire i due governi è anche una prospettiva affine in termini di governance fiscale: il riferimento è alla riforma del patto di stabilità. «Le regole vanno ridefinite entro la fine del 2023», dice Sánchez, il cui governo da luglio e fino a dicembre avrà appunto la guida del Consiglio Ue. «Dobbiamo concentrarci molto di più sulla crescita e non solo sulla stabilità», gli fa eco Meloni.

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