Una molotov lanciata su un autobus, e quell’autobus che divampa. Lanci di pietre e mattoni. Auto in fiamme, esplosioni. Attacchi diretti verso i poliziotti, un fotoreporter preso d’assalto. La guerriglia va avanti in Irlanda del Nord da più di una settimana e ieri il Regno Unito si è svegliato con le immagini del bus in fiamme, i resoconti sui cinquanta poliziotti feriti, una fitta agenda di incontri al vertice per affrontare la crisi. I premier britannico, irlandese e nordirlandese hanno tutti condannato le violenze e invocato la calma.

Venerdì santo

Un venerdì di aprile di oltre vent’anni fa - era il 10 aprile 1998 - il Good friday agreement, l’accordo del venerdì santo, aveva messo fine a un trentennio di troubles, una guerra civile da 3500 morti in un Nord Irlanda diviso tra l’idea repubblicana di un ricongiungimento con l’Irlanda e le istanze unioniste e lealiste di chi rivendicava l’attaccamento a Londra; cattolici gli uni, protestanti gli altri. L’appartenenza all’Unione europea, e quindi la caduta dei confini tra le due Irlande, è stata il veicolo di questa pace. Ora che Brexit è realtà, e che torna un confine via mare, affiora una violenza sopita da tempo. Si può pensare che le molotov siano i residuati di un tempo che fu; ma «più che i residui di un tempo che fu, temo siano i segnali di un tempo che sarà», dice Andrea Pisauro, ricercatore a Oxford. Quando ancora Brexit doveva concretizzarsi, Pisauro organizzò la campagna “Take a break from Brexit”. Si era reso conto degli effetti divisivi di Brexit e voleva promuovere il dialogo. Ora Brexit è realtà, e pure le divisioni si concretizzano.

L’escalation

Il 30 marzo una molotov viene lanciata contro un’auto della polizia. Succede a Londonderry, o Derry, stessa città dove nel 1972 l’esercito britannico spara sulla folla e uccide 14 persone, perlopiù giovanissime; è la bloody sunday rimasta nei libri di storia e nei testi delle canzoni. All’epoca fu la polizia a reprimere le istanze popolari per il ricongiungimento delle due Irlande, e a sparare sui ragazzi. Questo 30 marzo, e poi nei giorni a seguire, succede tutt’altro, e coinvolge anche altre città: da ovest a est, Londonderry, Ballymena, Carrickfergus, Newtonabbey, fino alla capitale, Belfast. Stavolta sono i ragazzini, pure dodicenni, a ferire i poliziotti; e a fomentare questa violenza non è il confine tra le due Irlande, ma il confine via mare che da quest’anno è effettivo, come è effettiva Brexit. I lanci di molotov e pietre si sono trasformati mercoledì notte in scontri veri e propri in quel punto della capitale dove il “muro della pace” separa di fatto la comunità repubblicana cattolica e quella protestante lealista. I riot lealisti si sono trasformati in guerriglia civile, che è arrivata a coinvolgere centinaia di persone. «Non vedevamo una violenza simile da molti anni», dicono i vertici della polizia locale. Chi c’è dietro le violenze? Anche se l’accordo del venerdì santo ha fatto deporre le armi, esistono tuttora gruppi paramilitari, che fino a qualche tempo fa erano rimasti dormienti. Ora gruppi di orientamento lealista - per la permanenza nel Regno Unito - hanno preso ad agire, a spingere all’azione i più giovani, a mobilitare tramite i social network. Non si è arrivati a dimostrare che dietro le violenze c’è uno specifico gruppo, ma è un dato di fatto che gli episodi avvengano nei punti del paese dove sono più influenti i gruppi criminali legati a gruppi paramilitari lealisti. Parliamo della Ulster defence association, della Ulster volunteer force, e di organizzazioni con presa sul territorio che la polizia nordirlandese anche di recente ha cercato di disarmare; il che spiega in parte la violenza contro la polizia. Ci sono poi altre due chiavi di lettura.

Il confine e il funerale

Arlene Foster, premier dell’Irlanda del Nord e leader del partito unionista, ha chiesto il 30 marzo le dimissioni del capo della polizia del paese, per come è stato gestito un funerale. Non un funerale qualsiasi, ma quello che a giugno ha radunato, nonostante le restrizioni Covid, migliaia di persone, compresa la vicepremier Michelle O’Neill, di Sinn Fein (quindi repubblicana). Il funerale era di Bobby Storey, dell’Ira. A creare tensioni c’è poi Brexit. Il protocollo sul Nord Irlanda, mai digerito da Foster e dagli unionisti, è stato siglato da Bruxelles e dal governo britannico proprio per evitare il ritorno di un confine fisico tra le due Irlande. E adesso il confine fisico, dove avvengono i controlli sulle esportazioni, si è spostato nel mare d’Irlanda appunto. A febbraio sono comparsi i primi graffiti, «no all’Irish sea border, ci hanno svenduti»; il riferimento è a Downing Street e a Bruxelles. A marzo il Loyalist communities council, del quale fanno parte anche rappresentanti di gruppi paramilitari lealisti, ha annunciato l’uscita dal Good friday agreement. Già da settimane la polizia riferiva «palpabile rabbia». Brexit e le tensioni locali si mescolano, con effetti deflagranti.

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