«Vous devrez tenir». Quando parla al nuovo governo, Emmanuel Macron chiarisce qual è lo spirito distintivo della squadra: «Resistere, non cadere». Il presidente francese, che dopo le legislative di giugno non ha più una maggioranza assoluta a suo favore all’assemblea nazionale, utilizza l’occasione del rimpasto per arroccarsi e cercare lui stesso di sopravvivere. La prima ministra resta Élisabeth Borne, che Macron aveva nominato a maggio, nel breve interregno tra presidenziali e legislative, e dalla quale non ha accettato le dimissioni. Le figure chiave del nuovo esecutivo sono le stesse di prima, e provengono tutte dalla galassia del centrodestra alleato al presidente. L’opportunità delle nuove nomine non si dimostra una occasione per allargare il campo, ma al contrario per rinserrarlo. Neppure un barlume di verde, uno slancio climatico: l’esecutivo Borne 2 è più grigio che mai. Color grigio acciaio, perché quel che conta è tenir, resistere. E a tale scopo la prima ministra sfuggirebbe pure volentieri al voto di fiducia dell’aula, se non fosse che domani, quando farà il suo discorso all’assemblea nazionale, troverà la sinistra pronta a presentare una mozione di sfiducia. Le opposizioni contestano tutte a Macron la stessa cosa: restare sordo all’istanza di cambiamento espressa dai francesi che gli hanno negato una piena maggioranza. Il calo di popolarità del presidente è anche la ragione per la quale fare da stampella al governo è stato ritenuto sconveniente. Ora Macron, da fondatore di un partito piglia-tutto che aveva calamitato a sé i moderati di ogni polo, si trasforma in presidente raccatta-voti: attorno a ogni provvedimento che va al voto, andrà costruito un consenso.

(La prima ministra e il presidente francesi. Foto AP)

Il nocciolo duro

A parte la 73enne Caroline Cayeux, che era repubblicana prima di schierarsi per il presidente, il raggio di azione di Macron non si estende oltre il solito perimetro degli alleati di MoDem e Horizons, presenti nell’esecutivo. Il nuovo governo riconferma le figure chiave dell’èra Macron: c’è ancora il “duro” ministro degli Interni Gérald Darmanin, che accusava Le Pen di essere troppo accomodante, e resta pure il controverso Éric Dupond-Moretti alla Giustizia. All’Economia sarà ancora Bruno Le Maire a dover gestire il dossier bollente del potere d’acquisto, prima sfida per un presidente senza maggioranza assoluta; l’unione di sinistra ecologista Nupes è già al lavoro su un “contro-progetto”. «Chi ha fallito è stato riconfermato», è l’attacco partito da Marine Le Pen. Anche da sinistra, l’accusa di non aver cambiato nulla: Mathilde Panot, capogruppo della France Insoumise, parla di «un non-evento; la Macronie si ripiega su se stessa».

Tradimenti climatici

Nonostante le promesse di Macron – «trasformerò la Francia in una potenza ecologica» – il governo gestirà i temi ambientali senza voci ecologiste. Christophe Béchu, che già nel governo Borne primo si occupava di coesione territoriale, ora rimpiazza anche l’impopolare Amélie de Montchalin alla transizione ecologica. Béchu è figura chiave di Horizons, fondato dall’ex premier Édouard Philippe; si tratta di un’area politica di centro-destra alleata con Macron e che ha spinto per una coalizione allargata a destra in direzione dei repubblicani. Mentre la vocazione «di mediazione» di Béchu è chiara, quella ecologista molto meno: Greenpeace Francia ha subito fatto notare che «è un politico senza esperienza in fatto di transizione ecologica, che non ha praticamente mai preso posizione su clima e ambiente». Anche se Macron a parole rivendica il tema climatico, i fatti lo smentiscono, e pure le nomine: entrambi i governi Borne sono debolissimi in quest’ambito, sul quale i giovani si sono molto mobilitati nelle campagne elettorali recenti, sostenendo l’ecologismo radicale di Jean-Luc Mélenchon.

L’economia in Europa

A gestire gli affari europei non sarà più il fedelissimo Clément Beaune, spostato ai Trasporti, ma Laurence Boone, che lascia il posto di economista-capo all’Ocse, e il cui percorso si è già intrecciato con quello del presidente. Anche lei, come Macron, era stata caldeggiata come consulente economico al presidente socialista François Hollande. All’epoca, Boone lavorava per la banca di investimento Merrill Lynch; e ha continuato a lavorare lì finché Hollande non le ha chiesto di rimpiazzare proprio Macron – destinato poi all’Economia – nel ruolo di vicesegretario generale della presidenza. Le prese di posizione più recenti di Boone in qualità di capo economista dell’Ocse riguardano crisi energetica e inflazione; tutte competenze che torneranno utili a Bruxelles.

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