Cosa faranno ora i popolari europei, dopo aver speso le settimane dello scandalo Qatar a prendere di mira le ong?

Questo martedì mattina la polizia belga ha fatto irruzione nel quartier generale del Partito popolare europeo a Bruxelles. Il raid è legato alle indagini su Mario Voigt, figura politica prominente della Cdu, per frode finanziaria.

Le ricerche si allargano anche al partito a livello europeo. E una ragione c’è: anche se oggi Voigt concentra la sua attività politica nella dimensione locale tedesca, nel 2019 con il supporto del leader del Ppe Manfred Weber aveva prestato le sue attività su scala europea per la campagna elettorale Ue della scorsa tornata.

Il caso ora avrà riflessi sulle prossime europee, quelle del 2024, qualora vengano acclarati coinvolgimenti del partito europeo.

La versione del Ppe

«Il Partito popolare europeo conferma che le forze dell’ordine di Germania e Belgio si sono presentate al quartier generale del partito questo martedì. La visita è connessa a un’indagine in corso in Turingia, in Germania. Il partito sta cooperando in piena trasparenza con le autorità coinvolte; sta cioè fornendo tutte le informazioni rilevanti e la documentazione. Visto che le indagini sono in corso, non forniremo come Ppe ulteriori commenti».

Il caso Voigt

Il nodo che ha portato al raid consisterebbe in verifiche su eventuali frodi legate a Voigt che aveva lavorato al Ppe. Attualmente, il suo incarico è di presidente del gruppo parlamentare della Cdu in Turingia. Ecco perché a perquisire la sede brussellese del Ppe c’erano anche i funzionari dell'Ufficio statale di investigazione criminale della Turingia. Le indagini su Voigt vanno avanti da tempo, e già nell’autunno del 2022 erano scattate perquisizioni nei suoi uffici e abitazioni in Turingia appunto. La stampa locale aveva ricostruito cosa aveva fatto scattare le indagini, e cioè l’assegnazione di un appalto da parte di Voigt a un’agenzia digitale, e il sospetto che lui ne avesse ricevuto una commissione di consulenza di circa 17mila euro.

Da qui le accuse di frode finanziaria del pm tedesco. Ma la faccenda non è strettamente locale.

I rapporti con Weber

Pare infatti che la ricerca di assistenza sul fronte digitale fosse legata alla campagna elettorale del Ppe per le europee. Ed era stato proprio l’attuale plenipotenziario del Ppe Manfred Weber – oggi anche presidente del partito, dal 2014 capogruppo e nel 2019 spitzenkandidat ovvero frontrunner alle europee – a cooperare con Voigt, che era incaricato di seguire il versante digitale della campagna. Ecco perché i due livelli tedesco e belga di indagine ora si intrecciano. Il primo punto da verificare è il tipo di coinvolgimento di Voigt nell’assegnazione dell’appalto all’agenzia digitale.

Il contesto

Da quando è esploso lo scandalo corruzione all’Europarlamento, noto come “QatarGate”, Weber si è anzitutto scagliato contro il gruppo direttamente toccato da quelle indagini, e cioè quello socialista. Non significa però che il Ppe abbia promosso riforme etiche incisive in Ue, anzi: già da qualche anno il gruppo boicottava le richieste di un organo etico indipendente. Negli ultimi mesi il refrain di Weber e del gruppo da lui guidato era la criminalizzazione delle ong.

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