Le due elette si autosospendono e si mettono a disposizione della magistratura. La richiesta sarà annunciata il 10 marzo in plenaria, poi passerà alla commissione Affari giuridici. Solidarietà unanime del Pd, «certi dell’assoluta estraneità ai fatti contestati». Che però ancora non si conoscono
Lo ha anticipato martedì mattina il quotidiano belga Le soir, dopo qualche ora da Bruxelles è arrivata la conferma: l’inchiesta Qatargate esce di nuovo dal sonno e tira in mezzo altre due europarlamentari socialiste, le democratiche italiane Alessandra Moretti e Elisabetta Gualmini. La procura federale belga ha depositato agli uffici del Parlamento europeo la richiesta di revoca dell’immunità per le due elette.
Per il meccanismo della giustizia belga, nel pomeriggio le due elette non avevano ancora le carte che le riguardavano e «nessuno ha letto una riga», spiegavano i loro colleghi. Certo è che si tratta di un nuovo capitolo dello scandalo esploso nel dicembre 2022, con accuse di corruzione e riciclaggio di denaro, ancora quasi tutte presunte. L’inchiesta annunciava di aver scoperchiato un giro corruttivo enorme. Era nata con clamore, fra valige zeppe di denaro liquido intercettate dagli inquirenti, arresti, pressioni sui ristretti, patteggiamenti, scarcerazioni, sequestri di beni.
Ma ormai da due anni procede a stento, affastellando più interrogativi che evidenze. Significativi anche i cambi della guardia in procura: il primo magistrato, Michel Claise, ha dovuto ritirarsi dal caso dopo che era saltato fuori che suo figlio era in affari con la parlamentare socialista Maria Arena, coinvolta nell’inchiesta.
Si è pensionato e ci ha riprovato con la politica, candidandosi senza esito al parlamento belga con un partitino di sinistra. Il suo successore è rimasto fermo un giro in attesa del ricorso di una delle arrestate contro la presenza abnorme dei servizi segreti nell’indagine. La magistratura le ha dato torto, l’inchiesta è ripartita, ma con una terza procuratrice.
L’inchiesta avevano scoperto (ancora quasi tutte presunte) tangenti ad un folto gruppo di eurodeputati, in maggioranza di area socialista, e ad alcuni loro assistenti per favorire gli interessi di Qatar e Marocco. Tutto è nato da una valigia con 600mila euro custodita in casa di Eva Kaili, l’ormai ex vicepresidente dell’europarlamento, e del suo compagno Francesco Gori.
La greca Kaili finì per quattro mesi in carcere, denunciando di non aver mai potuto vedere la figlia, all’epoca dei fatti un bebé. Kaili magistrati ha raccontato che i soldi erano di Antonio Panzeri, vero fulcro dell’inchiesta, a sua volta ex europarlamentare (di Art.1) e in quel momento a capo della Ong Fight Impunity, che si occupava di diritti umani. Panzeri è stato il primo ad essere arrestato, poi scarcerato grazie a un patteggiamento che gli ha ridotto la pena a un anno in cambio delle sue (abbondanti) confessioni.
Ora dunque la nuova fiammata, nel tentativo di tenere in piedi il faraonico impianto della procura: la richiesta della revoca dell’immunità per Moretti e Gualmini. La prima era nominata nelle prime carte dell’inchiesta per un viaggio in Qatar che, aveva spiegato lei alla stampa, era patrocinato dal parlamento e verteva sui diritti delle donne afghane.
In attesa delle carte, a Bruxelles c’era chi ipotizzava che la revoca dell’immunità era necessaria anche solo per interrogare le due europarlamentari, che entrambe a suo tempo avevano collaboratrici toccate dalle indagini. Fonti giudiziarie non confermate fanno invece filtrare che si indaga per corruzione e associazione a delinquere. Ma, appunto, non è chiaro anzi non è detto che loro siano le dirette interessate.
La richiesta sarà annunciata alla sessione plenaria di lunedì 10 marzo. Da qui la pratica passerà alla Commissione Affari giuridici (Juri), che dovrà esprimere il suo parere e sottoporlo all’assemblea. Per la revoca basta il voto a maggioranza semplice. Non sarà semplice per S&D sottrarsi: fin qui le richieste di questo genere sono state tutte accolte.
La delegazione Pd ha espresso «solidarietà unanime» alle colleghe e convinzione della loro «assoluta estraneità» ai fatti contestati, «le conosciamo come persone di spiccata onestà e dedizione al loro lavoro nelle istituzioni». Moretti e Gualmini si sono comunque autosospese dal gruppo S&d per «sottolineare la totale estraneità ad ogni fatto corruttivo», hanno scritto in un comunicato, e «per essere pienamente a disposizione della magistratura per qualsiasi esigenza istruttoria».
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