I sindacati minacciano nuove proteste: la Francia sbanda con l’onda rosso-bruna

«Ils sont fous ces Gaulois!» avrebbe detto Obelix. Sono pazzi questi galli. In Francia tutto sembra andare storto: la Quarta repubblica risorge dalle sue ceneri, dove era stata relegata dal generale De Gaulle, e si vendica della Quinta. I primi ministri cadono come birilli; la piazza ribolle; le istituzioni rigide rimangono sorde. Sebastien Lecornu, ministro della difesa uscente e premier incaricato dal presidente Emmanuel Macron, fa fronte a proteste massicce. Prima di lui c’era il caos; dopo di lui c’è il vuoto. Un milione di francesi in piazza non è una novità. I sindacati hanno fatto meglio che i neo-populisti di «blocchiamo tutto» e ieri hanno lanciato un ultimatum al neo primo ministro. O Lecornu agisce prima del 24 settembre, abbandonando «l’intera proposta di bilancio» e l’innalzamento dell’età pensionabile a 64 anni, o ci saranno nuovi scioperi e manifestazioni. La protesta si allarga. La verità è che i francesi concordano sull’astio contro Macron. La piazza è di estrema sinistra: vuole che la crisi la paghino i ricchi (gli stessi che spostano la residenza fiscale in Italia). Ma chissà se a giovarsene non sarà invece l’estrema destra. Dall’Europa alle crisi interne, la parabola della grandeur di un Macron bifronte Voti mischiati Molti puntano su nuove legislative ma per ora resteranno delusi: non ne uscirà alcuna maggioranza parlamentare. Il presidente getta un suo fedelissimo in pasto ai lupi sperando che si sbranino fra loro. La Francia è super polarizzata, ma la France Insoumise di estrema sinistra e il Rassemblement National di estrema destra hanno mischiato i loro voti per rigetto di Macron. In un’inedita alleanza rosso-bruna le due estreme francesi stanno divorando il paese più statalista d’Europa, approfittando del malcontento diffuso (anche se esagerato). Sarebbe un paradosso per la Francia: i populisti uniti in una specie di poujadismo rosso-bruno d’altri tempi. D’altronde è la malattia che si sta mangiando anche la Germania con Afd e Bsw (anche se quest’ultima per un soffio non è riuscita a superare lo sbarramento del 5 per cento). L’Europa è sfidata da un’onda antidemocratica in cui populisti e rosso-bruni fanno la parte del leone. Un’Unione azzoppata favorirebbe ancor più tale propaganda. Gli europei sono insoddisfatti per la crisi del ceto medio (maggioritario nel continente) che vede erodersi benefici e sicurezze. Uno stato sociale che declina sparge paura e incertezze. Sono scontenti per la situazione geopolitica globale: guerra della Russia; ascesa della Cina e fine dell’Occidente. Arresti e scontri, in Francia trionfa la furia. Lecornu già lotta per la sua sopravvivenza Europa in balia L’Europa si scopre debole e indifesa. Nessun leader europeo pare possedere risposte convincenti. La democrazia stessa è indebolita e non offre risposte adeguate. Non che la maggioranza degli europei voglia la dittatura ma certamente è alla ricerca di qualcosa di più forte, rassicurante. Il conflitto ucraino ha cambiato le mentalità: ci si riarma preparandosi alla difesa. La politica di Donald Trump ha provocato scompiglio anche tra i suoi simpatizzanti europei. Forse per questo i più restano indifferenti davanti alla carneficina di Gaza, ad eccezione dei giovani, scandalizzati da tanta inerzia. D’altronde – pensa il ceto medio adulto europeo – se non reagiscono gli arabi, perché dovremmo farlo noi? Così tra preoccupazioni materiali e sonnambulismo morale, la popolazione europea si divide e le generazioni non si parlano. Il doppio standard regna sovrano: i governi reagiscono all’attacco in Ucraina ma non a quello di Gaza. Tale pratica è in buona parte responsabile della crisi europea e di quella francese: troppe guerre “umanitarie” fatte per «esportare la democrazia»; troppe lezioni e regole imposte al resto del mondo ma non seguite a casa propria; troppa falsa propaganda (di cui oggi si accusano paradossalmente i russi); troppe menzogne all’opinione pubblica (le armi di distruzione di massa di Saddam; le intenzioni stragiste di Gheddafi e così via). Infine troppa difesa degli interessi materiali, delle banche, della grande finanza o del business. L’immagine della decadenza dei leader europei è quella di Tony Blair: l’altro ieri giovane brillante pacificatore dell’Irlanda (e speranza della terza via); ieri mentitore (“blaiar”) guerrafondaio in Iraq; oggi avido imprenditore che desidera ricostruire Gaza rischiando di rendersi complice del grande massacro. Al fine di salvare la propria democrazia e i propri valori, l’Europa deve dimettere il doppio standard per ritrovare credibilità e spirito di equità: altrimenti sarà sommersa dagli autoritarismi interessati solo al denaro.