L’antidiplomazia di questi tre anni rischia di farci fare lo stesso errore dell’antipolitica. Il risultato della cacofonia tra occidentalisti, trumpiani e putiniani d’Europa è che le superpotenze fiutano di non doversi preoccupare degli europei, presi da una loro tipica fase autodistruttiva. Per uscirne serve raffreddare e negoziare per rendersi utili, se non indispensabili
Come stanno reagendo gli europei dopo la lite Trump-Zelensky? Gli occidentalisti radicali sono allibiti: come giustificarsi davanti agli ucraini che loro stessi hanno spinto a proseguire la guerra fino a oggi? C’è chi si trincera ancora dietro il «è la Russia a volere la guerra», dimenticando che anche l’Europa ha voluto proseguirla senza mai utilizzare la diplomazia.
Nessun governo Ue (e nemmeno Joe Biden) è andato a Mosca per verificare (a parte l’interessato Viktor Orbán). Ma la cosa più grave che costoro cercano di celare è di aver promosso fino a ieri la “vittoria” contro la Russia, assicurando che sarebbe venuta presto, insistendo su ciò che non potevano mantenere (missili terminati, sanzioni efficaci, eccetera). È stata una vertigine di propaganda che, come tutte le propagande, era menzognera.
Poi ci sono i trumpiani che ora esultano: «L’avevamo detto». Legati al solo interesse di parte, non sono in grado di distinguere l’aggressore dall’aggredito e si preparano a un futuro incerto. Le grandi potenze certo non saranno riconoscenti verso i servi sciocchi: non ne hanno bisogno.
Infine ci sono i simpatizzanti della Russia che non riconoscono le manipolazioni della storia che stanno dietro l’aggressione del Cremlino e confondono passato e presente, giustificando ogni violazione della convivenza internazionale. Pensano anche di andare presto a Mosca, dove nessuno li vuole.
stare accanto all’ucraina
Il risultato di tale cacofonia è che le superpotenze fiutano di non doversi preoccupare degli europei, presi da una loro tipica fase autodistruttiva o sindrome da suicidio. Per uscirne occorre raffreddare e non dare retta alle emozioni. Ognuno ha le sue, le sente verissime e autentiche, ma deve sforzarsi di non ascoltarle per passare a un ragionamento freddo e scaltro, al limite del calcolatore.
Che fare nel breve periodo? Oggi si tratta di stare accanto all’Ucraina come possiamo, proteggerla al meglio facendo uno sforzo in più perché i russi non ne approfittino, soprattutto in termini di difesa anti-missile e anti-droni. Inutile perdersi in ragionamenti sull’autonomia strategica: per questo ci vuole molto più tempo. Andrà negoziato dentro la Nato a tempo debito.
A tal riguardo va ricordato che furono gli europei a chiedere la presenza militare americana in Europa: all’epoca nessuno voleva il riarmo della Germania.
ridefinire le relazioni con mosca
In secondo luogo c’è la questione russa. Orbán ora propone di negoziare con i russi: non c’è da fidarsi, ma una ridefinizione delle relazioni con la Russia è necessaria.
Sarebbe astuto prenderlo in parola anche perché i russi non potrebbero dire facilmente di no. Si tratterebbe di una via di uscita per Trump dal cul de sac in cui si è infilato. Se l’Europa si mette a trattare con Mosca (certo non con Orbán da solo), diventa una garanzia in più per Kiev.
Bisogna uscire dall’equivoco che negoziare significhi trovare subito un accordo facile (o peggio arrendersi, come la propaganda bellicista nostrana ha detto finora): ogni negoziato ha una sua logica e una dinamica propria, può essere lungo e in varie fasi.
Mentre si rimettono d’accordo con i russi in bilaterale, agli americani serve ora – paradossalmente - un’Europa più responsabile. Prendere in mano il negoziato (una parte o tutto, dipende) sarebbe per l’Ue un segnale di forza e permetterebbe di mettere sul tavolo tutte le legittime preoccupazioni, incluse quelle di un attacco futuro ai Baltici.
Se il Cremlino si rifiuta assolutamente, si svela una volta di più al mondo per quello che è. Attenzione: la narrazione russa sul fatto di essere lei in qualche modo vittima di questo conflitto è molto più diffusa nel mondo di quello che crediamo noi euro-occidentali. Negoziare significa tornare alla politica. Anche qui c’è da stare attenti: non si creda che i russi preferiscano sparare che trattare. Sono in realtà super-esperti di politica internazionale e di geopolitica e veri maestri in diplomazia: sarà difficilissimo e occorrerà essere molto bravi.
Purtroppo in questi tre anni in Occidente si è svalorizzata e disprezzata la diplomazia, gridando che serviva solo la forza e che dialogare era una resa. Grave errore: l’antidiplomazia rischia di farci fare lo stesso sbaglio che già ci hanno fatto fare anni di antipolitica, col risultato delle sfebbrate populiste.
dare valore alla diplomazia
Terzo: smettere di dialogare con Washington in ordine sparso e in pubblico. È il sistema Trump: quello della tv dove dà il meglio di sé. Anche qui la parola d’ordine deve essere: raffreddare, usare la diplomazia e parlare un solo linguaggio. Il modello di riferimento potrebbe essere Barnier con i britannici per la Brexit. Se i leader non si sentono sicuri possono sempre smentire i diplomatici; se lo fanno direttamente (e magari in diretta) cadono in trappola.
Con gli Usa di Trump non deve essere un rapporto risentito, scandalizzato o rancoroso. Al di là dei toni, gli americani fanno sempre i loro interessi. Dobbiamo convincerli che i loro interessi e i nostri possono ancora coincidere, almeno in larga parte. Per il resto resteremo diversi.
© Riproduzione riservata