Il paradosso della previdenza: case di riposo vuote e lavoratori lasciati a casa

L’immagine dal drone è quella di una grande struttura tra le colline. La musica è briosa, la telecamera fluttua accompagnando l’occhio tra balconi, stanze, passeggiate, fisioterapia, ginnastica. È la casa albergo di Monte Porzio Catone nello spot dell’Inps su YouTube, «su una collina immersa nel verde del Parco dei Castelli Romani, a pochi minuti dal centro di Frascati». Una casa dove passare la terza età per ex dipendenti pubblici o genitori di chi lavora nella pubblica amministrazione. Con rette assai più basse delle tante strutture private anche nei dintorni. Ma che, da anni, è mezza vuota, mentre chi ci lavora rischia di perdere il posto. Sanità pubblica, nel 2024 quasi 4 milioni di persone hanno rimandato o rinunciato a curarsi Il futuro anziano Nel 2050 in Italia un abitante ogni 3 avrà più di 65 anni e l’età media salirà a 51 (oggi è di 46,6). Una famiglia su 4, tra 25 anni, sarà formata da una sola persona. Il futuro, insomma, è fatto di case albergo, case di riposo, cohousing. E non è affatto lontano. L’Inps, principale ente previdenziale pubblico, possiede alcuni complessi immobiliari per «prestazioni socio-assistenziali dedicate a specifiche categorie di beneficiari»: case albergo per anziani, una casa di riposo, convitti e case vacanze. La proprietà è dei fondi di welfare gestiti dall’istituto, e gli immobili sono stati acquistati o donati. Le case albergo per anziani sono due, a Pescara e a Monte Porzio Catone, e ospitano, spiega l’Inps a Domani, «i pensionati della Gestione dipendenti pubblici, loro coniugi conviventi, genitori degli iscritti e dei pensionati purché iscritti ad altre gestioni Inps o assistiti da altri enti o amministrazioni pubbliche». Pescara ha 100 posti: attualmente ci sono 74 persone, e ci lavorano 7 infermieri, 15 operatori socio-sanitari e 2 assistenti sociali, oltre al personale di reception, ristorazione e pulizie. L’ultimo bando, aperto il 15 luglio e chiuso il 14 agosto, ha messo a concorso 18 posti (14 stanze singole e 2 matrimoniali). Fine vita, il governo esclude il Servizio sanitario. Coscioni: «Accessibile solo ai ricchi» Monte Porzio Catone ha una capienza di 80: ma al momento di ospiti, complice anche l’estate, ce ne sono meno di 40, e l’ultimo bando, scaduto sempre alla vigilia di Ferragosto, mette a concorso 22 posti (18 singole e 2 doppie). Entrambe le case da anni non raggiungono l’occupazione completa. E poi c’è la Casa di riposo Bettolo per la Gente di mare di Camogli, in Liguria: un grande edificio a picco sul mare, esiste da quasi un secolo. Ci vivono cinque marittimi in pensione. Cinque. Con «costi di gestione enormi: da tempo molti si chiedono se non esistono modalità più economiche per ospitare i marittimi». È una casa di riposo «a cui possono accedere soltanto ex marinai, caratteristica poco attrattiva», spiegano dall’Inps. L’istituto afferma di avere in preparazione un progetto per estenderne la fruibilità e ammodernarla. Marianna lavora a Monte Porzio Catone da 26 anni. Ha cominciato nel 1999 come assistente domiciliare, ora è una oss, operatrice socio-sanitaria. «Al momento, complice anche l’estate, siamo scesi al di sotto della soglia dei 40 ospiti: per questo motivo ci hanno diminuito le ore di lavoro», dice. Nella struttura ci sono oggi 12 oss (di cui due con contratto di 12 ore), 5 infermieri, 1 assistente sociale e il personale di reception, ristorazione e pulizie. La cooperativa che gestisce il servizio socio-sanitario da luglio «ha messo in ferie forzate, a rotazione, le operatrici, in attesa che aumenti il numero degli utenti, paventando tagli al personale» se quel numero dovesse ancora diminuire, dice la Cub Sanità. Da anni «il numero degli e delle ospiti diminuisce». Eppure i servizi hanno «un costo irrisorio, se paragonato alle rette delle case di riposo della zona, tutte pienissime», tuonano dal sindacato. La retta dipende dall’Isee e «varia da un minimo di 550 euro a un massimo di 1.000 in camera singola e da un minimo di 1.000 euro a un massimo di 1.800 euro per i coniugi in camera doppia», dicono dall’Inps. «Qui ai Castelli ci sono molte strutture private dove si paga fior di quattrini, almeno il doppio, con un terzo dei servizi», racconta Giovanna. Assunta 25 anni fa, oggi lavora al centralino della casa albergo. «Chiamate per informazioni? Poche», dice. Quasi tutti gli ospiti della struttura raccontano di essere venuti a conoscenza della casa albergo grazie al passaparola. «Le persone di una certa età non smanettano su internet», dice Marianna. Penuria di ospiti «È una struttura che ha costi di gestione importanti, non si può pensare di portarla avanti col passaparola», dice Giovanna. Nel 2017 l’Inps scriveva, in un riscontro a segnalazione di Cub Sanità, che stava predisponendo «strumenti di comunicazione (volantino e locandina) diretti a incentivare la presentazione delle domande, con l’obiettivo di saturare tutti i posti disponibili». Ma nel 2019 ci sono stati in media 59 ospiti, 53 nel 2020 e 47 l’anno successivo. «Chi va in pensione deve poi rinnovare l’iscrizione al fondo, altrimenti perde il diritto all’accesso», spiega Moira Aloisio della Cub Sanità Lazio. «I pensionati pubblici non sanno di aver diritto a questi servizi e non rinnovano l’iscrizione. Mia madre, ex dipendente pubblica, non ha mai avuto alcuna informazione sul fondo, benché lo abbia pagato tramite la trattenuta per tutta la vita lavorativa». L’ospitalità è infatti finanziata dalle rette, e i costi di gestione non coperti «dal prelievo obbligatorio sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici in servizio – 0,35 per cento – e dalla trattenuta dello 0,15 per cento ai pensionati pubblici che volontariamente aderiscono al Fondo», insiste l’Inps. In media, spiega l’istituto, dalla vittoria del bando all’inserimento in struttura ci vogliono un paio di mesi per adempimenti burocratici e medici. «I pochi che fanno domanda vengono inseriti con tempistiche molto lunghe, e a volte, nel frattempo, sono costretti a trovare una sistemazione alternativa», concludono dal sindacato. «E l’età media degli ospiti è molto alta: se non si forma una graduatoria che possa garantire un turnover, i rischi occupazionali saranno sempre dietro l’angolo».