Ci sono pezzi dello stato delegati ai controlli sulla sicurezza nei trasporti che negli ultimi anni sono diventati sempre più anemici. La tendenza riguarda tutti gli ambiti, dalle ferrovie alle autostrade, le metropolitane e poi scendendo per i rami le seggiovie, le funivie, gli ascensori, le scale mobili, i tapis roulant.
L'Ustif, l'ufficio speciale dei trasporti per gli impianti fissi, in particolare seggiovie e funivie, scale mobili etc. oggi diventato purtroppo famoso per la tragedia del Mottarone, è uno degli esempi di questa tendenza. Ed è parente stretto di altre organizzazioni statali dei trasporti che fanno molta fatica a funzionare a dovere, a cominciare da Ansfisa (ferrovie e autostrade) per arrivare alla Motorizzazione civile. La politica, i governi, il Parlamento hanno avviato anni fa la ritirata pubblica dall'ambito dei controlli sulla sicurezza e l'arretramento sta proseguendo con modalità e gradualità diverse a favore di una sorta di privatizzazione di fatto.

Partendo dal presupposto che gli uffici ministeriali non sono in grado di svolgere fino in fondo le loro funzioni di controllo anche per effetto di un incompiuto ricambio generazionale, è stato deciso di delegare queste stesse funzioni a una struttura partecipata dallo stato, ma a maggioranza privata, Accredia, collocata al vertice della piramide del nuovo sistema. I soci di Accredia sono una sessantina, tra essi vari ministeri: oltre ai Trasporti lo Sviluppo economico, Difesa, Salute, Transizione ecologica. Poi Cnr, Enea, Inail, Unioncamere e Ispra come soci promotori, le organizzazioni del lavoro, Cei e Uni come enti di normazione.

Infine i soci privati. Accredia ha di fatto sostituito la vecchia organizzazione statale della sicurezza e certificazione dei prodotti e ha ricevuto dallo stato il potere di accreditare i vari laboratori privati a livello locale i quali svolgono materialmente il compito delle verifiche sugli impianti e sui prodotti per il rilascio a pagamento dei certificati di idoneità.

Parente povero

Gli Ustif dipendono dalla quarta divisione del ministero oggi guidato da Enrico Giovannini e operano all'interno di questa impostazione generale ricorrendo inoltre a ispezioni in proprio come è successo all'impianto del Mottarone dove l'ultimo sopralluogo di verifica è stato effettuato a metà agosto di un anno fa secondo quanto ha dichiarato alla stampa il responsabile della sicurezza in Piemonte. Gli Ustif esistono da 35 anni, ma qualche tempo fa furono sul punto di cambiare natura.

Sull'onda dell'emozione e dello sdegno per i 43 morti del ponte di Genova, alla fine del 2018 fu istituita Ansfisa, l'agenzia nazionale per la sicurezza dei trasporti, e anche gli Ustif che sono organizzati a livello di macroregioni avrebbero dovuto farne parte. L'idea niente affatto peregrina era quella di costituire un'unica centrale pubblica di riferimento per i temi della sicurezza dei trasporti. Ma poi ci ripensarono e decisero che gli Ustif sarebbero dovuti rimanere fuori, forse per salvare qualche poltrona, forse per fare qualche favore.

L'ufficio speciale per gli impianti fissi rimase nella sede di Pietralata, incardinato in una direzione generale, sempre più vissuto come il parente povero all'interno di una struttura ministeriale che ha concentrato l'attenzione soprattutto sul trasporto pubblico locale, il Tpl, che in Italia è una realtà economica capillare e un business gigantesco.

Più di recente Fabio Croccolo, il direttore di Ansfisa licenziato dal ministro alcune settimane fa, era tornato alla carica per l'incorporazione di Ustif con un argomento che sarebbe dovuto essere convincente: dal momento che Ansfisa si dovrebbe occupare di metropolitane e poiché Ustif si occupa anche di scale mobili e tapis roulant, Croccolo avrebbe voluto che la catena dei controlli di sicurezza riguardasse senza spezzature tutti gli aspetti di quel tipo di trasporto. Anche in questo caso la proposta è caduta nel vuoto.

Direttori licenziati

Del resto l'eventuale ingresso di Ustif in Ansfisa probabilmente non avrebbe assicurato futuro migliore agli uffici che si occupano degli impianti fissi di trasporto perché la stessa Ansfisa è costretta a procedere a scartamento ridotto e non è mai riuscita neanche a prendere forma. Un solo dato: l'organico fissato per legge prevede l'assunzione di 569 tra ingegneri, tecnici di varia estrazione, impiegati. Al momento gli assunti sono appena 42, sconcertati da quanto sta succedendo sopra le loro teste.

Nel giro di due anni e mezzo si sono avvicendati tre direttori. L'ultimo, Croccolo, è stato messo alla porta in malo modo dal ministro che non ha mai spiegato i motivi di una decisione così inattesa e drastica. Il direttore precedente, Alfredo Mortellaro, che è stato anche il primo capo di Ansfisa, dopo nemmeno un anno aveva gettato la spugna di fronte alla constatazione che di fatto dal ministero allora diretto da Paola De Micheli (Pd) stavano facendo muro di gomma per ritardare l'avvio dell'agenzia.

Anche l'ultimo cambio al vertice deciso qualche giorno fa dal ministro Giovannini dimostra quanto il percorso dell'agenzia per la sicurezza resti nebuloso. Come direttore il ministro ha scelto un generale dei vigili del fuoco, Domenico De Bartolomeo, ferratissimo probabilmente nel suo settore, ma quasi del tutto a digiuno delle questioni che riguardano la sicurezza delle ferrovie e delle autostrade e per di più a un passo dalla pensione. Ci vorranno mesi perché possa impadronirsi di una materia così complessa ed estesa e c'è il rischio che una volta completato il tirocinio debba lasciare a qualche altro il suo ufficio.

© Riproduzione riservata