Non c’è pace per il Movimento 5 Stelle. Oltre alla tregua armata tra «ribelli» anti Mes e governisti, ieri è arrivata un’altra notizia che indebolisce ulteriormente la già fragile struttura del partito che dovrebbe contribuire a traghettare la maggioranza fino al 2023. Quattro europarlamentari, Ignazio Corrao, Rosa D’Amato, Eleonora Evi e Piernicola Pedicini, hanno deciso di separare il proprio destino dal resto dei colleghi grillini eletti a Bruxelles e di iscriversi al gruppo dei Verdi. All’Europarlamento il M5s non ha una collocazione stabile e da tempo si trova in un limbo che, almeno fino a ieri, ha condannato i grillini ad avere ben poca voce in capitolo sulle decisioni europee (unica eccezione il voto per l’elezione di Ursula von der Leyen a presidente della Commissione).

I quattro sono tutti vicini ad Alessandro Di Battista, ma il loro addio ha stupito due volte: la prima perché i Verdi avevano spiegato di non voler entrare nelle beghe grilline e invece adesso accolgono i fuoriusciti; la seconda è che sui temi economici i quattro sono più vicini alle posizioni sovraniste ed euroscettiche che al federalismo dei Verdi.

In ogni caso la scelta non è stata contrastata dall’ala filogovernista dei pentastellati più vicina a Vito Crimi e Luigi Di Maio: il gruppo europeo del M5s si libera in questo modo definitivamente delle voci scomode che a più riprese avevano creato tensioni interne. E comunque da tempo il M5s porta avanti il dialogo con altre realtà più saldamente inserite nel panorama politico europeo. Non sono mancate, ad esempio, interlocuzioni con il gruppo macroniano Renew Europe (anche se pesa l’episodio in cui i vertici del Movimento hanno solidarizzato coi gilet gialli), o addirittura con il gruppo dei Socialisti e democratici.

Segnale per chi?

Insomma Fabio Massimo Castaldo, vicepresidente del parlamento europeo e punto di riferimento dei governisti pentastellati, non farà certo pazzie per recuperare i quattro parlamentari: in serata sul suo profilo Facebook ha parlato di «giorno molto triste per me perché parliamo di compagni di viaggio che ci lasciano» ma ha aggiunto che «in questi mesi ho visto l’assenza della volontà di confronto e di rispetto delle regole interne». Nel corso della giornata si erano già levate altre voci che chiedevano le dimissioni dei quattro dall’Europarlamento.

Non esattamente una serenata per far tornare i quattro esuli, sconfessati anche dal loro punto di riferimento Di Battista, che ha scritto commentando il post di Corrao: «Sei una persona per bene e sei un amico e per me l’amicizia così come la riconoscenza è un grande valore. È stato un onore aver fatto battaglie e migliaia di chilometri insieme a te. Questa vostra scelta mi dispiace e come ti ho detto tante volte per me è un errore. A ogni modo è la tua vita. In bocca al lupo».

Quindi, più di un gesto di ribellione nei confronti della leadership la scelta si può leggere come una perdita di fiducia definitiva nei confronti di Di Battista, considerato ormai un cavallo perdente anche dai suoi stessi sostenitori, perlomeno quelli nell’Europarlamento. Intanto i gruppi del M5s al parlamento italiano restano concentrati sulla vicenda della lettera contro la riforma del Mes intorno a cui si sta consumando una guerra di logoramento, un togli e metti tra governisti coordinati da Crimi, che cercano di recuperare parlamentari costringendoli a ritirare la firma dal documento, e critici che lavorano per ampliare il progetto coinvolgendo nuovi colleghi.

I «ribelli» di Montecitorio e palazzo Madama guardano agli eventi di Bruxelles come a un antipasto di quel che potrebbe succedere stasera durante l’assemblea plenaria di tutti i parlamentari grillini. Si sentono sempre più circondati e sono convinti di trovarsi anche loro sulla soglia dell’uscio, come le truppe dibattistiane di Bruxelles. «Non siamo noi a cercare la crisi per andarcene e creare qualcosa di nuovo fuori dal Movimento, ma loro che certo non si strappano i capelli se si consuma davvero lo strappo», dice uno dei deputati firmatari della lettera, che vede la maggioranza già pronta a sostituire i voti a Cinque stelle mancanti con quelli azzurri.

Forza Italia, però, almeno sulla carta a detto che voterà No. E così si cerca di trovare una soluzione che permetta alla maggioranza di portare a casa il Sì alla riforma del Mes nonostante le defezioni del Movimento e l’ostilità di FI. Nel governo contano sul fatto che gli irriducibili anti Mes del M5s siano pochi rispetto al numero complessivo di firmatari della lettera. E pazienza se decideranno di tenere il punto fino alla fine. Recuperare però una solidità dei gruppi grillini è essenziale per la maggioranza, che si è ritrovata ieri a fare i conti anche col naufragio del tavolo sulle riforme, bloccato dai veti incrociati dei partiti. Ora il dossier torna sulla scrivania del presidente del Consiglio, che si spera possa risolvere i problemi puramente politici.

L’apertura

Intanto M5s e Pd lavorano a trovare un accordo su una risoluzione di maggioranza che possa accontentare tutti: i lavori ieri si sono fermati a causa degli impegni parlamentari legati al decreto Sicurezza. Ma nella giornata di oggi dovrà esserci un nuovo incontro per permettere ai negoziatori Cinque stelle di mettere sul tavolo qualcosa durante l’assemblea serale. Quel che filtra dagli ambienti della trattativa è che la contropartita a un via libera sulla riforma del Mes potrebbe essere la richiesta all’Europa di certezze solide sul Recovery Fund, a prescindere dal veto di Polonia e Ungheria. In più, nel testo non potrà mancare un indirizzo vincolante che costringa il presidente del Consiglio a ribadire in Europa la necessità di lavorare sul Fondo salva stati in ottica di pacchetto. Almeno a parole.

 

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